Bova (Vuà)
Visito questo splendido borgo, capitale della Bovesia e dell’Area Calabro-greca, uno dei paesi interni più belli e importanti della costa Ionica-meridionale, Bova (Vùa).
Cari amici, dopo secoli di silenzio, grazie al lavoro di padre Rinaldo Iacopino, emergono dalla polvere 2 codici della Chiesa greca di Bova. Saranno presentati il 17 settembre, sabato mattina. Allego il programma, spero possiate partecipare.
State kala’ Tito Squillaci
Bova Marina, 1.9.2016, è Stata creata a Bova un’Associazione “Bova Life”, no profit che ha come obiettivi principali la valorizzazione, la conservazione e la promozione di Bova e del suo territorio in Italia e nel mondo.
Chi ha (trova) un’amico ha (trova) un tesoro. Gli amici si devono accettare così come sono, con i pregi e qualche volta con i difetti ( se ne hanno), quando si vedono i difetti degli altri in genere non si notano i propri.
Nel lontano Luglio 2011 Carmelo Giuseppe Nucera, Presidente del Circolo Culturale “Apodiafazzi”, già sindaco di Bova, (voglio qui operare come fanno nell’Associazione Unicef , badano alla bontà degli uomini e al loro modo di fare senza citare i titoli che possiedono) comunque dottore è,
mi ha regalato un volume con questa dedica:”Al Carissimo amico daniele dattola con stima e amicizia”.
Il titolo è:”Bova Storia di una Comunità Greca di Calabria”, scritto da Carmelo Giuseppe Nucera, G. Caridi, ed E. Cozzetto, edito da Associazione culturale “Apodiafazzi”.
Così come in genera faccio, tornato a casa, lo depositai in libreria in attesa di tempi migliori e vuoi per un motivo, vuoi per un altro, oggi, dopo tanto tempo ho avuto modo e mi sono reso conto, leggendolo che è veramente un ottimo libro. Dopo averlo letto, con molta modestia, consiglio la sua lettura, a chi è particolarmente interessato alla storia di Bova, a chi ama la storia di questo territorio e a tutti quelli che amano leggere un buon libro di storia. Ci tengo a precisare, comunque, che questa non è un’operazione commerciale. Il libro, curato nei minimi particolari, inizia con una lettera dell’Autore scritta al Presidente della Repubblica, On.le Giorgio Napolitano con cui evidenzia le origini greche della nostra gente e dove Lo mette a conoscenza che intorno al 730 a.C. coloni provenienti da Calcide, insieme ad un gruppo di Messeni approdarono sul fiume Apsias (attuale Calopinace) e fondarono Reggio, una delle più importanti città della Magna Grecia. Ben presto dice il Nucera i cittadini reggini, divennero fedeli alleati di Atene. Tanto è vero che ad Atene, nel cimitero dal V° sec a.C., ci sono le ceneri dell’ambasciatore di Reggio Sileno, che era andato li per ottenere questa alleanza, quando la guerra del Peloponneso portò a Reggio l’armata navale dei Greci contro i siracusani. Nell’epigramma sepolcrale e’ scritto: ”Un tempo la vasta Atene seppellì questo eroe, venuto dalla patria qui per un’alleanza: è infatti Sileno figlio di Foco, che già nutri Reggio felice, uomo giustissimo”.
Il mare Jonio fu navigato dai Greci verso l’occidente per secoli e secoli, era una tappa d’obbligo per quelli che lo attraversavano per raggiungere il Tirreno. Cosa trasportavano le navi?, anfore,vasi dipinti, grosse giare piene di olio,
vino, grano per i loro commerci, invece i reggini si recavano ad Atene, per studiare, diventare filosofi o filologi, cosi quando tornavano in patria insegnavano nelle scuole. La cultura a Reggio era alta cultura. Reggio fu l’Atene, la seconda Atene del mondo antico. Nucera conclude la lettera dando il benvenuto al Presidente nella Reggio di cultura greca e lo invita a sollecitare le istituzioni della Calabria e il Governo Nazionale a concordare ed attuare un progetto per lo sviluppo e il lavoro in questa terra dove l’emigrazione decapita le forze del cambiamento, per rinverdire la lotta ai poteri mafiosi, che soffocano la Comunità per la mitigazione dei rischi: il sismico, l’idrogeologico, la desertificazione e io aggiungo la decarbonizzazione del territorio laddove qualcuno vorrebbe fare il contrario.
Chissà se il Presidente ha mai risposto a questa richiesta??? Continua il Nucera e’ necessario un progetto per la valorizzazione dei beni e delle aree archeologiche e, per la minoranza calabro-greca, il rispetto della Legge 482/99 che prevede l’insegnamento nelle scuole della lingua e l’intervento programmato del sistema radiotelevisivo pubblico.
La premessa continua con due interessantissime lettere, una di Domenico Raso, una di Fausto Cozzetto.
Si entra nel vivo della storia di Bova con articoli, che trattano delle diverse età, completi e variegati tutti scritti da eminenti personaggi, uno diverso dall’altro tra questi vi voglio citare :
Nell’Età Antica:
Le scoperte del Neolitico fatte dal Prof. Jon Robb dell’Università di Cambridge e dalla sua equipe, nel territorio di Bova, Umbro, Penitenzeria, San Salvatore etc. Di queste cose me ne sono occupato anche io in qualche articolo del mio sito, ma nel libro le argomentazioni sono più collegate tra di loro e molto professionalmente bene esposte. Un altro articolo è scritto dall’eminente prof. Franco Mosino dove viene esposta una storia della città di Reggio in modo lodevole il titolo è: ”Dal poema dell’Odissea ai Calabro-Greci passando attraverso il laboratorio filologico del reggino Teagene (VI° sec. A.C.) ed infine un articolo del Prof. Filippo Violi dove si tratta di un antico rito bovese: “La Palma di Bova”. Demetra e Persefone?
Nell’Età Medievale:
L’orma della Regina. Identità urbana e funzioni territoriali di Bova Medievale, di Francesco Campenni;
Bova nel Medioevo, Annotazioni archeologiche, di Francesco Antonio Cuteri;
I Vescovi di Bova in epoca medievale nelle carte ASV (Archivio Segreto Vaticano), di Francesco Sepe;
Età Moderna:
Etnia, Economia e religiosità in una comunità grecanica in età moderna di Renata Ciaccio;
Bova e l’avvio dell’età moderna, di Fulvio Mazza;
La fine del rito greco in Calabria e nella Diocesi di Bova, di Carmelo Giuseppe Nucera;
I Vescovi della Diocesi latinizzata di Bova nella prima età moderna (1500, 1600), di Enzo D’Agostino;
La Comunità Italo-Greca in Calabria, di Thimoty Violi;
Il busto e il reliquario di S.Leo nel santuario omonimo di Bova, di Pasquale Faenza;
Il Tipikon della cattedrale di Bova, di Antonio Scordino;
Documenti d’archivio sulla contea di Bova, di Domenica Lia Baldissarro;
Il Risorgimento:
Da Bova a Bova Marina, di Rosa Ciacco;
I fratelli Plutino e i grecanici nel Risorgimento, di Pietro Stilo;
Alla “Marina”. L’avvio del processo di urbanizzazione a valle di Bova, di Giuseppe Caridi;
Un microcosmo produttivo: il mulino ad acqua, di Delia Franco;
Memoria e quotidianità tra le carte d’archivio, di Francesca Tripodi;
Il Novecento:
Una forte identità politico civile: Bova nel Novecento, di Rossana Sicilia;
Bova e l’eredità socioeconomica ottocentesca, di Cristian Biancofiore;
To Laiini: storia di un lemma bovese, di Irene Campolo;
Suppliche alla Santa Sede contro l’abolizione della Diocesi di Bova o l’aggregazione ad altre, di A. Chilà;
Cutry Vincenzo e la Banda musicale di Bova, del Sac. Domenico Iiriti;
Epilogo e Appendice
La lingua greca in Calabria, di Gehrard Rohlfs;
Il manoscritto dell’Alagna, di Maria Pia Mazzitelli.
Come potete notare gli argomenti, ricomprendono un periodo che va dall’età antica a oggi, quindi si capisce benissimo che è un libro completo di tutta la Storia di Bova. Volutamente non mi addentro negli argomenti sarebbe come svelarne tutti i contenuti. Vi posso assicurare che è un buon libro che ognuno di noi che ama la storia dei paesi grecanici dovrebbe tenere in libreria. Non mi chiedete il prezzo perché per me è stato un regalo, chiunque è interessato all’acquisto può contattare il presidente del Circolo Culturale Apodiafazi per la difesa e la valorizzazione della lingua greco-calabra, Giuseppe Carmelo Nucera attraverso il sito
www.apodiafazzi.it
Occorre sempre guardare bene nel passato per avere un futuro migliore
Melito di Porto Salvo, li 16.7.2014
daniele dattola
Dopo gli interessanti convegni fatti a Bova Marina, (1) voglio trattare in questo articolo dei ritrovamenti del neolitico nella costa Jonica del reggino, con particolare riferimento agli interessanti ritrovamenti effettuati a San Salvatore territorio posto nei campi di Bova (RC). (2) (3) Cito Sebastiano Stranges Ellesmere, perché Sebastiano, ispettore onorario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (4) ha, negli anni 80, il merito di avere mappato il territorio della costa Jonica meridionale reggina, mettendo in rilievo, insieme a Luigi Saccà di Bova i posti dove si trovavano reperti archeologici e mi riferisco a quelli del neolitico. Sebastiano l’ho voluto ricordare perché in queste cose spesso la verità viene a volte modificata, ed ecco io la voglio dire nella maniera corretta. Grazie al lavoro di questi ed altri indomabili ricercatori e alle loro notizie, molti studiosi, famosi in tutto il mondo, si sono occupati di questa materia avvalendosi delle loro notizie. Il prof. Tinè, ha redatto una prima mappatura di centinaia di siti, ritrovati da questi mappatori e studiosi. Dopo di Lui il prof. John Robb dell’Università di Cambridge, (5) ha integrato le ricerche per il territorio di Bova e Bova Marina, effettuando scavi che hanno dato una svolta importantissima sugli insediamenti del neolitico nella provincia di Reggio. Voglio qui ricordare che questi reperti del neolitico sono stati trovati in vari luoghi della costa ionica e precisamente a Saline, Melito, Condofuri, Bova e Bova Marina, Palizzi e Capo Spartivento nell’omonima fiumara. Oggi i reperti più importanti sono esposti presso i Musei di Reggio, Locri e anche Bova Marina. Il prof John Robb dell’Università di Cambridge, moltissimi anni fa in conseguenza delle segnalazioni di Sebastiano Stranges, chiese al Ministero competente e al Museo di Reggio Calabria, di poter effettuare delle ricerche nel territorio di Bova Marina, poiché quest’ultimo presentava una ricchezza di reperti del periodo neolitico. Il prof. Robb collaborato dalla Sopraintendenza archeologica di Reggio, nella persona dell’archeologo responsabile della zona Dr.ssa Emilia Andronico (6) e da numerosi esperti universitari di tutto il mondo Leicester, Southampton, New York, Michigan, Durham, Birmingham, ed Oxford iniziarono la ricognizione di quel territorio, mappando i reperti del neolitico. La maggior parte sono reperti di area Stentinelliana. Le analisi col C.14 danno la presenza umana risalente a 5800 anni a. C. Subito furono trovati importanti reperti a S.Aniceto, Umbro, Penitenzeria e San Salvatore io vi voglio descrivere i reperti di San Salvatore, perché il sito è insolito, in quanto posto in un luogo situato nei Campi di Bova a 1300 mt. di altezza, attraversato da una pineta, in un’area di circa un ettaro, trattasi di reperti archeologici trovati in una zona la più alta della fascia ionica, un luogo fortificato. La prima domanda che ci si pone:” Come mai una fortezza risalente al VI° sec. a. C. in un luogo cosi alto? Sicuramente sanciva un confine tra due grandi potenze probabilmente RC e Locri. Sicuramente in quel posto un po pianeggiante venivano coltivate piante e utilizzato il legname, ricco di resina, dell’entroterra calabrese, famoso ai greci. (7) (8) Durante gli scavi diretti da LIN FOXHALL, Prof. di Archeologia greca, presso l’Università di Leicester (Regno Unito) (9)sono emersi un grosso e ampio muro di cinta lungo 34 m in direzione nord-sud e 29 m in direzione est-ovest. ed una torre da qui deriva che l’insediamento era fortificato, della dimensione di 7 mq. Nel sito vi sono numerose tegole a testimoniare il crollo del tetto, vi sono anche i resti di elementi strutturali lignei della torre costituiti da travi in legno. Sotto questo materiale tracce di carbone ed elementi incendiati, distinguibili frammenti di legno incendiato di grande dimensioni che erano le travi. (10) Nella porta della scalinata d’accesso, una punta di freccia conficcata. Nel pavimento della torre frammenti di ceramica ben conservati contenitori da fuoco, ceramica comune e vasellame per cibo e bevande in ceramica a vernice nera.(11) Al di fuori del muro occidentale della torre sono stati rinvenuti numerosi frammenti ossei di animali, e almeno uno di essi mostra tracce di macellazione. Si tratta indubbiamente di resti di pasto gettati dagli abitanti del sito. Questi reperti indicano che la torre fu utilizzata come alloggio e probabilmente anche come magazzino per lo stoccaggio delle derrate. La ceramica più tarda rinvenuta nei livelli di distruzione indica che l’incendio ebbe luogo nel V sec. a.C. Fuori della torre sono state rinvenute nove cuspidi in bronzo,(12) una punta di giavellotto in ferro,(13) pezzi di armatura in bronzo. (14), una punta di lancia. (13 Bis) L’incendio è avvenuto a causa di un violento attacco. Il recipiente più interessante è il resto di una coppa ionica fattura risalente al VI° sec. a.C. verniciata a strice rosse e nere, su questo manufatto il nome graffito Σ[Ι]ΜΟΝ. “SIMON” è parola di origine greca, come attestato da Senofonte e Aristofane, e quindi questo reperto risale al VI° Sec. a. C. (15) I vasi di tipo indigeno sono numerosi , cosi quelli tipo greco di ceramica fine, ceramica comune e recipienti per cucinare. Sono stati anche trovati un gran numero di piccoli ciottoli che sembrano proiettili per fionda. (16) In un deposito rituale risalente alla costruzione della fortezza è stata trovata una statuetta di alabastro una Kore che tiene nella mano destra una colomba, risalente al VI° sec. a.C., (17) deposta con la faccia in giù, con vicino quattro piccole brocche, una con il fondo bucato. (18) La statuetta che probabilmente rappresenta Persefone, oggi è conservata nel Piccolo Museo di Bova Marina loc. S. Pasquale. Questi reperti datano la costruzione dell’edificio sicuramente al periodo del VI° secolo a.C. Probabilmente il sito è stato occupato per un breve periodo. Le ceramiche rinvenute nelle parti incendiate sono databili al V° sec a.C.. Ancora oggi non si può stabilire chi ha assaltato il sito, che è stato incendiato e da allora in poi mai più occupato. Una ricostruzione puntuale e più professionale la troverete edita dal prof. John Robb, dell’Università di Cambridge nel lavoro:” Bova Marina Archaeological Project” nel seguente link: http://www.arch.cam.ac.uk/research/projects/bova-marina/bmap-files/bmap-2007-report.pdf Qui di seguito le foto dei ritrovamenti alcune tratte da questo stesso sito.
Melito di Porto Salvo, li 6.7.2014 daniele dattola
Ogni anno a Bova il 4 e 5 maggio viene festeggiato solennemente S. Leo, il patrono del paese.
(Alla fine del lavoro apposito video filmato)
In una splendida giornata di sole, 16 giugno 2008, decido di visitare uno dei paesi interni più belli e importanti della costa Ionica-meridionale, Bova (Vùa). Lo raggiungo, al fine di inserire il lavoro nel sito www.dattola.com sui più importanti paesi interni ionici. Inizio il viaggio partendo da Bova Marina,
lasciando alle spalle, l’incantevole mare Jonio carico di azzurro,
La giornata è un po’ ventosa. Dopo un paio di tornanti
raggiungo dei posti dalla vista incantevole, un rudere di chiesa, un agriturismo un centro Brica, ed ad un certo punto su un picco il più alto che c’è, ecco il paese, che si staglia rispetto alle sue vallate, ad un’altezza di 915 mt. dal livello del mare.
Varie sono le teorie sulle origini di Bova; una cosa è certa Bova ha origini antichissime, si sa che il mare Jonio su cui si affaccia Bova, fa parte del Mediterraneo (mare in mezzo alla terra). Gli antichi popoli del mare, costituiti da razze diverse, provenienti da diversi continenti lo attraversarono, favorendo la nascita di antichi nuclei: Gli Opici, Ausoni, I Pelagi, Gli Iberi, I Magnogreci, I Romani e cosi via. E’ inutile elencarli tutti, io qui mi rifaccio alla storia scritta da un eminente cittadino di Bova tale Domenico Bertone Misiano, nato nel 1865, laureato in giurisprudenza, figlio di un farmacista, che nella sua opera “I popoli preistorici dell’Italia” scrisse che, molta influenza esercitò l’Egitto, già presente nel 3000 a.C. nel Mediterraneo. A causa dell’invasione dell’Egitto da parte di una tribù di Hycsos, due grandi tribù di Butani del Basso Delta e Bink del Sudan emigrarono sulla costa jonica in un posto che fu chiamato vuà (Bova), i Butani adoravano una grande divinità Vutò, che aveva la forma di toro e parlavano una lingua simile al greco arcaico. Mentre in altri posti della Calabria si insediarono in questo stesso periodo altri popoli che furono detti Opici, in quanto il primo luogo che abitarono era detto Opicia (Butani e Bink ; Reseniti; Acri; Vudinoi; Driopi; Choni), e così via. Sembra che questi popoli di Butani e Bink si stanziarono in un piccolo centro vicino S. Pasquale detto Delia, e che una regina greca, poi si spostò all’interno nell’attuale perimetro del castello di Bova.
Sulla costa Jonica ormai è arcinoto che è stato rintracciato materiale archeologico che va dal paleolitico arcaico (un milione di anni fa) all’età del ferro (VIII°-VII° sec- a.C.), ma quello più notevole è il materiale neolitico, che ha messo in risalto il lavoro del prof. Robb e di altri illustri professori universitari internazionali, ritrovamenti preellenici molto precedenti al periodo della Magna Grecia, capanne ricoperte di rami e con intonaco il fango, cuspidi di frecce di ossidiana (materiale caratteristico di Lipari) e silicee, asce e una particolare serie di vasi e terrecotte con disegni geometrici, di colore bruno, trovati per la prima volta a Stentinello di Siracusa e perciò appartenenti ad una civiltà che risale da 8000 a 6000 anni a.C. per documentare e confermare quanto ho detto prima ecco uno dei tanti articoli Comparsi sui giornali locali e mi riferisco alla Gazzetta del Sud del 22 luglio 2003. Autore Pietro Gaeta:
“Dalla Gazzetta del Sud del 22 luglio 2003 art. di Pietro Gaeta
Archeologi anglosassoni stanno eseguendo importanti scavi
Il Tesoro di Bova
Un Prof. di Cambridge guida le ricerche
Reggio – Trenta giovani archeologi inglesi, americani, canadesi, guidati da John Robb, professore della prestigiosa Università di Cambridge, scavano nel territorio di Bova dal 1997. E i risultati sono straordinari: la presenza dell’uomo nella provincia di Reggio si retrodata all’epoca del Paleolitico (700.000 anni prima di Cristo!) Sebastiano Stranges, ispettore onorario della Sovrintendenza, e la sua equipe, da un ventennio hanno portato alla scoperta di centinaia di siti archeologici tra Pellaro e Brancaleone e particolare rilievo hanno avuto i siti preistorici, praticamente sconosciuti nella letteratura internazionale. Fin dalla prime ricognizioni era emerso il ruolo di grande rilievo nella zona tra Saline e Bova che aveva già fatto parlare di una capitale neolitica nella Calabria meridionale. Il risultato di queste ricerche ha attirato archeologi internazionali che hanno deciso di investire denaro e tempo nella scoperta della preistoria nella nostra provincia. I due siti indagati sono Umbro e Penitenzeria (entrambi nel Comune di Bova), dopo che le segnalazioni di Stranges furono confermate scientificamente dal prof. Santo Tinè ( Il più grande archeologo preistorico italiano) che fu coadiuvato dal prof. Daniele Castrizio-, dove furono trovate alcune capanne neolitiche e una ricchezza enorme di ceramica “stentinelliana” con motivi e decorazioni inedite”. Dopo i primi saggi le ricerche si sono appuntate nel sito di Penitenzeria che era il villaggio più importante dell’intera costa meridionale, la “capitale” della tribù Ausonia che si era insediata nella zona. “ I sistemi di scavi sono i più moderni – spiega il Prof. Castrizio- una vera lezione per l’archeologia locale. Usano la flottazione e il sistematico setacciamento della terra di scavo su cui intervengono i paleobotanici e i paleontologi. In Calabria, per la prima volta, è stato usato il sistema di datazione del radiocarbonio. Grazie a questi metodi innovativi, lo scavo ci restituisce non solo cocci e pietre, ma la vera storia dei nostri antenati. Sappiamo dove e come abitavano, cosa mangiavano e come distribuivano il territorio. Lo studio dei motivi ornamentali sulla ceramica ci restituisce anche la loro identità culturale: ogni tribù aveva i propri decori, come i clan scozzesi hanno i loro colori che li identificano. Sappiamo anche che avevano un commercio: prendevano e esportavano l’ossidiana dalla isole Lipari, importavano le pietre dalla Sila per le proprie asce, arrivavano vasi e forse anche uomini dalla Grecia e dall’Africa”. Quest’anno è cominciato anche uno scavo di case fortificate greche per lo sfruttamento agricolo e il controllo del confine tra Reggio e Locri (IV sec. A. C.). I villaggi indigeni, probabilmente sotto la spinta dei Greci, furono abbandonati e il territorio subì una radicale trasformazione e reinterpretazione commerciale ed economica. “L’importanza di questi scavi – aggiunge Castrizio – è fondamentale per lo sfruttamento turistico del nostro patrimonio archeologico e rappresentano un vero e proprio esempio da seguire. Gli scavi sono costantemente aggiornati su internet, i materiali vengono velocemente pubblicati e messi a disposizione della comunità scientifica, specialisti stranieri vengono chiamati per risolvere i problemi della ricerca. Lo scavo di Umbro è molto famoso in Inghilterra ed è stato ripreso da riviste specializzate. Ma la cosa importante da comprendere è che questo sito ci ha consentito di saperne di più sui nostri antenati e poi, cosa ancora più straordinaria, che è semplicemente uno dei tanti che si possono scavare sulla costa reggina”. Sebastiano Stranges, dunque, è un esempio di chi, rimettendoci, sempre del proprio, ha vinto le iniziali resistenze degli esperti e non si è mai arreso all’assenza di fondi. “E se altri avessero agito come lui – conferma Castrizio-, certamente il nostro turismo culturale avrebbe avuto ben altre frecce al suo arco”. ……L’Aspromonte, sotto le grandi pietre (Pentedattilo, Pietra Cappa, Pietra di Febo…), cela ancora villaggi di straordinaria grandezza e ricchezza. Saline, in particolare, negli studi di Stranges e Robb, sembra essere una vera e propria capitale del neolitico con una serie straordinaria, per quantità e qualità di rinvenimenti……” Anche nella zona più alta del castello è stato ritrovato, nel perimetro del Castello, schegge di ossidiana, attestanti il commercio primitivo che gli abitanti delle isole Eolie intrattenevano con i popoli vicini a partire dal IV millennio a.C.. Pertanto le rocche del Castello ospitarono sicuramente un insediamento umano di età preistorica. Vedi i cocci dei vasi di origine stentinelliana, che comprovano l’antica esistenza di abitazioni nella zona del castello. Poi vennero i Greci, i romani etc. Sembra che subì frequenti incursioni barbariche.
Nel 440, infatti, i Vandali, sbarcarono sulle coste lucane e bruzie devastando e saccheggiando le città marittime. Dopo aver occupato la Sicilia, organizzarono scorrerie in Calabria e gli abitanti del litorale per sfuggire alle devastazioni si rifugiarono sui monti, in luoghi più sicuri ed inespugnabili. Fu questo, quindi, il motivo che spinse gli abitanti di Delia a fondare la città di Bova.
Nello stemma della città di Bova la figura predominante è il bue.
Nel corso dei secoli lo stemma, è stato modificato più volte, Prima nel 1400 si presentava con la figura di un bue con la zampa alzata; nel 1500 con l’introduzione del rito latino alla figura del bue che viene riprodotta in modo più piccolo è aggiunta la figura della Madonna col bambino seduti sul bue. Nella cattedrale il bambino e sull’atto di benedire, mentre nella chiesa di S. Leo ci sono due stemmi in uno il bambino sta con le mani sul petto della Madonna e nell’altro viene ripetuto però stavolta colorato con smalti cosi come possiamo vedere dalle foto.
Il Paese fu assediato dai Saraceni nel IX° sec. e nel 953 e nel 1075 molte furono le perdite di vita umana a causa dei Saraceni. Sotto il dominio Normanno l’Arcivescovo di Reggio Calabria gesti e dominò Bova con il titolo di Conte, fino al 1791 quando il feudo fu ceduto al fisco regio. Il Paese presentava due porte di accesso con torri, porta Ajo Marini e l’altra collocata vicino la Cattedrale, che era collocata nella parte alta della città insieme al palazzo vescovile e le case delle famiglie nobili ed importanti. Nel paese c’erano tre torri difensive, oggi ne esiste solo una.
Cessò di essere Feudo nel 1806, anno dell’eversione della feudalità. Un duro colpo subì il paese a causa della peste nel 1577. Distruttivi furono i terremoti del 1783 e 1908. I monaci Basiliani introdussero il rito greco e Bova fu sede arcivescovile fino all’anno 1572 quando fu imposto dall’arcivescovo Stauriano il rito latino.
Bova ebbe il primato sull’area grecanica del reggino per almeno un millennio, le popolazioni conservano ancora la parlata greca, il greco che si parla a Bova è antico con derivazioni arcaiche e quindi non è attribuibile ai coloni greci Calcidesi dell’VIII° sec. Vari sono stati i personaggi importanti di questo antico centro. I Malgeri, i Viola, i Vitale, i Natoli , i Misiano, i Casile, i Catanea, gli Autelitano, i Borrello, gli Alati, i Criseo, i Larizza e tanti altri che mi sfuggono e a cui chiedo scusa se non li ho nominati.
All’arrivo, accompagnato dal mio amico Nino Marino, sono stato accolto dal Vice-Sindaco Santino Casile
e da un suo parente, Leo Casile,
persone squisitissime che mi hanno fatto da guida, ho subito capito quanto amore, queste persone, hanno per questo posto. Il paese si mostra in tutta la sua bellezza, noto che ci sono parecchi cantieri aperti nei posti più interessanti, come il Municipio, il castello le chiese, insomma un fermento , si capisce che c’è un’Amministrazione che cura questo posto con attenzione.
Il Borgo si trova posto abbarbicato sulla roccia
(Foto dall’alto del paese di Bova)
ed è circondato dalle montagne, notevoli sono le visioni delle vallate giù in basso,
(La vallata e il mare visti da Bova)
le strade sono ben curate e sc’è una segnaletica ben visibile che rende chiari ai visitatori i percorsi da seguirei nota che .
Le strade spaziose nel centro diventano man mano che si sale sempre più strette. Ogni vicolo, ogni strada è segnalato da targhette con i nomi in italiano e in lingua greca.
Interessante sono i vecchi palazzi, le case e la relativa tecnica costruttiva fatta da mattoncini, e pietre
interessanti anche le grondaie delle case, fatte con mattoni sporgenti.
Si capisce che il paese per i palazzi che vi insistono era un paese importante e ricco. Prima di arrivare al centro si giunge in una piazza detta dei Ferrovieri, dove è collocata una vecchia locomotiva a carbone posta su dei binari, costruita tra il 1911 e 1922 e dismessa e venduta dalla ferrovia. Collocata lì per opera del sindaco Foti nel 1988, fatta arrivare con enorme difficoltà e non poche sono state le critiche per questa decisione che comunque ha caratterizzato il centro del paese.
Importante per la sopravvivenza di questo centro è l’agricoltura, la pastorizia, la forestazione, l’artigianato locale con le tessiture fatte con la lana, il lino, il cotone e soprattutto la lavorazione con le fibre della ginestra metodo antico, e la lavorazione del legno.
Ci muoviamo con l’ottima guida recandoci a visitare in lungo e in largo il borgo, le numerose chiese, arriviamo nella parte più alta dove stanno a bella vista i ruderi del castello anche qui un cantiere enorme , fervono lavori di ristrutturazione,
IL CASTELLO
Si trova nella parte più alta del paese. Non si conosce l’origine certa , fatto sta che nella zona castello sono state trovate tracce di materiale neolitico.
Si presume che risale al 1200. Vi sono solo dei ruderi, costruito con mattoni di selce, presenta muri enormi, si erge una torre ancora in parte intatta, l’unica delle tre rimaste e le chiese:
LA CATTEDRALE
In questa chiesa maestosa fervono i lavori di ristrutturazione,
accanto ad essa gli edifici del vescovado che presentano una zona vecchia, antica e una zona nuova.
Presenta la Cattedrale è dedicata alla Madonna della Presentazione o Isodia, è Normanna, ricostruita in epoche diverse all’entrata due colonne con lo stemma del vescovo di Bova.
Vi è l’altare maggiore con la statua della Madonna in marmo bianco di Carrara, poggiata su un marmo lavorato che presenta lo stemma di Bova dove è sempre rappresentato un bue e due angeli in adorazione, è riportata la data del 1584.
La Madonna e il bambino hanno la testa cinta da due corone d’argento. Più a destra nella cappella dell’Assunta si trova l’altare del Sacramento datato 1691, ornato con marmi di vari colori sicuramente di scuola siciliana. La chiesa ha tre navate una grande, due più piccole, con tre altari.
La nostra insuperabile guida ci ha fatto presente che sotto il pavimento della chiesa sono stati trovati un insieme di camere sotterranee con tombe importanti. Tanto è vero che è stato deciso di stendere un pavimento a vetro per fare vedere ai visitatori, queste antiche sepolture.
I morti si mettevano seduti con le braccia larghe, per fare meglio andare via i liquidi ed essiccare. Questa usanza si è trovata in alte chiese antiche di Brancaleone etc.
Sotto la scala che va ai campanili si nota benissimo che la chiesa è costruita su una precedente struttura.
Accanto alla cattedrale un imponente campanile con una campana antica che riporta delle scritte cosi come si può vedere dalle foto.
Continuiamo il nostro percorso scendendo attraverso viuzze antiche con case dallo stile molto particolare e raggiungiamo la
CHIESA DI S. LEO:
Anche qui lavori e nel perimetro della chiesa, si nota uno scavo dove si vede chiaramente che la chiesa nuova, poggia su una struttura antica.
La chiesa attuale risale al 1700, anche qui un portale importante con lo stemma della città e la data del 1606.
Entriamo, e alla fine della navata, notiamo subito un importante altare, con una statua in marmo bianco che rappresenta S.Leo.
Un altare molto ornato che all’apice presenta lo stemma della città.
Contrapposto in fondo alla chiesa una grande loggia in legno bianco con sopra un antico organo.
Ai lati della chiesa, due cappelle, in una le reliquie di S. Leo, monaco Basiliano del 1722, poste su un altare di marmo, le reliquie, sono sormontate da una statua dello stesso santo, in argento cesellato, cosi come cesellata si presenta l’urna.
Anche qui le nostre guide ci raccontano delle tradizioni popolari, ed essendo un santo venerato anche in altri posti ad Africo Vecchio, per antiche diatribe le reliquie come si può vedere dalle foto sono chiuse con quattro lucchetti diversi la cui chiave è stata consegnata, per evitare eventuali furti di ammiratori, al parroco, all’arcivescovo ai carabinieri etc..
In fondo alla chiesa nel lato destro una enorme tela del 700 raffigurante la Madonna Immacolata, quadro di enorme bellezza, pare recuperato in un’altra chiesa di Bova, e custodito nella chiesa di S. Leo.
Questa chiesa cosi come le altre conserva un enorme numero di oggetti religiosi del passato, molto dei quali custoditi nella cattedrale di Reggio Calabria. Tutti di epoca diversa: ostensori in argento, paramenti sacri, , incensieri d’argento, calici etc.
Ogni anno il 4 maggio viene tenuta una processione e sulla vara vengono posti il busto del Santo e le reliquie.
CHIESA DELLO SPIRITO SANTO
Dopo la piazza principale scendendo, arriviamo in questa chiesa che presenta un interessante portale in pietra, fatto da artigiani scalpellini locali, con importanti iscrizioni, è stata costruita intorno al XVI° XVII° sec. Sopra del portale una finestra, qui vi era una statua della Madonna con bambino oggi conservata nella chiesa di S. Caterina. Nel Portale sono riportati dei nomi Maisanus e Nicola Mafrica.
Saliamo e il vicesindaco Casile ci accompagna in un’altra chiesa.
CHIESA DELL’IMMACOLATA (XVIII° SEC.)
Anche questa chiesa presenta un’interessante portale. La chiesa sconsacrata, apparteneva alla famiglia Marzano, infatti nel portale vi è lo stemma di questa famiglia. E nella chiesa all’interno vi è una loro lapide dalla quale si rileva che i Marzano erano giunti qui nel 1767. Da qui proviene l’interessante quadro della Madonna Immacolata conservato nella chiesa di S. Leo. Molte parti murali esterne sono state completamente ricostruite.
CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE
Risale al XVII° sec. Apparteneva alla famiglia Mesiani, infatti è costruita di fronte all’antico palazzo Omonimo. Anche qui un importante portale con lo stemma della famiglia Mesiani, iscrizioni e in alto una finestra, nella chiesa un altare in marmo con la statua della Madonna del Carmelo, e nel pavimento una lapide con lo stemma familiare dei Mesiani e una scritta con la data del 1752. La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto. Sembra che prima di diventare chiesa del Carmine di proprietà Mesiani la chiesa era l’antica Parrocchiale di San Costantino,
essendo i portali quasi tutti simili e della stessa età, abbiamo avuto l’impressione che quasi tutte le chiese erano già preesistenti e su quelle sono state costruite altre.
CHIESA DI SAN ROCCO
Qui vi era prima il convento dei frati minori di S. Antonio, la chiesa risale al 1500. Un importante portale in pietra intagliata, all’interno al centro dell’architrave lo stemma del vescovo Marzano. Danneggiata dai terribili terremoti del 1783 e 1908 fu ricostruita nel 1975. Ogni anno la statua il 15 agosto viene portata in processione dalla chiesa di s. Caterina alla chiesa di San Rocco.
CHIESA DI SANTA CATERINA
Fu consacrata nel 1969. All’interno della chiesa una importante statua della Madonna della Visitazione, che presenta un enorme mantello. Qui c’è anche la statua di San Rocco, patrono del paese.
Il nostro itinerario, dopo la piazza ferrovia, inizia e si conclude nella piazza centrale del Paese, Piazza Roma, che è molto bella e segnata da palazzi antichi importanti ecco le foto:
PALAZZO NESCI
Risale al 1700, è stato costruito su due piani,
presenta al centro un bel portale ad arco con lo stemma della famiglia Nesci, a fianco una volta che sostiene un terrazzo merlato, con una vista spettacolare sulla vallata.
Il palazzo è stato venduto a vari proprietari, e nel 900 fu utilizzato a Casinò di società e teatro.
(Vista dall’alto di alcuni fabbricati)
PALAZZO MESIANI-MAZZACUVA
Sorge in via Costantino dove prima c’era una torre ed era un punto di passaggio di accesso verso la città., fu nel passato utilizzato a carcere.
Interessante anche vedere
IL MONUMENTO AI CADUTI
Il MUSEO PALEONTOLOGICO,
con importanti reperti fossili.
Le frazioni di Bova sono: Brigha, Campo, Cavalli, e Muto.
Ogni anno sono organizzate importanti manifestazioni tra cui il “Paleariza”.
E ancora foto del Paese:
Si ringraziano il Sindaco Santino Casile e il sig. Leo Casile per la disponibilità dimostrata, che ci ha permesso di fare questo servizio, e il sig. Nino Marino per la collaborazione al Servizio fotografico.
BOVA, 16 giugno 2008 Aggiornato il 04.06.2011
daniele dattola