Reggio Calabria, venerdi 21 aprile 2017, alle ore 17,30 presso il Museo Nazionale archeologico , nell’ambito delle manifestazioni MaRC, si è svolto un interessante Convegno dal tema: “IBICO da Rhegion a Korinthos nel VI° sec. a.C.”
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Organizzato dal Museo Nazionale Archeologico di Reggio Calabria, dal Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina e dal CIS Centro Internazionale Scrittori della Calabria. I saluti al Convegno sono stati portati dal Direttore del Museo archeologico Dr. Carmelo Malacrino
e dalla Dr.ssa Lorely Rosita Borruto, Presidente del Cis,
che ha introdotto i relatori : Prof. Domenico Labate Massmediologo , già docente a contratto di Sociologia e Tecnica dei Processi Comunicativi presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria;
Chiar.ma Prof.ssa Paola Radici Colace, Ordinario di Filologia Classica Università di Messina, Presidente Onorario del Cis della Calabria, Responsabile Sezione Teatro Antico e moderno e Componente del Comitato Scientifico.
Prima di addentrarci nelle relazioni magistrali che vedrete attraverso i filmati traggo da Treccani Enciclopedia Italiana di Nicola Terzaghi le seguenti notizie:
“IBICO (“Ιβυκος, Iby̆cus). – Poeta greco, nato a Reggio da un certo Fitio (Phytios), che pare essere stato uno dei legislatori di quella città, visse nella seconda metà del sec. VI a. C., e appartenne a famiglia aristocratica. Sembra, anzi, che in un certo momento gli fosse perfino offerta la possibilità di dominare in Reggio, e che rifiutasse tale onore. Non sappiamo nulla della sua gioventù, quantunque si possa dire che egli si formò alla scuola lirica di Stesicoro, anche se non ne fu diretto discepolo. Pare che viaggiasse molto. Certo fu a Samo, dove si trattenne a lungo alla corte del tiranno Policrate, ciò che spiega qualche allusione a fatti e persone d’Oriente inseriti nei suoi frammenti, e permette d’interpretare con esattezza un suo carme scoperto recentemente, nel quale, dopo aver rifiutato di cantare le gesta degli eroi, celebra i giovani più belli concludendo con l’elogio della bellezza di Policrate.
Una leggenda, che non par molto antica, lo fa morire di morte violenta per mano di ladroni, che lo avrebbero assalito a Corinto o a Reggio. Egli avrebbe invocato la vendetta di uno stormo di gru che passavano nel cielo al momento dell’attentato. Uno dei briganti, rivedendo le gru poco dopo, mentre stava al teatro avrebbe esclamato in tono di scherno: “ecco le gru di Ibico”. Arrestato e costretto a confessare, fu condannato a morte con i complici.
Gli antichi conoscevano sette libri di poesie di Ibico, ma, dati gli scarsi frammenti pervenutici, ignoriamo come e perché fossero distribuite in tal modo. Possiamo tuttavia dire che esse erano sostanzialmente di due specie: carmi lirici di contenuto eroico, sulla traccia già segnata da Stesicoro, e poesie di amore, soprattutto di lode di bellezze maschili. In queste si manifesta più vivo e forte il calore del poeta, il suo entusiasmo e spesso la sua passione, che appare anche come il suo tormento, e si rileva in ardore di espressione, che si rispecchia nella varietà e nella concitazione dei metri soprattutto di ritmo dattilico, e nella ricchezza del linguaggio fiorito. I frammenti sono raccolti nell’Anthologia lyrica del Diehl, v, p. 48 segg., a cui si deve aggiungere Pap. Oxyrh., XVII, 2081”.
In merito al Kouros di RC il Prof. Franco Mosino diceva: “questa immagine misteriosa ed arcaica in antico aveva due funzioni: il culto o il sepolcro. Riteniamo che sia impossibile attribuirla a un santuario o a un tempio dell’area urbana, dove una statua votiva o religiosa di giovinetto o di bimbo (un pais) possa immaginarsi come dedicata a una divinità. Invece la proposta di destinazione sepolcrale come “sema” ci appare molto convincente. E ci viene agevole istituire un rapporto persuasivo tra il Kouros o pais con il sepolcro del poeta Ibico di Reggio”. Franco Mosino cita anche le Tuscolane (IV,71) di Cicerone, l’Antologia Palatina (IX, 184), per sottolineare la predilezione verso l’amore paidico nel poeta reggino. Per Mosino, Ibico fu uno dei più noti poeti paidici dell’antichità e “pertanto nel sepolcro del poeta fu collocato il Kouros ora rinvenuto. Non sorprende neppure la presenza della statua di un cinedo dai capelli di fiamma nella colonia calcidese di Reggio”. La direzione del Museo Nazionale, per Mosino, dovrebbe prendere in considerazione la sua proposta e apporla accanto alla tesi sostenuta dagli archeologi. Si legge, infatti, attualmente: “E’ stata proposta l’identificazione del Kouros con il giovane atleta. Le circostanze di rinvenimento della statua non permettono di inserirla in degli spazi sacrali del centro coloniale del Reghion. Realizzato in marmo proveniente dall’isola di Paros, il cosiddetto Kouros è una statua in marmo conservata per un’altezza di 90,5 cm, raffigurante un giovinetto in dimensioni minori del veroŠ.Il Kouros di Reggio è stato realizzato tra la fine del VI secolo e l’inizio del V sec., è probabile che a seguito della presenza di artisti provenienti dalla Grecia a Reggio si fossero formulate maestranze locali in grado di lavorare il marmo, e proprio ad un artista operante in loco va forse ascritta la realizzazione del Kouros”. Vari sono stati gli interventi, quello del Prof. Arillotta dell’Ass. Amici del Museo, Del Dr. Carmelo Giuseppe Nucera Presidente Circolo Culturale “Apodiafazzi”, dell’avv. Verderame etc.
Ecco di seguito la Galleria fotografica e i filmati della serata gradevole e piacevole intrisa di una profonda cultura.
Reggio Calabria, li 21 aprile 2017
daniele dattola