Il Sito di Daniele Dattola

Melito CIF in ricordo del giorno della Memoria: “Quando il Male ci Interroga…”

Melito di Porto Salvo, Domenica 29 gennaio 2017, alle ore 17.00, presso la Sala Convegni dell’ex Mercato Coperto, in ricordo del giorno della memoria, il CIF Centro Italiano Femminile Comunale di Melito P.S. ha organizzato un Convegno dal tema: “ Quando il Male ci interroga…”

.

Cif Ripamonti002

I lavori sono stati introdotti dalla Presidente del CIF Dr.ssa Carrabotta Franca,

Cif Ripamonti004

la serata dopo una breve introduzione è stata moderata dal Dr. Tito Squillaci, pediatra, molto impegnato nel sociale, che di volta in volta, in una Sala gremita di persone,  ha introdotto i relatori,

Cif Ripamonti037

in ordine il primo è stato il Prof. Sac. Lucio Bellantoni, Teologo e Docente di Teologia Pastorale e di Antropologia Teologica che ha trattato l’argomento: “Male, sofferenza, dolore in chiave bibblica”

Cif Ripamonti039

è stata una relazione brillante, nella quale il sacerdote ha messo in evidenza che tutti gli uomini si chiedono qual è l’origine del male e della sofferenza ad essa legata? Perché viviamo in un mondo in cui il dolore ci assale e colpisce non di rado persone deboli e indifese? Se Dio è somma ed eterna bontà, perché non interviene? Lui ha detto che questa domanda trova risposta nel  terzo capitolo della Genesi e ci fa capire che è l’uomo che sceglie di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. Le scelte libere dell’uomo lo portano a conseguenze in bene o in male. Il comando di Dio ad Adamo è chiaro: “se ne mangi, muori”. E così accadde e accade ancora oggi. Nel momento in cui l’uomo si insuperbisce ed esce dall’obbedienza alla volontà di Dio, la morte entra nel suo cuore, nella sua anima, nel suo corpo e di riflesso nel mondo intero, oltre che nelle generazioni presenti e future. Da strumento di salvezza diventa strumento di distruzione. Non facendo la volontà di Dio Il serpente, Satana, bussa con violenza alle porte del nostro cuore e si serve di quanti si lasciano da lui ingannare per farci cadere in trappola. Il suo potere tuttavia non è illimitato. Il Signore vigila sulla nostra vita e non permette che siamo tentati oltre le nostre forze. Se la nostra volontà si allea con la grazia di Dio, ogni tentazione può essere vinta. La Shoah  ci insegna che il male tende a farsi struttura e diventa quanto mai potente in quanto a forza distruttiva a causa dell’alleanza che fanno tra loro  quanti decidono di emanciparsi da Dio. Hitler da solo avrebbe potuto uccidere qualche decina di Ebrei. Sostenuto da un sistema ideologico, militare e politico divenne causa di morte per 6 milioni di Ebrei. Tocca a noi spezzare la catena del male avendo il coraggio di dire “no” quando siamo invitati ad uscire dalla volontà di Dio e a diventare parte di una struttura di peccato in qualsiasi ambito ciò accada: sociale, economico, familiare, professionale e persino ecclesiale. Se vogliamo vincere il male, dobbiamo necessariamente divenire poveri in spirito cioè consegnare la nostra vita tutta intera al Padre celeste come ha fatto Gesù. Egli è il Figlio che “si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce” e perciò è divenuto causa di salvezza per il mondo intero. Seguendo il suo esempio anche ciascuno di noi dinanzi al dolore, che entra con prepotenza nella nostra vita, non dobbiamo cadere in crisi ma rifugiarci nel suo cuore e attingere in esso luce e forza per amare alla sua maniera e divenire anche noi capaci di generare vita e salvezza. La fede in Cristo  è la via unica e sola per vincere il male. Possiamo farcela se crederemo nel Crocifisso risorto e ci lasceremo ogni giorno modellare a sua immagine dallo Spirito Santo senza opporre resistenza. Sono anche intervenuti a portare i saluti della Presidente Dr.ssa Ferrara la Dirigente CIF di RC Dr.ssa Denise Insigne Campus

Cif Ripamonti057

e dopo anche il Sig. Sindaco di Melito di Porto Salvo Ing. Giuseppe Meduri.

Cif Ripamonti180

Il Dr. Tito Squillaci per ogni relazione ha trovato , com’è nel suo stile, sintesi e riflessioni eccellenti,

Cif Ripamonti200

annuncia, quindi, la seconda relazione svolta dalla Prof.ssa Germana Chemi , docente di Storia della Filosofia ISSR che ha trattato il tema: “Dietro la banalità del male. Riflessioni filosofiche sull’origine e il significato del male nel Novecento”.

Cif Ripamonti071

Da sempre il male ha interrogato il pensiero e diversi sono gli esempi, del modo in cui si è cercato di rispondere agli interrogativi che il male inevitabilmente suscita. Nel 900 accade qualcosa che cambia l’approccio a questa problematica: i massacri dei regimi totalitari. I campi di concentramento. L’emblematico Auschwitz. La riflessione presentata dalla dott.ssa Chemi è una riflessione famosissima in questo senso: è la riflessione di un’importante filosofa tedesca che si chiamava Hannah Arendt. Nel 1961 Arendt fu mandata dal The New Yorker a Gerusalemme per seguire il processo dello Stato d’Israele contro Adolf Heichmann: un funzionario nazista che organizzava il traffico ferroviario che trasportava gli ebrei ai campi di concentramento. Dal suo reportage nacque un famoso libro, intitolato “La banalità del male. Heichmann a Gerusalemme”. Il titolo dell’opera può sembrare incomprensibile o provocatorio; infatti, ci si potrebbe chiedere: come è possibile che un male di tale ampiezza sia definito “banale”?! E tuttavia non significa che il male commesso da Heichmann fosse considerato da Arendt “banale” nel senso di “ordinario”, “scontato” o “comune”, significa, in primo luogo, che esso non era “demoniaco”, ma “umano”. Arendt va a Gerusalemme pensando che avrebbe trovato di fronte a sé un personaggio mostruoso, e invece si trova davanti un individuo normale che rispondeva alle domande dei giudici circa il suo ruolo all’interno del regime nazista appellandosi al dovere che egli aveva di compiere in maniera efficiente il suo lavoro. Eichmann era una persona “normale” nel Terzo Reich. Un impiegato dello Stato che faceva il suo lavoro. Ma Hannah Arendt rivela il modo in cui quest’uomo si sottraeva alla propria responsabilità umana ed il processo le offre l’occasione di interrogarsi circa il funzionamento della capacità di giudizio dell’uomo. La lezione del processo, per Hannah Arendt, è che la mancanza di pensiero può provocare disgrazie maggiori di quanto possano fare gli istinti malvagi insiti nell’uomo. Nella superficialità abissale di Eichmann si manifestava, secondo Hannah Arendt, quello che lei espresse con la formula: “banalità del male”.  Le domande che si pone Arendt riguardano le possibilità che hanno gli individui di rimanere innocenti all’interno di un sistema totalitario; se è possibile per ciascuno fare e dire di no in situazioni estreme. Solo partendo dalla riflessione sulla “mancanza di pensiero” che ha portato a non opporsi a crimini così terribili è possibile evitare che si ripetano. Una cosa è “compatire” il dolore, provare un legittimo sentimento di “compassione” ripensando e commemorando quegli eventi, ma questo è assolutamente impotente per il futuro: significa imbalsamare nell’impotenza il ricordo di quelle atrocità; un’altra cosa è indagare la realtà oggettiva in maniera razionale, valutare gli eventi e ricercare le cause di questa catastrofe: questo – e solo questo – è in grado di renderci intellettualmente e moralmente più sicuri. Solo il pensare può evitarci di fare del male. A questo punto il Dr. Tito Squillaci introduce la terza relazione svolta dal prof. Enrico Tromba Archeologo, ebraista, docente ISSR che tratta l’argomento: “I Campi di Concentramento Italiani: il caso Ferramonti”.

Cif Ripamonti079

Una relazione molto tecnica che nasce dagli studi condotti dallo stesso prof. Tromba nell’intera documentazione inerente il Campo di concentramento di Ferramonti , unico esistente in Calabria, da dove è emerso che c’era una netta distinzione tra i campi tedeschi e quelli italiani  evidenzia, infatti,  in modo preciso e netto la differenza dei due popoli italiano e tedesco. Gli internati in Italia si potevano ritenere fortunati in quanto venivano trattati “umanamente” e intendo diversamente rispetto ai campi posti in altre parti d’Europa, infatti in Italia gli internati non venivano uccisi o torturati ma trattati da essere umani, questo emerge dalla documentazione esaminata e che qui vi presento nella galleria fotografica, cosi come ci ha fatto visionare il prof. Tromba e grazie a questi documenti che si capisce come venivano trattati gli internati. Questo argomento lo avevo già trattato in questo sito quando il 21.12.2011 durante una Conferenza sugli ebrei di Reggio Calabria e Bova Marina

https://www.dattola.com/conferenza-sul-tema-gli-ebrei-di-reggio-calabria-e-di-bova-marina/

a cui partecipò il Dr. Tito Squillaci, il prof. Mosino fece un inciso che riguardava la storia degli Ebrei in età moderna

DSCF2149_800x600_thumb

e disse: ”Ora vi faccio vedere un importante saggio pubblicato nel 2008 dalla Casa Editrice Mondadori di Milano, dal titolo “La Germania sapeva” ed. 2008, autori sono un Prof. americano Eric Jhonson e uno Tedesco Karl-Einz Reuband che insegna sociologia a Düsseldorf e che dopo 10 anni di collaborazione hanno scritto questo saggio dal titolo: “La Germania sapeva…) Cosa sapeva?… Quasi tutti sapevano dell’Olocausto, ora vi leggerò una pagina di meravigliosa “Lode” nei confronti dei calabresi che soccorsero e sfamarono gli Ebrei internati in Provincia di Cosenza a Ferramonti di Tarsia (Il più grande campo di concentramento per Ebrei e stranieri costruito in Italia, dopo le leggi razziali e dove vissero, tra il 1940 e il 1943, più di duemila persone che, nonostante la vita difficile del lager, vi trovarono “un paradiso inaspettato”, grazie all’aiuto e alla solidarietà ricevuti dalla gente del posto).

campoconcentramentoferramontidiTarsiadasitocomuneditarsia_thumb

                                                                          (foto cartolina dal sito Comune di Tarsia)

Continua  il Prof. Mosino…”ho qui la scheda di un Ebreo Polacco che racconta la sua esperienza, Erri Singer, scampato al genocidio”, che ha scritto: ”Io finì in Calabria nel 1940, in un campo di concentramento di recente costruzione, il campo era posto in una valle, il Capo italiano cercava di imitare i Tedeschi, nel campo non c’era niente, prima due baracche e dopo costruirono circa 90, lì passai 38 mesi, il campo si chiamava Bellamonti (Ferramonti), gli italiani ci trattavano in un modo molto umano, ho già detto e ribadisco che furono molto generosi, umani e ospitali, non fosse stato per loro non saremmo qui, devo rendergli merito, perfino la polizia segreta (italiana) fu molto umana. Non mi stancherò mai di ripeterlo, voglio fare un’osservazione, il Governo Tedesco era molto spietato e così anche il loro popolo. Il Governo italiano, si dovette adeguare alle decisioni di Hitler, ma la popolazione era molto buona, in Germania e Polonia erano molto cattivi, massacravano, ci sono atti documentali che prendevano i bambini di 3, 4 anni, da un piede e roteandoli li sbattevano contro i muri per farli morire, non lo facevano per ordine, ma per fare queste cose bisogna essere capaci di farlo, gli italiani non l’avrebbero mai fatto…” Continua il prof. Mosino: ”Questo è un grande “Elogio” per gli italiani e i Calabresi in particolare. Tutti, quindi, sapevano. Voglio concludere questo prologo dicendo che Noi Calabresi dobbiamo essere orgogliosi, e questo saggio lo dobbiamo fare conoscere al mondo attraverso le Associazioni Culturali. Questa pagina non dev’essere ignorata, Io voglio difendere la mia Patria dalle ingiurie, di violenza cattiveria che ci affibbiano, è importante perché la pagina è scritta da due stranieri non da un italiano che potrebbe essere interessato, C’è il caso di un Ufficiale Calabrese dell’esercito di Reggio Calabria che teneva i bambini ebrei in braccio, ( Il Marrari che ha citato il prof. Tromba?) nel 1994 ho pubblicato un saggio dedicandolo agli internati di questo lager”.

L’ultimo intervento è quello del Prof. Padre Gaetano Lombardo su  Edith Stein. Sacerdote appartenente all’Istituto di vita consacrata “Piccoli fratelli e sorelle dell’Immacolata”, professore di antropologia filosofica presso il seminario arcivescovile della diocesi di Reggio Calabria e di storia della filosofia medievale presso l’Istituto di Scienze Religiose di Reggio Calabria.

Cif Ripamonti153

Edith Stein (S. Teresa Bendetta della Croce) è una delle figure più luminose e affascinanti del secolo scorso. Filosofa ebrea, discepola del padre della fenomenologia contemporanea Edmund Husserl, nel 1921 si converte al cattolicesimo, e per circa dieci anni opera come insegnante, studiosa e conferenziera nel mondo culturale cattolico e non cattolico tedesco. Nel 1933 la sua decisione di diventare suora carmelitana e di entrare nel Carmelo di Colonia, dove rimarrà fino al 09 novembre 1938, quando si verifica la famosa “notte dei cristalli”, in seguito alla quale le sue superiore decidono di trasferirla in Olanda, presso il Carmelo di Echt per tentare di salvarla. Rimarrà ad Echt, insieme alla sorella Rosa, anch’ella convertita al cattolicesimo, fino al 02 agosto 1942, giorno in cui la Gestapo tedesca bussa alle porte del Carmelo di Echt e arresta Edith e la sorella Rosa. L’arresto delle due avviene in seguito ad una denuncia dei vescovi olandesi del regime nazista attraverso una lettera pastorale del 27 luglio 1942. I nazisti per ripicca e vendetta il 02 agosto del 1942, dopo un ordinanza del commissario del Reich per l’Olanda, compiono un rastrellamento di tutti gli ebrei cattolici presenti sul territorio, deportandoli nei diversi campi di sterminio. Edith Stein, insieme alla sorella Rosa, morirà il 09 agosto del 1942, all’età di 51 anni, dentro una camera a Gas, insieme a tanti altri ebrei deportati con lei. Nel testamento del 9 luglio del 1939, redatto alla fine degli esercizi spirituali, scrive: «Fin d’ora accetto con gioia e con assoluta dedizione la morte che Dio ha preparato per me. Prego il Signore che accetti la mia vita e la mia morte in onore e gloria sua: per tutte le intenzioni dei sacratissimi cuori di Gesù e di Maria e della Santa Chiesa, […] per la perseveranza, la santificazione e la perfezione del nostro santo Ordine […] in espiazione dell’incredulità del popolo giudeo e perché il Signore sia accettato dai suoi […], per la salvezza della Germania e per la pace del mondo». Il 02 agosto del 1942 viene arrestata dalla Gestapo, insieme alla sorella Rosa che nel frattempo l’aveva raggiunta. Al momento dell’arresto, strindendo energicamente la mano della sorella Rosa, Edith, che pur essendo convertitasi al cattolicesimo non ha mai rinnegato le sue origini ebriche, le dice: «Vieni; noi andiamo a morire per il nostro popolo». I testimoni raccontano che nel campo di concentramento di Auschwitz: «Sr. Teresa Benedetta attirava l’attenzione per la sua calma e il suo abbandono. Le urla e la confusione nel campo di concentramento erano indescrivibili. Sr. Teresa Benedetta andava qua e là tra le donne consolando, aiutando, e calmando come un angelo. Molte madri, vicine ormai alla follia, non si occupavano più dei loro bambini e guardavano davanti a sé con ottusa disperazione. Sr. Teresa Benedetta se li prese, li lavava, li pettinava, li nutriva e li curava». Il 09 agosto del 1942, dopo essere stata giudicata dalle SS. inabile al lavoro perché troppo grande (aveva 51 anni), viene chiusa assieme alla sorella Rosa e a tanti altri ebrei dentro una camera a Gas e uccisa brutalmente.  La chiesa cattolica ha canonizzato Edith Stein, S. Teresa Benendetta della croce nel 1998 con il titolo di martire e nel 1999, San Giovanni Paolo II l’ha proclamata compatrona d’Europa assieme a S. Caterina da Siena e S. Brigida si Svezia. Occorre dire e prendere atto che quanto organizzato dalla Dr.ssa Franca Carrabbotta

Cif Ripamonti232

è veramente un convegno di alto spessore per cui occorre dire che le nostre associazioni tutte svolgono un compito che danno lustro a Melito.

Guardate la galleria fotografica

Melito di Porto Salvo, li 29.01.2017

daniele dattola

Guardate il filmato

 

Share