In data 20.02.2008 è stato presentato nella Sala Consiliare del Comune di Melito P.S. un libro scritto dall’Architetto Salvatore Orlando, noto e stimato cittadino di Melito, dal titolo “GARIBALDI A MELITO – una pagina di storia nazionale-“
con la prefazione del Sindaco Giuseppe Iaria e l’introduzione dell’esimio prof. Pasquino Crupi.
Il libro è stato presentato dall’Assessore alla Cultura Dr.ssa Francesca Sinicropi, dal Sindaco del comune di Melito Giuseppe Iaria, dal Prof. Pasquino Crupi, dall’editore del libro “Città del sole Edizioni s.a.s.” Dr. Franco Arcidiaco.
Il libro si fa leggere in un fiato, è una mirabile ricostruzione storica sullo sbarco a Melito P.S. dell’eroe dei due mondi Garibaldi, il 19 agosto 1860, due anni dopo riapproda a Melito il 25 agosto 1862, vent’anni dopo, torna a Melito vecchio e malato.
Salvatore Orlando, ripercorre lo sbarco, sulla scorta di documenti ed atti, unici ed inediti, che fanno parte di una lunga sua ricerca, durata anni. Il libro si presenta veritiero e notevole, scritto con grande passione, con la passione di chi ama veramente la propria terra. Posso solo dirvi che questo volume non deve mancare, nelle case dei cittadini melitesi.
Voglio qui riportare, una sua bella pagina, dal titolo “RICORDI”, su gentile concessione dell’Autore, La pagina si fa leggere e credo che chi è coetaneo di Salvatore, e che ha vissuto quella giornata non può che provare le emozioni che ha provato Lui.
Riproduco in modo fedele quanto ha scritto ed inoltre aggiungerò alcune foto di quella indimenticabile giornata, la maggior parte delle quali mi sono state concesse da A. e S. Familiari che ringrazio, voglio in questo modo arricchire questa pagina storica, importante del Centenario dello sbarco Garibaldino a Rumbolo:
“Come ricordo quel giorno!
Una domenica di tanti anni fa.
Alle 8 del mattino si udì bussare alla porta di casa mia: era mio nonno che era venuto a prendermi, per portarmi ad assistere alla cerimonia per la celebrazione del centenario dello sbarco garibaldino a Rumbolo.
Una moltitudine di persone era già in cammino lungo quella strada sterrata che, dal Santuario della Madonna di Porto Salvo, portava fin quasi alla fiumara Tabacco.
(Nella foto vari personaggi di Melito da sin. Fedele Nucera, Ugo Pansera, Carmelo Dattola, Arc. Ferro, Tropea, G. Demetrio, Nino Mangeruca, Rocco Familiari)
Sviluppava il suo tracciato tra un doppio filare di agavi, fichi d’india ed alterne recinzioni composte da traverse di ferrovia e filo spinato.
Il caldo torrido dell’estate melitese faceva da cornice agli splendidi colori del cielo e del mare.
Era il 19 agosto 1960.
Un giorno diverso dagli altri che ha coinvolto ed entusiasmato non solo i melitesi, ma tante altre persone giunte dai paesi vicini.
Al mare si contrapponevano alberi di gelso maestosi ed una ricca e curata distesa di alberi di bergamotto, nell’insieme di un paesaggio ancora incontaminato.
L’arrivo di una corvetta militare, che gettò l’ancora a poche decine di metri dalla riva, ed il passaggio di un treno a vapore diedero, di lì a poco, l’inizio della manifestazione sulle note dell’inno di Mameli intonato dalla banda musicale di Bova.
(Nella foto l’arrivo della corvetta e la popolazione pronta per assistere alla cerimonia)
Un grande palco fasciato da garofani rossi e coperto da un telo, autorità civili e militari, bandiere, coccarde e festoni tricolori resero solenne un clima festaiolo. Ai lati vari ombrelloni ed il servizio ristoro curato dal bar Fedele.
La rappresentanza del governo era guidata dall’allora Ministro dei Lavori Pubblici Fiorentino Sullo, accompagnato dal Prefetto e dal Presidente dell’Amministrazione Provinciale, il melitese Ugo Tropea e da tanti politici calabresi. Ricordo i loro nomi per averli ascoltati dall’altoparlante: Foderaro, Cassini, Vincelli, Minasi, Mancini, Tripodi e tanti altri fra i quali il Sindaco di Reggio e altri dei paesi vicini.
(Sul palco il Sindaco A. Familiari inizia la commemorazione, sedute tutte le Autorità politiche)
Indaffarato com’era nel suo carattere, ed in mezzo ai politici, non poteva mancare la figura tonante del Vice-Sindaco di Melito di allora: Carmelo Dattola, detto “u Conti”, speaker ufficiale della manifestazione
(Nella foto Dr. Santino Dattola e Carmelo Dattola)
Sindaco di Melito era il Dr. Antonino Familiari che io conobbi qualche sera prima, quando l’unico canale televisivo nazionale mandò in onda una breve intervista sul luogo ove si compì lo sbarco di Garibaldi; lo scenario non poteva essere la riva del mare, fra le barche dei pescatori melitesi.
In quella circostanza conobbi il Sindaco del mio paese che conoscevo solo per nome, anzi per soprannome, perché tutti i melitesi lo chiamavano affettuosamente “baffuni”.
(Il Sindaco A. Familiari e moglie ricevono gli Ospiti)
(La nipote di G. Garibaldi Anita figlia di Menotti rende omaggio alla tomba dei Garibaldini)
(Anita Garibaldi ringrazia il Sindaco di Melito A. Familiari)
A questa ricorrenza mi ero preparato con grande interesse, quell’anno frequentavo la IV classe elementare, anchè perché in uno degli ultimi giorni di scuola fu organizzata una bella manifestazione scolastica alla presenza di tutti i maestri, del Direttore e dell’Ispettore venuto da Reggio.
Primeggiava fra tutti, come cerimoniere-organizzatore la longilinea figura del maestro Nino Aloi. Tutto si svolse in un’aula del 2° piano della scuola elementare, alla destra della scala, e per l’occasione ci fu regalato un libretto di racconti risorgimentali che custodisco ancora fra i miei libri.
Nella parete di fondo primeggiava un quadro ad olio raffigurante Garibaldi. Al centro era esposto un bozzetto di gesso, di grande dimensione, la cui architettura simboleggiava il monumento-faro, voluto dall’allora Podestà di Melito, Peppino Surfaro, progettato dall’architetto del regime fascista Marcello Piacentini e mai realizzato per mancanza di fondi.
Conservo gelosamente, sebbene molto danneggiato, questo cimelio avendolo salvato, tanti anni fa, dal macero.
Su di un piccolo tavolino erano appoggiate due palle di cannone borboniche di grosso calibro.
Dopo un breve trattazione di argomenti di carattere storico, legati all’epopea e allo sbarco dei Mille a Rumbolo, l’intera scolaresca fu portata al cinema Dattola, dove studenti melitesi delle superiori avevano preparato una drammatizzazione teatrale sul ferimento di Garibaldi in Aspromonte, impersonato da Mario Gori.
Proprio in quell’anno scolastico, col maestro bruno Nipote, i nostri saperi furono arricchiti da letture tratte dal libro Cuore e da un attento studio cartografico sul percorso che portò Garibaldi a Melito.
A Rumbolo intanto si era in attesa.
L’inizio della manifestazione fu commovente: al suono dell’inno di Mameli tutti incominciarono a cantare e battere le mani, nel momento in cui, d a una Fiat 1100 blu, scendeva un’anziana donna in camicia rossa salutata da un plotone di militari giunti dal vicino Distretto di Reggio.
Era Anita Garibaldi.
Ultra ottantenne, di carnagione olivastra, di bassa statura, ben tornita e con i capelli neri raccolti, la nipote di Garibaldi, giunta sul palco salutò con le braccia alzate ed un’ovazione si levò dalla folla.
Brevi ma significativi furono i discorsi pronunciati dalle autorità politiche e militari.. Anche Anita Garibaldi disse parole di rigraziamento per l’accoglienza avuta e manifestò la sua grande commozione al pensiero di trovarsi sul luogo dove, cent’anni prima, sbarcò suo nonno e da dove ripartì per compiere l’Unità d’Italia.
A questo punto vi fu una più grande e lunga ovazione.
(Anita Garibaldi) (Busto di G. Garibaldi a Gambarie)
Subito dopo venne scoperta e benedetta la Stele dal parroco Don Giuseppe Calarco, alla cui base di essa una pietra tombale tuttora custodisce i resti mortali dei tre garibaldini morti il pomeriggio del 19 agosto 1860, a causa del bombardamento delle navi da guerra Aquila e Fulminante.
Non molto tempo fa ho saputo che il Comitato Provinciale per le celebrazioni delle giornate garibaldine del 1960, aveva approvato il progetto che fu redatto dall’architetto Luigi Brusa, con la collaborazione del pittore Virgilio Guzzi e dello scultore Alessandro Monteleone.
Alla fine della manifestazione, testardamente, volli arrivare, tenuto per mano da mio nonno, fino alla scaletta del parco per vedere da vicino Anita Garibaldi: a fatica ci riuscimmo e fu la persona che, quel giorno mi affascinò di più.
Osservandola con molta attenzione l’ammirai come una semplice divinità.
L’emozione fu forte e indescrivibile, ma la cosa che ricordo di più fu l’accelerazione dei battiti del cuore quando, passandomi accanto, riuscii a toccarle la camicia di seta rossa che portava addosso. Il ricordo di quel giorno è rimasto scolpito nella mia memoria.
Fui affascinato anche dall’aver saputo, anzitempo, che a pochi metri dalla riva era ancora visibile la nave Torino. Non persi l’occasione, qualche anno dopo, d’estate, di andare innumerevoli volte in bicicletta, con maschera e pinne, in compagnia di un mio amico d’infanzia, Masino Surfaro, ad osservare e toccare il relitto della nave –trovandosi a non più di due –tre metri di profondità – ancora maestoso e piegato sul fianco destro con la prua rivolta ad oriente. Etc.
Melito P.S., li 21.02.2008
a cura di daniele dattola
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