Il Sito di Daniele Dattola

Reggio Calabria

Melito inaugurazione ristorante Pizzeria “Vip”

E’ stata inaugurato a Melito P.S. il 16.10.2014 alle ore 20.00 il “VIP Pizzeria Ristorante”. Davanti al locale c’erano molte persone ad aspettare l’apertura, con i doni augurali per questo nuovo evento.

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Mi sono recato per fare qualche fotografia, da subito appena entrato ho intuito “l’Amore” con il quale è stato realizzato,  Pasquale Catanoso e Elsa Cannizzaro, hanno creato una Meravigliosa Struttura per i propri figli,

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In tempi difficili come questo, si capisce la forza, la voglia, la tenacia di queste due persone  che ce l’hanno messa tutta per realizzare “Un sogno” da donare ai propri figli, questo  è il msg  che si coglie nell’inaugurazione di questo locale.

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Ristorante Pizzeria Vip072

Infatti  la figlia Rosaria ha dichiarato: “Una grandissima soddisfazione una enorme commozione un momento unico. All’ apertura, quando la gente si accingeva ad entrare ho visto in un baleno scorrere tanti momenti. Una volta c’era un giardino, il luogo della mia infanzia ora c’è un locale un ristorante. Un punto di ritrovo. Il grazie è rivolto a tante persone, tante mani hanno lavorato, tante lacrime versate, tanto sudore. Ma coloro che non hanno mai smesso di crederci, e che hanno sempre dato forza coraggio e motivato tutti sono Elsa Cannizzaro e Pasquale Catanoso. Loro sono i Veri Inimitabili Protagonisti. E con le lacrime stasera li ringrazio e ringrazio Dio per essere immeritatamente loro figlia. Li amo.”
Il Ristorante Pizzeria VIP si trova in via Rumbolo di Melito di Porto Salvo,  tutto è stato studiato nei minimi dettagli per accogliere nel miglior modo possibile i clienti. Il locale è veramente elegante e ben curato. All’entrata del ristorante Pizzeria  si trova un ampio piano bar, ideale luogo  per gustare un caffè, un bicchierino di liquore, un aperitivo. Accanto  una  sala ampia elegante e luminosa che può ospitare tantissime  persone, all’interno della quale potete scegliere e gustare le migliori pietanze.  Un luogo elegante dove gustare un’ottima pizza cotta in forno a legna. Un ritrovo alla moda in cui assaporare i piatti tipici della cucina italiana. Sapori tradizionali italiani e mediterranei. Sorrisi e sguardi accattivanti. Tra pietanze e divertimento, tutto all’insegna della novità, il personale con una gentilezza unica accoglie nel migliore dei modi i i clienti. Davanti al piano bar una moderna  e pulita cucina pizzeria.
Ampi cortili e per finire scendendo nel piano sottostante, un’ampia sala con divani e tavolini, un locale dove ogni sera si possono gustare aperitivi e stuzzicherie varie in modo riservato e in un’atmosfera familiare e serena.
Un locale ottimo per qualsiasi occasione, dalla cena tranquilla in famiglia alle grandi feste e ricevimenti, grandi varietà e quantità di cibo buonissimo per soddisfare tutti i gusti e cordialità del personale. Tutti ingredienti che gradiranno  coloro che amano la buona cucina combinata ad un ambiente elegante e confortevole.
Questa nuova iniziativa, valorizza il territorio. Creando nuovo benessere e sviluppo per tutta la comunità, un’attività
gastronomica che renderà ancora più attrattiva la nostra cittadina  offrendo a tutti, residenti e non, un luogo d’incontro e di condivisione.
Auguro il miglior successo ai titolari.

Melito di Porto Salvo, li 16.10.2014

daniele dattola

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Reggio Calabria M° Riccardo Muti Laurea ad Honorem

 

Reggio Calabria, 13 ottobre 2014 alle ore 17.00 a cura dell’Università per stranieri “Dante Alighieri” e della Provincia di Reggio Calabria, ha avuto luogo presso la Scuola allievi Carabinieri  la cerimonia per il conferimento della Laurea ad Honorem al Maestro Riccardo Muti.

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E’ la seconda volta che si svolge presso questa importante Scuola Allievi dei Carabinieri un avvenimento in cui è coinvolto questo grande maestro internazionale , Direttore di orchestra unico al mondo. Bisogna dire, con una punta d’orgoglio che i Carabinieri di RC hanno dimostrato per ben due volte una grande capacità organizzativa dando alla manifestazione un tocco unico, tutto era organizzato in modo perfetto:” Una grande famiglia”, un  compito che hanno saputo svolgere con grande capacità …Complimenti. Gli invitati venivano accolti all’entrata e guidati passo passo fino ai parcheggi, la manifestazione è culminata con le bellissime musiche della fanfara dei Carabinieri. Che dire, infine, dei professori universitari tutti schierati sul palco a onorare il Maestro al fine di consegnargli questo importante riconoscimento. Ha aperto i lavori l’Assessore alla Cultura della Regione Calabria, Mario Caligiuri che oltre ai ringraziamenti di rito ha detto che proporrà al Presidente della Repubblica Napolitano di nominare il Maestro Riccardo Muti Senatore a Vita” .  “La Calabria s’inchina al Maestro per tutto quello che ha fatto nei confronti dei giovani musicisti della nostra regione”. Subito dopo è intervenuto il Rettore dell’Ateneo Salvatore Berlingò che  ha definito Muti, il comunicatore delle eccellenze artistiche, del Made in Italy nel mondo.
Dopo sono intervenuti i professori Carlo Gelosi e Eduardo Lamberti Castronuovo che hanno pronunciato la laudatio. Infine il Rettore Managò in occasione dell’Inaugurazione dell’anno accademico 2014-15 ha insignito il Maestro della Laurea Honoris causa in:”Programmazione e Gestione dei servizi sociali d’Area Mediterranea” assegnata a cura dell’Università per stranieri Dante Alighieri. Il Maestro in tutti i suoi discorsi, dopo avere ringraziato, ha sempre rimarcato le sue origini meridionali, sempre simpaticissimo ed arguto nelle sue riflessioni, ha invitato, in sintesi  i giovani a credere nelle loro forze e nelle loro origini. Dopo ha ripercorso le varie fasi della sua  vita ed infine sono stati proposti dei brani da parte della fanfara del XII Battaglione Carabinieri “Sicilia”, dai giovani musicisti della banda Provinciale tutti diretti dai più importanti direttori d’orchestra calabresi che avvicendandosi alla fine dei brani hanno consegnato premi in onore al
festeggiato. Alla fine di questa importante serata, alla presenza di tutto il mondo accademico, di Autorità politiche, militari e civili e di una larga rappresentanza di cittadini l’Auditorium era stracolmo, il Maestro Muti ha diretto i piccoli cantori del Coro “Mille note” di Taurianova e la Fanfara dei carabinieri facendo eseguire l’Inno di Mameli, tutti in piedi  per l’Inno e a dimostrazione di affetto nei confronti di questo grande uomo meridionale.
Reggio Calabria, li 14.10.2014
daniele dattola

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RC CITTA’ METROPOLITANA INTERNAZIONALE CON DATTOLA GALATI FITTO

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In data 13.10.2014 alle ore 15.00 si è svolto presso l’Hotel Excelsior di Reggio Calabria un interessante dibattito alla presenza del Candidato a Sindaco Lucio Dattola, dell’On.le Raffaele Fitto, dell’On.le Giuseppe Galati, dell’On.le Nino Foti, del Vice presidente del Consiglio Regionale Alessandro Nicolò, e del Presidente della Provincia Giuseppe Raffa.

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L’incontro è stato moderato da Paolo Zagami, Direttore Generale di Italia Futura

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che ha introdotto i lavori dicendo che la città di Reggio Calabria ha un ruolo importantissimo  e che quindi deve fornirsi di uno statuto metropolitano simile a tutte le altre città metropolitane, per gestire i fondi che a breve arriveranno per risanare e rilanciare questa città.
L’On.le Giuseppe Galati ha fatto presente che Reggio Calabria deve riconoscere la competenza e la credibilità acquisita dal Candidato Dattola

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che ha il merito di aver gestito per lunghi anni la Camera di Commercio e l’Unione Camere con grande professionalità. Reggio ha bisogno di questa competenza affinché elegga un uomo che possa intervenire sulla città con politiche lungimiranti e adeguate. L’esperienza che può mettere Lucio Dattola è determinante per questo è l’uomo giusto per utilizzare al meglio le risorse che deriveranno dall’Area Metropolitana.
L’europarlamentare Raffaele Fitto

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ha fatto presente che non bisogna sprecare l’occasione della città Metropolitana, quindi occorre una classe dirigente che non sprechi questa occasione  creando un’area metropolitana finalizzata a migliorare la qualità della vita e i servizi ai cittadini.
L’On.le Foti ha detto che in passato si sono sprecate troppe risorse che oggi la rotta va invertita.

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Il Presidente della Provincia Raffa oltre a parlare del Porto di Gioia Tauro ha parlato anche del Ponte sullo Stretto, opera necessaria al rilancio del territorio e la ripresa del PIL,

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argomento trattato anche dall’On.le Nicolò.
Lucio Dattola  Candidato a Sindaco della città ha messo in evidenza la situazione grave in cui la stessa si trova, quindi occorre superare questo momento di crisi partendo dal settore edile. Elemento trainante per Reggio, che si trova in questo momento bloccato. Intervenire nel settore infrastrutturale, Si è perso con il porto di Gioia Tauro un importante occasione di sviluppo. Una città metropolitana non lo può essere se non supportata da un aeroporto di rilievo. Dobbiamo riuscire a invertire questo trend da negativo a positivo.

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Dunque questi i contenuti e i messaggi dell’ importante incontro. Messaggi che devono essere portati a conoscenza della gente comune, “i cittadini che vivono la città giornalmente” . Se si perde questa occasione importante della città metropolitana e gestione efficace dei fondi che ne deriveranno, la città di Reggio subirà un ulteriore decadimento.
Reggio Calabria, li 13.10.2014
daniele dattola

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Melito Incontro PSI sull’Area grecanica e le sue priorità.

Si è svolto a Melito di Porto Salvo il 3.10.14, alle ore 17.00, presso l’Auditorium in via del Fortino, un interessante incontro dal tema: ”L’Area Grecanica e le sue Priorità, Verso le Primarie”,

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era presente il Candidato alla Primarie per la Presidenza della Regione Mario Oliverio.

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L’incontro organizzato dal Consigliere Provinciale Pierpaolo Zavettieri

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ha visto la presenza numerosissima dei socialisti di tutta la zona ionica , li convenuti per questo evento. Vari i Sindaci e gli Amministratori della costa ionica presenti, molti dei quali sono anche intervenuti. Dato l’alto numero di partecipanti occorre dire che è stato un incontro riuscitissimo.

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L’evento   presieduto dal Sindaco di Bruzzano Zeffirio Franco Cuzzola,

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introdotto dal Consigliere Provinciale Pierpaolo Zavettieri,  ha visto gl’interventi del Segretario Provinciale PD Seby Romeo

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e di Giampaolo Catanzariti, Coordinatore Regionale Socialisti Uniti-PSI, le conclusioni sono state di Mario Oliverio Candidato alle primarie della Presidenza della Regione. Durante i lavori vari sono stati gli interventi, e molti i temi toccati, li riepilogo sinteticamente: L’Ospedale di Melito, La Centrale a Carbone per questo argomento tutti hanno dichiarato un No senza se e senza ma. Il Lavoro, Il territorio, la viabilità, Il turismo, Infine un invito a ad un appoggio concreto per le primarie a Oliverio.

Melito di Porto Salvo, li 2.10.2014

daniele dattola

 

 

 

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Melito Circolo Culturale Meli Aurora d’Ermenegildo presenta:”Lacrime come perle”

 

locandina
“Lacrime come perle” è il titolo del libro scritto da Aurora D’Ermenegildo (Città del sole edizioni) che farà da sfondo all’evento di domenica 28 settembre organizzato dal Circolo Meli unitamente al club KIWANIS Reghion 2007 di Reggio Calabria. Una serata ricca di testimonianze e solidarietà ma anche un momento di riflessione sulle difficoltà delle vita, sulle gioie e i dolori che la stessa può riservare. Attraverso la sofferenza, Aurora D’Ermenegildo ha riscoperto la fede per lungo tempo abbandonata o sopita e la sua opera diventa un mezzo “per mandare un messaggio di speranza alle altre mamma che hanno perso un figlio prematuramente”, come afferma l’autrice.  All’ incontro sarà, inoltre, presente il dott. Giovanni Cassone, Presidente della fondazione “Clara Travia Cassone”, che spiegherà il progetto abbracciato dopo
la scomparsa della moglie e che lo ha condotto in Africa. “Ho pensato – afferma Cassone – che sarebbe stato bello legare il nome di mia moglie a un fatto positivo”: adesso in Malawi, con l’avvio dell’attività della “Clara Foundation” stanno nascendo alcune strutture socio-sanitarie che forniscono assistenza principalmente ai bambini.
Essenziale in questa attività è l’ apporto dei volontari, come il pediatra dott. Filardo Orlando che, presente alla serata, darà al pubblico testimonianza della sua esperienza.

Alla serata sarà presente la poetessa Rosy De Fazio che leggerà alcune poesie tratte dal libro “Lacrime come perle”.

Il ricavato della vendita dell’opera sarà destinato alla “Fondazione Clara Travia Cassone”.

Non mancate

(Circolo Culturale “Meli”)

 

 

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Traduzione a cura del Prof. Minuto delle 54 pergamene sulla vallata del Tuccio

Qui di seguito pubblico le 54 pergamene riguardanti la vallata del Tuccio tradotte dal Prof. Domenico Minuto

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per affiancarlo con questa iniziativa nel suo disegno, partecipando a tutti gli abitanti della vallata l’esistenza di una testimonianza di vita e cultura passata, non nego che prima di farlo ho sentito il Dr. Renzo Iacopino

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promotore di questa iniziativa, Nella speranza che la divulgazione possa dare risultati ulteriori di toponomastica ed onomastica chi vuole dare notizie in merito alle località che potrebbero dare aiuto a chi sta continuando ad effettuare ricerche in tal senso può scrivere direttamente in questo sito.

leggiamo cosa ha scritto  il Prof. Domenico Minuto relativamente a queste traduzioni:

Traduzione di DOCUMENTI GRECI DI VALLETUCCIO

Traduco dall’originale greco i documenti pubblicati da Cristina Rognoni: Cristina Rognoni, Les actes privés grecs de l’Archivo Ducal de Medinaceli (Tolède). II. La Vallée de Tuccio (Calabre, XIIe-XIIIe siècles), Association Pierre Belon, Parigi 2011.
Non intendo per ora pubblicare queste traduzioni, ma soltanto offrirle come appunti per sostegno agli studiosi che si interessano di Valletuccio ed hanno difficoltà a comprendere la lingua in cui sono stati scritti. Chi le legge, pertanto, non è autorizzato a pubblicarle. Se ha bisogno di citare qualche brano dei documenti, per usare la mia traduzione deve fare riferimento al testo edito nel volume della Rognoni.
La lingua originale di questi documenti comporta diverse difficoltà, sia per l’uso locale della lingua greca, con particolarità da decifrare, sia per il riferimento ad espressioni tecniche di natura economica ed amministrativa. Non essendo esperto in nessuna di queste dottrine (linguistica, economica, amministrativa), posso offrire soltanto una traduzione generica, non sempre tecnicamente appropriata. Sto attento non alla eleganza, ma alla fedeltà della traduzione, che cerco di rendere quanto più mi è possibile alla lettera. Il mio interesse è soprattutto rivolto alla storia dei luoghi, connessa con la toponomastica; ad essa si ispirano i seguenti criteri di trascrizione dei nomi propri:
1. Trascrivo secondo la pronunzia bizantina, ancora oggi in uso.
2. Siccome indico con il nesso ch la gutturale aspirata greca, trascrivo con la lettera k il nesso italiano ch.
3. Per i nomi propri che hanno la funzione di cognomi o che possono avere originato dei toponimi riporto l’accentuazione che c’è nel testo, anche se essa deriva dalla flessione grammaticale del vocabolo: per cui, ad esempio,  il nome personale Lìcastos , la cui flessione nel genitivo è Licàstu, diventa il campo del sig. Licàsto (ma non Licàstu). Per i nomi propri che hanno funzione di nomi personali adeguo spesso (ma non sempre) la trascrizione all’uso italiano: per cui, ad esempio, Theodòsios e la sua flessione Theodosìu possono essere da me trascritti come Teodòsio. In questi casi, talvolta ometto l’indicazione dell’accento, quando esso è identico all’italiano; negli altri casi, indico sempre l’accentuazione dei nomi propri.
3. Per semplificare, uso sempre l’accento grave, più accessibile nella tastiera.
4. Per i miei interventi esplicativi uso le parentesi quadre.
Domenico Minuto

1. Vendita, anno 1136-1137.

† Segno di mano di Nicola figlio di Teodòsio Strovìli.
† Segno di mano di Andrea suo figlio.
† Segno di mano di Andrea suo figlio.
† Segno di mano di Ghiosfrè figlio di Giovanni Anemàki.
Siamo presenti noi sopra scritti che abbiamo tracciato i segni della veneranda e vivificante croce, compresi anche i miei figli e parenti e fratelli; siamo presenti per vendere a te, monaco Ignazio, figlio di Consta Gudrùppi, il nostro campo che possediamo in località qui indicata vicino lo stagno di Chrimàto. L’estensione del campo è tale: ad oriente il confine di Leone Foremèno, ad occidente il campo di Consta Gudrùppi, a settentrione il confine di Carvùno e a mezzogiorno quello di Consta Gudrùppi. Abbiamo venduto questo campo a te, sopra scritto monaco Ignazio per dodici tarì ed avendo ricevuto questa valuta nelle nostre mani abbiamo compiuto una piena e completissima vendita così che tu abbia personale potestà per sempre ed in tutti i tempi di vendere, donare, scambiare ed assegnare in dote avendone
ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Se mai in qualche circostanza o in qualche tempo si presenti qualcuno che faccia contestazione ed opposizione riguardo questa vendita, abbia la scomunica del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, dei 318 santi Padri teofori, e sia multato di 12 nomismata presso l’erario, per la violazione della santa croce. E così sia irremovibile questa nostra vendita, che abbiamo fatto in presenza di degni testimoni.
† Giovanni Portàris testimoniando ho sottoscritto.
† Niceforo Gudrùppis testimoniando ho sottoscritto.
† Basilio Calavròs testimoniando ho sottoscritto.
† Nicola Cattànis testimoniando ho sottoscritto.
Questa carta è stata scritta per mano del sacerdote Giovanni Rimatìsi nell’anno 6645, indizione XV.

2. Vendita, anno 1145-1146.

† Segno di mano di Mitzùno figlio del defunto Teòdulo Malèno. †
† Segno di mano del sacerdote Stefano suo fratello. †
† Segno di mano di Giovanni suo cugino. †
Poiché siamo presenti noi i sopra scriventi e tracciando i segni della veneranda e vivificante croce di propria mano in questo documento, poniamo e rendiamo sicura e immutabile la presente vendita scritta per nostra spontanea volontà e scelta personale, che il p… (mancano circa 12 lettere) e compr… , sa che dalla vendita è cattiva e incerta la compera. Pertanto noi, i sopra detti quali Mitzùn figlio del defunto Teodulo e Stefano, sacerdote, suo fratello e Giovanni nostro cugino, abbiamo convenuto di vendere a te, papàs Giovanni,  genero del defunto Costantino Caloparpatìto [che ha fatto un buon cammino?], il nostro campo che si trova ed è sito in località detta  Traginarìa e che possediamo dall’eredità di Malèno. La sua confinazione è così: ad oriente il campo del sig. Licàsto, che abbiamo dato in dono a lui che va di cognome Agrillitàno; a settentrione e ad occidente lo circonda il torrente e a mezzogiorno lo divide il ciglio della collina; e
scende il ciglio dal campo del sig. Licàsto Agrillitàno fino al torrentello; ad occidente anche lo separa dal ciglio lo pseudo torrentello e chiude. Questo campo, così come è delimitato, con tutti i suoi diritti, lo abbiamo venduto per quattro e mezzo nomismata d’oro.
Ricevendo da te  compratore nelle nostre mani questa valuta perfetta e senza difetti, abbiamo compiuto una piena e completissima vendita a te, così che tu abbia piena potestà di venderlo, donarlo, scambiarlo ed assegnarlo in dote per i figli, e fare tutto ciò che la legge divina prescrive per i diretti proprietari. Ti rendiamo anche la legittima garanzia contro ogni persona, sia estranea che nostra familiare la quale in qualche circostanza o in qualche tempo si presenti per fare contestazione e reclamare il rigetto di questa vendita, perché noi ci presenteremo e la garantiremo. E se noi non la garantiremo, ma anche similmente cercheremo di contestarla, dovremo essere multati con l’ammenda del doppio del prezzo e presso l’erario di 36 nomismata. Vogliamo che così ci piaccia e che resti la siffatta vendita sicura e irremovibile fino alla fine dei secoli, in presenza di testimoni nell’anno 6654, indizione IX. Scritto per mano di Costantino, notaio del
grande archimandrita.
† Pandulfo testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Lìcastos Agrillitànos testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce di mia propria mano.
† Giovanni, prete, figlio di Kenduclà testimoniando ha sottoscritto di sua propria mano.
† Il figlio di Pietro Callìsto, Leone, testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce di mia propria mano.
† Giovanni figlio di Curàtor testimoniando ho sottoscritto.
† Giovanni notaio e stratega ho sottoscritto.

3. Vendita, giugno 1153.

† Segno di mano di Nicola figlio del defunto Giovanni Chaki. †
† Segno di mano di Ghiusfrè suo fratello.
† Segno di mano di Anastasia moglie del defunto notaio Leone Chaki loro cugino.
† Segno di mano di Giovanni figlio di lei.
Abbiamo tracciato di nostra propria mano le venerande e vivificanti croci in questo documento tutti noi i sopraddetti, compresi i nostri figli e tutti i nostri parenti ed eredi, poiché siamo presenti per vendere di nostra personale volontà e scelta spontanea, esclusa ogni motivazione vietata e dopo precedente esame, i nostri campi siti e presenti presso il fiume di Mèlito che possedeva, sia comperati che ricevuti per donazione, il nostro autentico padre buonanima, come dichiarano le carte, a te, ieromonaco e catigumeno del monastero dell’Archistratega [San Michele, cioè Sant’Angelo] di Tukki, signor Cosma ed al monastero a te sottoposto, per cento tarini d’oro.
Ed il campo posseduto per compera è così delimitato: ad oriente c’è la strada e sbocca nel grande àgrillon [olivo selvatico] e procede in modo diritto verso occidente fino al grande torrente e discende il torrente fino al confine della donazione prebendaria, che è così delimitata: ad oriente la grande strada, ad occidente il torrente, a mezzogiorno il confine di… e a settentrione il confine dei Rusianìti.
Dunque i campi indicati, come anche dichiarano le loro antiche carte, sia comperati che ricevuti per donazione, ambedue abbiamo venduto a te, santo catigumeno signor Cosma ed al venerando e santo monastero a te sottoposto, assieme a tutti gli alberi da frutto che in  essi si trovano e a tutti i diritti. Pertanto dichiariamo che abbiamo ricevuto da te i soprascritti cento tarini, così che, estraniandoci da quei possedimenti, abbiamo fatto per te la presente perfetta vendita affinché il santo monastero li detenga in sua propria potestà e signoria di rivendere, donare, scambiare ed in ogni maniera operare avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Vi rendiamo anche la legittima garanzia contro ogni persona, sia estranea che nostra familiare. Chiunque in qualche circostanza o in qualche tempo da parte nostra o dei figli o fratelli o cugini o parenti o eredi o persone estranee si presenti per chiedere o reclamare il rigetto di
questa vendita, sia multato presso l’erario del potente e santo nostro sovrano e grande re di 72 regate. Vogliamo che così ci piaccia e
che resti la presente vendita sicura e irremovibile. È stato scritto per mano di Giorgio, legale della città di Reggio protetta da Dio,
nel mese di giugno, indizione I, dell’anno 6661 in presenza dei testimoni di fiducia da noi invitati a sottoscrivere:
† Il figlio di Basilio Cathitzìllo, Andrea, ho sottoscritto. †
† Raos figlio del signor protonobilissimo Vono testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Il figlio di Ghiosfrè, Ruggero, sono presente. †
† Teodoro delle Mese notaio, figlio di Leòne Com… ho sottoscritto di mia propria mano. †
† Molès Vothèros testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano. †
† Nicola figlio di Gregorio del defunto Romano testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Notàrios testimoniando ho sottoscritto.
Il figlio di Niceforo Canikìca, Callu, ho sottoscritto di mia propria mano. †
† Scholàrios, il figlio di Ruggero Mimùni testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano. †
† Il figlio di Giovanni Garsìfa, Nicola, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano. †
†Giovanni Calùmenos sono presente, testimoniando ho sottoscritto. †
† Giovànni figlio di Leone Mesimèri sono presente ed ho sottoscritto di mia propria mano. †
† Il figlio di Mesimèri, Nicola, ho sottoscritto di mia propria mano.
† Basilio figlio piccolo di Filippo Chaki presente in questa vendita testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce di mia propria mano.

4. Vendita, 20 settembre 1154.

† Segno di mano di Chu [Ugo] figlio di Arnaldo Keramìa.
† Segno di mano di Anna sua moglie.
Io sopra registrato Chus [Ugo] assieme a mia moglie Anna, i quali abbiamo tracciato in questo documento i segni della veneranda e vivificante croce, comprendendo anche i nostri figli, parenti ed eredi, siamo presenti per vendere con nostra propria decisione e libera volontà a te, signor Luca e grande archimandrita dell’illustre monastero del Salvatore, i nostri campi che si trovano e sono siti in località detta di Listì [Ladrone], che abbiamo acquistato da Arcadio denominato Teodoto e da Giovanni Malàra e da Pandolfo Vardùcho e Nicola Dimitrà e Giorgio Dimitrà e Melachrìno nipote di Spathàri e Arcadio Malàra e Scolario sacerdote e Giovanni suo figlio. La loro delimitazione è tale: ad oriente il grande torrente, il piede di Mesodèra e sale la valle fino alla fonte detta Zondanì [Viva] e attraversa prima fino al Kukùtzin [o è nome comune: cocuzzolo?] alla mandria [?: termine greco a me ignoto, scritto “bousirikèn” letto “vusirikìn”; per il prof. Franco Mosino, interpellato telefonicamente: “giuggiole del bue”?] di Listì  e attraversa la “vusirikì” fino a Ellàda [Grecia] al di sopra di Cassarìo e discende la valle fino alla confluenza dei torrenti di Mesudàra fino a Cropanì e sale il torrente da dove ha avuto inizio. Egualmente assieme a questi campi vendiamo a questo monastero altri campi che abbiamo comprato da Basilio di Charirìa e da Basilio suo nipote e da Leone figlio di Giovanni Chalkeopùllo e da Teodoro suo fratello e da Notarìo di Christofòro in località detta di Listì dall’eredità di Anna; e di questi la delimitazione è tale: verso oriente il torrente di Mesodèra e sale il torrente verso settentrione fino alla strada del Listì e scende la strada verso occidente fino al Kukùtzin fino al confine dello stesso compratore, che aveva comprato dagli eredi e scende verso mezzogiorno dalla parte di Zondimèo fino al torrente da dove ha fatto inizio. Tutti questi campi abbiamo venduto come è stato detto sopra al pio monastero del Salvatore per trenta tarini. Dichiariamo che abbiamo ricevuto questi tarini nelle nostre mani perfetti e senza difetti. Abbiamo fatto al santo  monastero una vendita perfetta e completissima affinché li abbia dall’odierno giorno e ora in sua potestà di venderli, donarli, scambiarli e tutto ciò che la divina norma prescrive ai diretti padroni.
E rendiamo a te anche la garanzia legale da ogni persona straniera e anche familiare e se qualcuno di noi si porti in qualche tempo o anno da parte nostra per fare molestia o opposizione riguardo questa vendita verserà all’erario 36 nomismata; e vogliamo che così ci piaccia e che questa vendita rimanga perfetta e inconcussa ed essa anche è stata scritta con la mia mano, del modesto Teodoro protopapa nell’anno 6662, indizione II, nel mese di settembre giorno 20, in presenza di validi testimoni.
† Melachrinòs nipote di Spathàri testimonio.
† Arcadios Malàras testimonio.
† Giovanni Raptis testimonio.
† Notàrios di Christofòro testimonio.
† Giovanni figlio del prete Scolario testimonio.
† Basìlio di Omorfoghèni testimonio.
† Nikìtas Calodìkis testimonio.
† Nicòla di Theofàne testimonio.
† Giovanni Fasannèllos testimonio.
†Leòne Evlàmbis testimonio.
† Cristoforo Nistàzos testimonio.
† Leone figlio di Gregorio Duca testimonio.
† Theodoro Polìtis testimonio.
† Giovanni Castellìtos testimonio.
† Arcadio figlio di Leone Teodòto testimoniando ho sottoscritto.

5. Vendita, anno 1154-1155.

† Segno di mano di Costantino Fandasmèno.
† Segno di mano di Calokìro [buon signore] figlio di Leone Mandaràni.
† Segno di mano di Costantino Stravò [storto, oppure guercio].
Noi, sopra dichiarati, che in questo documento abbiamo tracciato i segni delle venerande e vivificanti croci, compresi anche i miei figli
parenti ed eredi, siamo presenti di nostra propria decisione e volontà per vendere la nostra parcella di canneto assieme anche al campo
incolto che si trova in quella chiusa che c’è nella località detta “al mulino di Ghelàsi” [virgolette aggiunte da me]. Questo canneto assieme
al campo incolto, come si è detto, lo vendiamo al pio monastero del Salvatore ed a chi lo dirige, il signor Luca e grande archimandrita per 3
tarini, che dichiariamo di aver ricevuto dall’economo signor Atanasio nelle nostre mani perfetti e senza difetti. Abbiamo fatto questa
sincera e perfetta vendita, affinché l’abbia da ora per sempre in sua potestà e signoria di rivendere, donare, scambiare e tutto ciò che
la divina legge prescrive per i diretti proprietari. Ti rendiamo anche la legittima garanzia contro ogni persona, sia estranea che nostra
familiare e se qualcuno si porti in qualche tempo o anno da parte nostra per fare molestia o opposizione riguardo questa vendita verserà
all’erario 12 nomismata; e vogliamo che così ci piaccia e che questa vendita rimanga perfetta e immutabile ed essa anche è stata scritta per
mano del modesto Teodoro protopapa nell’anno 6663, indizione III, in presenza di testimoni.
† Teodoro Chalkeòpullos testimonio.
† Leone, prete, figlio di Sergio Apitzàno testimoniando ho sottoscritto.

† Sergio figlio del giudice Filippo testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Giovanni Drogòris testimoniando ho sottoscritto.
† Nicola di Teofàne ho sottoscritto, testimoniando, la veneranda croce di mia propria mano.
† Giovanni figlio di Leone Venetzù testimoniando ho sottoscritto.
† Arcadios Pappavòas [pappa buoi] ho sottoscritto la croce.

6. Vendita, aprile 1155.

† Segno di mano di Leone denominato Venetzòs.
† Segno di mano di Teodoro suo fratello.
Io il sopra scritto Leone assieme al mio fratello Teodoro, che in questo documento abbiamo sottoscritto i segni della veneranda e vivificante croce, comprendendo anche i nostri figli e i nostri propri fratelli ed eredi: poiché siamo presenti di nostra propria decisione e spontanea scelta esclusa ogni motivazione vietata, e con il previo esame di tutti i nostri parenti e fratelli, per vendere al pio monastero del Salvatore di Messina ed, in esso, al santissimo e grande archimandrita signor Luca il quarto della chiusa del canneto che si trova presso il mulino di Ghelàsi assieme anche alla particella del quarto del campo che si trova nella stessa chiusa. Questa nostra parte, così come è delimitata, con tutti i suoi diritti, l’abbiamo venduta al santo monastero ed al suo santissimo e grande archimandrita per cinque tarini d’oro, che anche dichiariamo di avere ricevuto dalle mani del piissimo economo signor Atanasio nelle nostre mani integri, senza difetti e a noi soddisfacenti. Abbiamo fatto a te la presente perfetta e completissima vendita così che il santissimo monastero abbia la suddetta nostra parte del canneto da ora e in tutti gli anni successivi in propria potestà e signoria di rivendere, donare scambiare e operare in qualsivoglia maniera, avendo ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Ti rendiamo anche la legittima garanzia da ogni persona straniera o familiare. Chiunque si porti in qualche tempo o anno da parte nostra o di alcune persone estranee per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita verserà all’erario la multa di 10 nomismata. Vogliamo che così ci piaccia e che resti la presente vendita sicura e irremovibile fino alla fine dei secoli. Essa è stata scritta per mano di Giovanni figlio di Leone Venetzù nel mese di  aprile indizione III il 1155, in presenza di testimoni.
† Il figlio di Teodoro Rodocàllo, Costantino, trovandomi presente ho sottoscritto come testimonio di mia propria mano.†
† Costantino Spartìllos testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce.

7. Vendita, anno 1156.

† Segno di mano di Giovanni detto Chaki.
† Segno di mano di Arcadio suo figlio.
† Segno di mano di Varsàcio suo fratello †.
Noi sopra elencati che in questo documento sottoscriviamo di propria mano i segni delle venerande e vivificanti croci siamo presenti per nostra propria decisione e volontà, esclusa ogni motivazione vietata e dopo precedente esame, per vendere i nostri campi che abbiamo comprato da Andrea detto Vocùlo [bovaro] e che si trovano siti nella località detta Agoràs [del mercato], al pio ed illustre monastero del Salvatore di Messina ed al suo dirigente signor Luca e grande archimandrita. La confinazione di questi campi è così: ad oriente il ruscello e ad occidente un altro ruscello e a borea [nord] la strada e la croce di San Marco e a mezzogiorno il Putzorràctis [pozzo franato?] e chiude. Questo campo, come è stato indicato e delimitato, lo abbiamo venduto al detto monastero per sette tarini, che dichiariamo di aver ricevuto dalla mano del signor Atanasio ed economo dei Tukki nelle nostre mani perfetti e senza difetti. Abbiamo fatto questa sincera e
perfetta vendita perché l’abbia il pio monastero da ora e fino a tutti gli anni successivi per sempre in propria potestà e signoria di rivendere, donare, scambiare e fare in ogni modo e quanto la legge divina prescrive agli stessi padroni. Rendiamo anche la legale garanzia da ogni persona, straniera o familiare, e se qualcuno di noi si presenti in qualche tempo o anno per fare contestazione o opposizione sopra questa vendita, verserà all’erario 12 nomismata. E vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita sicura e inconcussa, quale è stata scritta per mano di Teodoro, modesto protopapa, nell’anno 6664, indizione IV in presenza di testimoni.
† Leone Evlàmbis testimonio.
† Romano di Teofàne testimonio.
† Nicola di Teofàne testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce.
† Lìcasto del fu protopapa di Tukki testimoniando ho sottoscritto † .
† Nikìtas modesto sacerdote, il figlio di Àravos [arabo] sono presente e ho sottoscritto di mia propria mano.
† Leone figlio di Lìcasto Agrillitàno testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† I campi di cui sopra hanno l’estensione di 2 gumària † .

8. Vendita, giugno 1156.

† Segno di mano di Leone denominato Evlàmbi † .
† Segno di mano di Maria sua moglie † .
† Segno di mano di Giovanni loro figlio † .
Noi soprascritti, che con le nostre proprie mani abbiamo tracciato le venerande e vivificanti croci in questo documento, comprendendo anche gli altri nostri figli, parenti ed eredi e fratelli, poiché siamo presenti con spontanea nostra decisione e schietta volontà e determinazione esclusa ogni motivazione vietata e dopo anche precedente esame di tutti i nostri eredi e parenti per vendere all’augustissimo santo e illustre grande monastero del Salvatore di Messina ed al suo santissimo dirigente e grande archimandrita signor Luca i nostri campi che abbiamo ad Agorà [mercato] come eredità dai nostri padri e compera nella stessa località, dei quali le delimitazioni ed i contrassegni sono i seguenti:
ad oriente il torrente di San Marco, in cui si trova anche la croce, e da occidente come scende la valle e sbocca nel torrentello e da settentrione la strada e da mezzogiorno dalla parte superiore delle aie fino al torrente e chiude. Questi campi, come sono stati indicati e delimitati, con tutto il loro diritto, abbiamo venduto al santo monastero per tarini 30, che dichiariamo di avere ricevuto dalle mani del piissimo economo signor Atanasio nelle nostre mani perfetti e senza difetti e a noi soddisfacenti. Abbiamo fatto la presente perfetta e completissima vendita perché li abbia il santo monastero da ora e fino a tutti e ininterrotti anni in propria potestà di rivendere, donare, scambiare ed in ogni maniera operare avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la legittima garanzia contro ogni persona, sia estranea che nostra familiare. Chiunque si presenti mai da parte nostra o di parenti o di alcune persone estranee per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, verserà all’erario l’ammenda di 36 regate. Vogliamo che così ci piaccia e che resti la presente
vendita sicura e irremovibile. Essa è stata scritta per mano di Costantino Rodocàllo nel mese di giugno indizione IV l’anno 6664 in presenza di testimoni.
† Nicola il figlio di Teofàne testimoniando ho sottoscritto la croce di mia propria mano † .
† Leone figlio di Licàsto Agrillitàno testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano † .
† Nikìta modesto monaco di Aràvo [Arabo] sono presente ed ho sottoscritto di mia propria mano  .
† Nicola Fotitzìs testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano .
† Lìcasto del fu protopapa di Tukki testimoniando ho sottoscritto† .
† Segno di mano …
† Nicola Adrianìtis testimoniando ho sottoscritto la croce† il campo di cui sopra consiste di 7 gumàri † .
† Basilio Adrianìtis testimoniando ho sottoscritto la croce† .
† Nicola figlio di Leone Effimìo testimonio † .
† Leone Kellàris [celliere] testimoniando ho sottoscritto  .
† Teodoro Adrianìtis testimoniando ho sottoscritto la croce † .

9. Vendita, 12 luglio 1157

† Segno di mano di Goìdo figlio di Costa Varva  .
† Segno di mano di Olùs sua moglie.
Noi soprascritti, che di propria mano abbiamo tracciato in questo documento i segni della veneranda e vivificante croce, poiché siamo presenti per nostra decisione e volontà, esclusa ogni motivazione vietata, per vendere a te, signor Cristoforo Nistàzo [nistàzon = dormiente] il nostro campo che in precedenza aveva comprato il nostro padre, il papàs Giovanni di Curàtoro [amministratore], da Calì [buona], figlia di Leone Foremèno [portato] nella località detta Chrima [tesoro]. La sua confinazione è così: ad oriente l’àgrillo [ulivo selvatico] e sale dal pàrippo [cavallo di seconda qualità] e sbocca nell’alòni [aia] e da qui nel campo di Costantino Foremèno e discende questo confine da occidente fino al confine degli altri nostri campi. Questo campo, come è stato indicato e delimitato, vendiamo con ogni suo diritto a te, sopra scritto signor Cristoforo per tarini otto, che anche dichiariamo di aver ricevuto dalle tue mani nelle nostre mani perfetti e senza
difetti. Abbiamo fatto a te una perfetta e completissima vendita perché tu lo abbia da ora e fino a tutti i successivi e ininterrotti anni per rivendere, donare, scambiare, ascrivere come dote ai figli e quanto la legge divina prescrive agli stessi padroni avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la legittima garanzia contro ogni persona, sia estranea che nostra familiare. Chiunque si presenti mai da parte nostra o di parenti o di alcune persone estranee per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita,  sia multato presso l’erario di 3 regate. Vogliamo che così ci piaccia e che resti la presente vendita sicura e irremovibile. Essa è stata scritta per mano di Costantino e notaio della corte del grande archimandrita nel mese di luglio giorno 12 indizione V dell’anno 6665 in presenza di testimoni.
† Leone figlio di Giovanni Coràtoro testimoniando ho sottoscritto  .
† Leone Kellàris testimoniando ho sottoscritto .
† Lìcasto figlio del protopapa di Tukki testimoniando ho sottoscritto la croce ed il nome† .
† Teodoro modesto protopapa testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.

10. Vendita, febbraio 1158.

† Segno di mano di Leone Evvlàpi .
† Segno di mano di Giovanni, suo figlio† .
Io, Leone, indicato nello scritto, che ho tracciato di mia propria mano in questo documento la veneranda e vivificante croce, poiché sono presente di mia propria decisione e volontà, esclusa ogni motivazione vietata, e dopo anche precedente esame di tutti i miei eredi e fratelli per vendere al pio ed illustre grande monastero del Salvatore di Messina ed in esso al santissimo e grande archimandrita, il signor Luca, il mio campo che si trova ed è sito nella località detta Àrkena, la cui delimitazione è così: ad oriente i campi del signore e ad occidente il colle ed a settentrione il campo di Leone Tromàrcho come scende dalla sella e dalle due pietre sotto la sella e sbocca nella pietra grande per via diretta fino ai campi del signore ed a mezzogiorno i campi del signore denominati di Cropanì [letamaio] di Ptelitàno e chiude. Questi campi, sia coltivi che incolti, pietrosi e rocciosi, abbiamo venduto per 16 tarini, i quali dichiariamo di aver ricevuto dalle mani del piissimo economo signor Atanasio nelle nostre mani perfetti e senza difetti. Abbiamo fatto la presente perfetta
e completissima vendita perché il santo monastero li abbia da ora e fino a tutti i successivi anni per rivendere, donare, scambiare, e in ogni maniera operare avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la legittima garanzia contro ogni persona, sia estranea che nostra familiare. Chiunque si presenti mai per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita,  sia multato presso l’erario di 36 regate. Vogliamo che così ci piaccia e che resti la presente vendita sicura e irremovibile. Essa è stata scritta per mano di Costantino Rodocàllo nel mese di febbraio indizione VI dell’anno 6666, in presenza di testimoni.
† Andrea Kellàris testimoniando ho sottoscritto  .
† Nikìta di Aràvo modesto sacerdote sono presente e ho sottoscritto † .
† Nikìtas Polìtis [costantinopolitano] testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce† .
† Il figlio di Nikìtas e sacerdote modesto Giovanni testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Lìcasto figlio del protopapa testimoniando ho sottoscritto la croce e il nome † .
† Nicola Tavernìtis testimoniando ho sottoscritto .
† Il figlio di Eustàzio Tzuccalàs [pignataro] testimoniando ho sottoscritto † .
† Pietro Rìzicas testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce †  .
† Leone figlio di Sisinnio Faraclò testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce di mia propria mano .

11. Vendita, senza data (ma dopo il 1155).

† Segno di mano di Teodoro denominato Tigàni.
† Segno di mano di Varsakìo figlio di Nicola Tigàni.
† Segno di mano di Calokìro Moschianìsi.
† Segno di mano di Leone figlio di Teodoro Moschianìsi.
† Segno di mano di Giovanni suo fratello.
Noi che abbiamo sottoscritto con le nostre mani i segni della veneranda e vivificante croce, siamo presenti con nostra personale decisione e compiacenza per vendere a te, Nicola Rutèllo, il nostro campo che abbiamo ad Ombro [nota nel verso del foglio: a Varichòra], la cui confinazione è così: ad oriente il confine di Basilio, che detiene Cafìzis, ad occidente lo stesso compratore, a settentrione il confine di Giovanni Scanghìpo e a mezzogiorno lo stesso compratore. Questo campo come è stato delimitato abbiamo venduto a te, il già indicato Nicola, per 4 tarini e avendoli ricevuti perfetti e senza difetti e a noi soddisfacenti abbiamo fatto a te una perfetta e completissima vendita così che tu lo abbia in tua propria potestà e autorità di vendere, donare, scambiare e scriverlo in dote dei figli avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Ti rendiamo anche la legittima garanzia contro ogni persona, sia estranea che nostra familiare. Chiunque in qualche circostanza o in qualche tempo si presenti per fare contestazione o rimozione di questa vendita verserà all’erario 12 nomismata. E vogliamo che così ci piaccia e che resti la presente vendita sicura e inconcussa in presenza di stimabili testimoni. Essa è stata scritta di proprio pugno da me Giovanni Damaskinòs, per incarico del notaio Costantino e tabulario della corte del grande archimandrita.
† Nicola (…)lèris testimonio †  .
† Il figlio di Teodoro Rodocàllo, Costantino, e al giorno d’oggi modesto notaio della corte del grande archimandrita ho sottoscritto di mi

a propria mano.

12. Vendita, anno 1162-1163.

† Segno di mano di Nicola figlio di Calì [bella] denominato Adraniti [abitante di Adrano].
† Segno di mano di Teodoro (mancano circa 10 lettere) .
† Segno di mano di Basilio loro fratello.
† Segno di mano di Leone loro fratello.
† Segno di mano di Agapito loro fratello.
Noi sopra scritti che abbiamo preposto di propria mano in questo documento i segni della veneranda e vivificante croce, comprendendo anche i nostri figli, parenti ed eredi, siamo presenti con nostra spontanea decisione e volontà per vendere al sacro e pio monastero del santo e glorioso apostolo Bartolomeo di Silipingo ed al suo dirigente signor Nicodemo il nostro campo che si trova ed è sito nella località detta Clìvano [teglia; forno], la cui confinazione è così: ad oriente il campo dello stesso santo monastero e ad occidente la sella detta e conosciuta come Liva [libeccio] e scende la valletta fino al grande torrente e a settentrione l’acròcambo [campo superiore], a mezzogiorno il confine dei figli di Calòkiro Vurrikèllo e chiude. Questo campo, dunque, come è stato indicato e delimitato, con ogni suo diritto, abbiamo venduto a te, sopra indicato signor Nicodemo, ed al santo monastero di tua competenza, per sedici tarini aurei, che dichiariamo
di aver ricevuto dalle tue mani nelle nostre mani perfetti e senza difetti.  In riguardo a ciò  anche abbiamo fatto una vendita perfetta e completissima perché l’abbia il santo monastero da ora e fino a tutti gli anni successivi e ininterrotti in proprio uso e potere potestà di rivendere, donare, scambiare e quanto la legge divina prescrive agli stessi padroni. Ti rendiamo anche la legale garanzia o diritto di  rivendica da ogni persona, straniera o familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 12 nomismata. E vogliamo che così ci piaccia e che resti la siffatta vendita sicura e irremovibile (…) 6671, indizione 11, in presenza di testimoni di fiducia.
† Mulès Rapanàs, che al giorno d’oggi (…), ho sottoscritto † .
† Anastasio Melachrinòs [dai capelli neri] testimoniando ho sottoscritto† .
† (…) Mandarànis, il fabbro, testimoniando ho sottoscritto††.

13. Vendita, anno 1164-1165.

† Segno di mano di Varsàcio Chaki, che ha tracciato di propria mano in questo documento il segno della veneranda e vivificante croce. Sono presente per mia propria decisione e volontà, esclusa ogni motivazione vietata, dopo anche precedente esame di tutti i nostri eredi e parenti, per vendere al pio e illustre grande monastero del Salvatore ed a chi è in esso dirigente, il signor Onùfrio e grande archimandrita, il nostro campo che si trova ed è sito presso i Sicaminà [Gelsi], dentro la Cultura. La sua delimitazione: ad oriente il torrente e ad occidente i campi patronali [greco: despoticà] e a settentrione i campi patronali, che il santo monastero possiede da Trìcaco [tre volte cattivo], e a mezzogiorno i campi patronali. Questo, dunque, come è stato indicato e delimitato, l’ho venduto al detto santo monastero per cinque tarini d’oro, che riconosco di aver ricevuto dalle tue mani, piissimo e grande economo dei Tukki, signor Elia, nelle nostre mani perfetti e senza difetti e a noi soddisfacenti. Ho fatto a te una vendita perfetta e completissima perché l’abbia il santo monastero da questo giorno e questa ora in sua potestà e autorità di rivendere, donare, scambiare e fare in ogni maniera
avendone ricevuto da noi la potestà e l’autorità. Rendo anche la legale garanzia da ogni persona, straniera e anche familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 36 rigata. E vogliamo che così ci piaccia e che resti la siffatta vendita sicura e irremovibile fino alla fine dei secoli. Essa è stata scritta l’anno 6673 in presenza di testimoni. È stata scritta per mano di Gregorio figlio di Nicola Duca al giorno d’oggi notaio della corte del grande archimandrita.
† Il modesto sacerdote Costantino testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano† .
† Giovanni Fasianello testimoniando ho sottoscritto††.
† Leone Kellàris testimoniando ho sottoscritto.
† Leone Canìcas ieromonaco testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano .
† Leone Fandasmènos [apparso] testimonio.

14. Vendita, anno 1164-1165.

† Segno di mano di Basilio figlio di Nicola Rapanà.
† Segno di mano di Costa Gallikianòs e della sua moglie.
Noi, sopra registrati, che di propria mano abbiamo tracciato su questo documento i segni della veneranda e vivificante croce, siamo presenti per nostra propria decisione e volontà, esclusa ogni motivazione vietata e dopo anche precedente esame di tutti i nostri coeredi e parenti, per vendere al pio e illustre grande monastero del Salvatore di Messina ed al santissimo dirigente che vi si trova, signor Onùfrio e grande archimandrita, il nostro campo che si trova ed è sito a Traghinarìe di fronte ai gelsi della cultura patronale e la cui confinazione è così:
ad oriente il confine dei figli di Politìa [cittadina di Costantinopoli] e ad occidente la confluenza dei torrenti in mezzo ai campi patronali e a settentrione i campi dei Condàdi che ha comprato il santo monastero e a mezzogiorno i campi del santo monasteroi e chiude. Questo, come è stato indicato e delimitato, lo abbiamo venduto al detto santo monastero per tarini diciotto che dichiaro di aver ricevuto dalle tue mani, del piissimo e grande economo dei Tukki signor Elia, nelle nostre mani, perfetti e senza difetti e a noi soddisfacenti. Abbiamo fatto questa vendita compiuta con buona volontà perché l’abbia il santo monastero da questo giorno e questa ora in sua potestà e autorità di rivendere, donare, scambiare e fare in ogni maniera avendone ricevuto da me la potestà e l’autorità. Rendiamo anche la legale garanzia da ogni persona, straniera e anche familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 36 rigata. E vogliamo che così ci piaccia e che resti la siffatta vendita sicura e irremovibile fino alla fine dei secoli. Essa è stata scritta per mano di Gregorio figlio di Nicola Duca l’anno 6673 in presenza di testimoni.
† Giovanni Castellìtos testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano la veneranda croce .
† Leone Kellàris testimoniando ho sottoscritto.
†Cristoforo Nistàzos [sonnolento] testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano la veneranda croce †.
† Leone Castellìtos testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano la veneranda croce † .
† Il modesto sacerdote Costantino testimoniando ho sottoscritto.
† Giorgio Maravìlias testimoniando ho sottoscritto††.

15. Prestito dietro pegno, anno 1164-1165.

† Segno di mano di Basilio figlio di Michele Papà.
† Segno di mano di Nikìta suo fratello.
† Segno di mano di Giovanni loro fratello.
† Segno di mano di Nicola loro fratello.
Noi, sopra scritti, che di propria mano abbiamo sottoscritto su questo documento i segni della veneranda e vivificante croce, siamo presenti per nostra propria decisione e volontà, e del tutto senza violenza o inganno, per dare in ipoteca al santo e pio monastero illustre del Salvatore ed in esso al santissimo dirigente padre nostro e grande archimandrita signor Onùfrio il nostro minuscolo campetto che si trova ed è sito nella città di Tukki nella località denominata Cambanarìes nella parte di sopra della strada. Questo campetto, dunque, come si è detto, lo diamo in ipoteca al santo monastero sopra indicato per quattordici tarini d’oro, che dichiariamo di avere ricevuto dalle mani del piissimo economo signor Elia monaco. Siamo d’accordo su questo, che la chiesa di Cristo sfrutti il campetto per la durata di sei anni e dopo il compimento del sesto anno noi restituiamo i tarini e riabbiamo il campo in periodo di riposo; se invece i tarini stanno da noi oltre il tempo pattuito, noi non abbiamo la facoltà di richiedere l’aiuto della legge ma, come abbiamo detto sopra, avremo il campo quando restituiremo i tarini. Su ciò, per maggiore garanzia, abbiamo fatto la presente scrittura alla santa chiesa perché così ci è piaciuto. Essa anche è stata scritta per mano del modesto sacerdote Costantino nell’anno 6673 in presenza di testimoni.
† Leone Kellàris testimoniando ho sottoscritto  .
† Costantino Maravìlias testimoniando ho sottoscritto † .
† Calokìris Sinàtor testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce.
† Giovanni Castellìtos testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce.
† Gregorio figlio del defunto Nicola Duca testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.

16. Vendita, ottobre 1166.

† Segno di mano di Giovanni, di cognome Rodocàllo.
Segno di mano di Costantino figlio di Teodoro Rodocàllo.
Noi ambedue congiunti, Giovanni e Costantino, che tracciamo di nostra propria mano in questo documento le venerande e vivificanti croci, comprendendo anche tutti i nostri parenti ed eredi, siamo presenti per nostra decisione e volontà, esclusa ogni motivazione vietata, per il motivo di vendere al piissimo ed illustre monastero del Salvatore di Messina il nostro comune possedimento che deteniamo nel distretto di Tukki nella località di Mesopotamìa nella parte bassa della corte, così delimitato: ad oriente la chiusa della vigna del notaio Giorgio, tabulario della città di Reggio, che il detto santo monastero ha comprato da lui; e ad occidente il torrente ed il piccolo podere che ha acquistato il santo monastero di Rutèllo; e a settentrione il campo del detto santo monastero; e a mezzogiorno la chiusa e il campo di Larìono Chalkéo [fabbro]. Pertanto questo possedimento, come è stato indicato e delimitato, con ogni suo diritto insieme anche alla casa
a piano terra ivi esistente e alla vigna e tutti i diritti a noi afferenti, lo abbiamo venduto al detto santo monastero per centoventi tarini, che dichiariamo di aver ricevuto dalle mani del piissimo economo signor Elia nelle nostre mani perfetti e senza difetti e a noi soddisfacenti. Abbiamo fatto la presente perfetta e completissima vendita così che il santo monastero abbia tutto ciò che abbiamo detto da ora e per sempre per rivenderlo, donarlo, scambiarlo e fare in ogni modo avendone il santo monastero ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Chiunque mai si presenti per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 36 regate. Vogliamo che così ci piaccia e che rimanga questa vendita certa e immutabile. Essa è stata scritta per mano  mia, di Costantino Rodocàllo nel mese di ottobre, indizione XIV, anno 6674, davanti a testimoni.
† Io Nicola, infimo dei sacerdoti, sono presente † .
† Giovanni figlio di Nicola Damaskinòs, ieromonaco, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano † .
† Roberto figlio di Michele Callea testimoniando ho sottoscritto † .
† Mulès Rapanàs, il figlio del beato Giovanni, testimoniando ho sottoscritto † .
† Giovanni Calleas testimonio.
† Polièucto modesto sacerdote e protopapa dei Tukki sono presente ho sottoscritto.
†Nikìtas modesto sacerdote di Aràvos testimoniando ho sottoscritto di propria mano.

17. Vendita, novembre 1168.

†Segno di mano di Costa figlio di Basilio Condòs.
Avendo tracciato di mia propria mano in questo documento la veneranda e vivificante croce, comprendendo anche tutti gli eredi e parenti miei: poiché sono presente per vendere al pio e sacro grande monastero del Salvatore di Messina il mio campicello, che posseggo per l’acquisto fatto da mio padre da Vothèro nella località dei Sicamìni [gelsi] di fronte alla corte verso oriente; esso è delimitato così: ad oriente la strada e a settentrione il torrente falso [psevdoriàkion] e a mezzogiorno il torrentello [riakìtzin] e si uniscono tutti e due ai piedi di questo campo in una grande strettoia. Questo campo, come è stato indicato e delimitato assieme ad ogni suo diritto, l’ho venduto al detto santo monastero per quattordici tarini e mezzo, che dichiaro di avere ricevuto dalle mani del piissimo economo dei Tukki, signor Elia, integri e senza difetti e a me soddisfacenti nei giorni del santissimo archimandrita signor Onofrio. Ho compiuto la presente e completissima vendita così da rendermi estraniato pienamente e completamente da questo campo e lo detenga il santo monastero con piena potestà di rivenderlo, donarlo, scambiarlo e agire in ogni modo avendone il santo monastero da me ricevuto l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la garanzia legale da ogni persona straniera e anche parente. Chiunque mai si presenti per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 36 regate. Vogliamo che così ci piaccia e resti la presente vendita sicura e immutabile. Essa è stata scritta e registrata di mia mano, di Costantino figlio di Rodocàllo nel mese di novembre, indizione II, anno 6677, in presenza di testimoni.
† Il figlio del defunto Nicola Duca, Gregorio, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano † .
† Polieuto modesto sacerdote e protopapa, presente, ho sottoscritto di mia propria mano.
† Leone Kellàris [celliere] testimoniando ho sottoscritto.
Leone Fandasmènos [apparso] testimoniando ho sottoscritto.
† Leone figlio di Licàsto Agrillitàno testimoniando ho sottoscritto.
Lìcasto figlio di Nikìta Calodìki [buon giudice] testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.

18. Vendita, anno 1169-1170

† Segno di mano di Leone, figlio di Nicola Gonicàri.
Io, il soprascritto Leone, che ho anche tracciato di mia propria mano la veneranda croce, sono presente per mia propria decisione e volontà senza nessuna motivazione vietata e dopo anche il precedente esame di tutti i miei eredi e parenti, per vendere al pio e illustre grande monastero  del Salvatore di Messina e in esso al santissimo archimandrita signor Onofrio il mio campo, che  lo stesso santo monastero anche possiede in affido, in località Traghinarìes, così delimitato: ad oriente il campo di Nicola Vagalà e mio parente, che anche questo ha comprato il santo monastero e ad occidente e a settentrione il campo padronale che anche tiene in cambio il santo monastero dal notaio Gregorio e a mezzogiorno il torrente falso [psevdorìax] e il campo padronale. Questo, così come è stato delimitato, l’ho venduto al detto santo monastero per venti tarini d’oro, che ho ricevuto dalle mani del piissimo economo dei Tukki signor Elia sani e senza difetti e di mio gradimento. Ho fatto una perfetta e completissima vendita, affinché il santo monastero li abbia da ora e in tutti gli anni successivi e ininterrotti in piena potestà e autorità di rivendere, donare, scambiare e fare in ogni modo avendone ricevuto da me l’autorità e la potestà.
Rendiamo anche la garanzia legale da ogni persona straniera o familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita sia multato presso l’erario di 36 regate. E vogliamo che così ci piaccia e che resti questa vendita certa e immutabile per sempre. Essa è stata scritta per mano di Gregorio figlio di Nicola Duca nell’anno 6678 in presenza di testimoni.
† L’infimo di tutti i mortali Costantino di Rodocàllo testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Notàrios figlio di Nicola Gonicàri e cugino del venditore ho sottoscritto di mia propria mano la veneranda croce † .
† Roberto figlio di Michele Callèa testimoniando ho sottoscritto.
† Giosfré Cusendìnos testimoniando ho sottoscritto † .
† Giovanni Callèa testimonio.

19. Vendita, anno 1169-1170

† Segno di mano di Costantino e di cognome noto come Alikianìsis.
† Segno di mano di Nicola suo figlio.
Noi sopra scritti i e che in questo documento tracciamo di nostra propria mano i segni e la forma della vivificante e veneranda croce sotto questo atto da noi compiuto, vogliamo e confermiamo, quale compiuta nostra propria volontà e decisione, senza assolutamente alcuna costrizione o violenza o inganno ma con tutto il beneplacito e la nostra unanime determinazione, compresi anche gli altri miei figli, per cui siamo presenti per vendere la nostra vigna, che possediamo per compera dalla mia suocera nota come moglie di Nicola Rapanà e dal suo figlio e mio genero Basilio, nella città dei Tukki, accanto al podere del nostro signore Candùri. Dunque vendiamo a te, onorevolissimo ed onoratissimo capo, signor Candùri, questa vigna la cui confinazione ed i cui contrassegni sono questi: ad oriente la strada e ad occidente il confine di Socàri, a mezzogiorno la vigna tua, capo e stesso compratore, dalla parte di settentrione la strada che scende e chiude. Questa vigna, dunque, come è stata indicata e delimitata, con ogni suo diritto ed insieme agli alberi da frutta che vi si trovano, abbiamo venduto a te, sopra indicato nobilissimo capo signor Guglielmo per quaranta tarini d’oro e un gumario di orzo, e questi dichiariamo di aver ricevuto dalle sue riverite mani nelle nostre mani perfetti e senza difetti e di nostro piacimento. Parimenti per ulteriore certificazione ti abbiamo dato anche la nostra carta di acquisto e con la presente nostra scrittura abbiamo fatto a te una perfetta e completissima vendita affinché tu l’abbia con piena potestà da oggi e da quest’ora in tuo uso e potere … ai figli, rivendere, donare, scambiare e in ogni modo donare avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Ti rendiamo anche la garanzia legale, cioè la difesa d’autorità da ogni persona straniera o familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno… da parte nostra per chiedere, reclamare o annullare o alienare … (mancano circa 10 lettere) per rigettare questa vendita sia multato presso l’erario per 36 nomismata.
E vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita … (mancano circa 10 lettere) inconcussa. Essa è stata scritta per mano del modesto sacerdote Costantino e chierico cappellano di … (mancano circa 10 lettere) nell’anno 6678 in presenza di cercati onorati e fidati testimoni.

† Il figlio del defunto Calokìro [buon signore] Rapanà, Molès, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Il figlio del defunto Giorgio Calipolìto, Giovanni, testimonio.
† Mulès Rapanàs testimoniando ho sottoscritto † .
† Teodoro modesto sacerdote … testimoniando ho sottoscritto.
† L’infimo dei sacerdoti Nicola sono presente e con la mia mano ho sottoscritto † .

20. Vendita, 12 gennaio 1170

† Segno di mano di Leone di cognome Tornàtor genero di Basilio Rodocàllo che discende dall’eredità di Pr….
† Segno di mano di Lentò, sua moglie.
† Segno di mano di Anna, sua sorella.
† Segno di mano di Giovanni, suo figlio.
I quali tracciamo con le nostre mani in questo documento le venerande e vivificanti croci, poiché siamo presenti di nostra propria decisione e volontà, esclusa ogni motivazione vietata, per vendere all’illustre e grande monastero del Salvatore di Messina, nei giorni del santissimo archimandrita di questo monastero signor Onofrio, il nostro campo, che prima tenevamo come vigna, che si trova sito nella località detta il torrente [riax] di San Giorgio, così delimitato: ad oriente il torrente e ad occidente il campo di Cassonàri, che egli detiene in cambio da Nicola Adranìti e a mezzogiorno il falso torrente [psevdoriàkion] e il confine dei Vulendàdi e a settentrione il suddetto grande torrente. Questo campo, come è stato indicato e delimitato, con ogni suo diritto, lo abbiamo venduto al detto pio ed illustre grande monastero del
Salvatore di Messina per cinque tarini, che dichiariamo di aver ricevuto dalle mani del piissimo economo del distretto di Tukki, signor Elia, integri e senza difetti e di nostro gradimento. Abbiamo fatto per il santo monastero una perfetta e completissima vendita affinché il santo monastero l’abbia da ora e per sempre così che (lo possa) rivendere, gratificare, scambiare, donare e fare in ogni modo avendone da noi ricevuto il santo monastero l’autorità e la potestà. Rendiamo questo monastero, dico, (garantito) da ogni persona straniera e anche familiare. Chiunque mai si presenti per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 36 regate. Vogliamo che così ci piaccia e che questa vendita resti sicura e immutabile. Essa è stata scritta per mano mia, di Costantino Rodocàllo il 12 del mese di gennaio, indizione III, anno 6678, in presenza di testimoni.
† Leone Kenduclàs testimoniando ho sottoscritto.
† Leone Kellàris ho sottoscritto testimoniando di mia propria mano.
† Calokìris figlio di Nicola Eufìmi testimoniando ho sottoscritto.
† Giovanni modesto sacerdote di Damaskinò testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano † .
† Teodoro figlio di Papacòsta [prete Costantino] Cutzukèlo [cavallo zoppo?] e visconte del sovrano arcivescovo testimoniando ho sottoscritto
la croce di mia propria mano.
† Basilio di Cassonàri testimoniando ho sottoscritto la croce † .

21. Vendita, gennaio 1170.

† Segno di mano di Giovanni, figlio di Nicola Caravàri.
† Segno di mano di Costantino Aschìmo [brutto] genero di Caravàri.
† Segno di mano di Chrisì [aurea] sua moglie.
† Segno di mano di Anna, moglie del defunto Teodosio Chalkeopùllo [figlio del fabbro].
† Segno di mano di Irene, moglie di Basilio Caravàri.
Tracciando le venerande e vivificanti croci con le nostre proprie mani in questo documento, comprendiamo anche tutti i nostri parenti ed eredi. Poiché siamo presenti con nostra propria decisione e volontà, esclusa ogni motivazione vietata, per vendere all’illustre e grande monastero del Salvatore di Messina nei giorni del santissimo e grande archimandrita dello stesso grande monastero, signor Onofrio, il nostro campo, che si trova ed è sito nella località del torrente di San Giorgio, così delimitato: ad oriente il campo dei Tricanòni [tre canoni] e ad occidente il campo di Giovanni Markianò e a settentrione il torrente e a mezzogiorno il falso torrente [psevdorìax] in cui c’è il campo dei Politàni. Questo, come è stato indicato e delimitato, con ogni suo diritto, l’abbiamo venduto al detto santo monastero per dieci tarini, che dichiariamo di avere ricevuto dalle mani del piissimo economo dello stesso paese [chora, che significa territorio, paese o anche città,
come Bova] di Tukki, signor Elia, integri e senza difetti e di nostro piacimento. Abbiamo fatto per il santo monastero la presente perfetta e completissima vendita, affinché l’abbia il santo monastero da ora e in tutti gli anni [chronus, che significa anche tempi] successivi per rivendere, gratificare, scambiare, donare e fare in ogni modo avendone il monastero ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la garanzia legale da ogni persona straniera o familiare. Chiunque mai si presenti per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 36 regate. Vogliamo che così ci piaccia e che questa vendita resti sicura e immutabile. Essa è stata scritta per mano di Costantino Rodocàllo nel mese di gennaio, indizione III, dell’anno 6678, in presenza di testimoni.
† Polièucto, modesto sacerdote e protopapa di Tukki, presente ho sottoscritto di mia propria mano † .
† Giovanni, modesto sacerdote di Damaskinèo, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Leone Kellàris ho sottoscritto.
† Nikìtas [vincitore] Polìtis [costantinopolitano] testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce † .

22. Vendita, anno 1172-1173.

† Segno di mano di Giovanni, figlio di Pietro Sangermano.
† Segno di mano di Aretì [virtù], sua moglie.
Noi soprascritti, i quali anche abbiamo di nostra propria mano tracciato sotto, in questo documento, i segni e le forme della santa croce, approviamo e convalidiamo l’atto qui compiuto, come redatto di nostra propria volontà e decisione e senza assolutamente (alcuna) costrizione o violenza, ma con tutto il nostro beneplacito ed unanime determinazione, per cui ci troviamo a vendere al pio ed illustre monastero del Salvatore di Messina ed al suo dirigente signor Onufrio e grande archimandrita il nostro campo che si trova ed è sito a San Filippo, e di cui abbiamo la metà per eredità da Venetzù, l’altra metà per acquisto da Giorgio Maravìlia. La confinazione di questo campo è così: ad oriente i campi ed il confine di Giovanni Sòcari e ad occidente i campi dei figli del prete Giovanni Coràtor [amministratore] e dalla parte di mezzogiorno il confine di Gemèllo, dalla parte di settentrione il confine di Agricòs [selvaggio] e chiude. Questo campo, dunque, come
è stato indicato e delimitato con ogni suo diritto, lo abbiamo venduto al sopra indicato santo monastero per trentadue tarini d’oro, e dichiariamo di averli ricevuti dalle mani del piissimo e grande economo di Tukki, signor Leonzio, nelle nostre mani; per questo, tramite la presente scrittura, abbiamo fatto per te una perfetta e completissima vendita affinché il santo monastero l’abbia da ora e per sempre in suo proprio uso e potere, per donare, scambiare e concedere in locazione, e fare in ogni modo ciò che piaccia, avendone da noi ricevuto l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la garanzia legale da ogni persona straniera e anche familiare comprendendo così anche i miei figli. Chiunque mai si presenti in qualche tempo da parte nostra per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 12 nomismata. Vogliamo che così ci piaccia e che questa vendita resti sicura e inconcussa. Essa è stata scritta per mano del modesto
Costantino nell’anno 6681 indizione VII in presenza dei ricercati, onorevoli e fedeli testimoni.
† Io sacerdote Leone, figlio del protopapa Teodoro testimonio.
† Nicola, figlio di Leone Venetzù ed anche cognato di Giovanni, il venditore, testimoniando ho sottoscritto di mia mano la veneranda croce.
† Il figlio del defunto Calokìris [buon signore] Rapanà, Molès, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano  † .
† Ci sono lì anche 9 peri, che abbiamo anche venduto assieme al campo.
† Io Giovanni, figlio del defunto Giorgio Calipolìto, testimonio.
† Nicola, figlio di Papasèrgio [prete Sergio], testimoniando ho sottoscritto.
† Licasto, il figlio del protopapa, testimoniando ho sottoscritto.
† Calokìris [buon signore], il figlio di Agricòs [selvaggio], testimoniando ho sottoscritto.

23. Donazione, settembre 1173.

† Segno di mano di Maimùni [scimmia] denominato di Chalkìssa [moglie del fabbro].
† Segno di mano di Giovanni, suo fratello.
Poiché è cosa buona ed assai utile all’anima fare ed operare ciò che a Dio piace e molto per Dio e per gli uomini … conveniente, mentre ritorna a disgusto per Dio e per gli uomini compiere cose sciocche ed inique, onde qualcosa anche per …  a noi che siamo sopra indicati si presentò una considerazione che da noi è ritenuta buona anche per gli altri e ci siamo consigliati reciprocamente così che con decisione abbiamo compiuto l’opera, per cui quel piccolo pezzo di vigneto che aveva donato a noi quella beata nostra padrona e signora, e ce ne aveva dato anche la carta scritta, nella località detta Clìvano [forno] che si trova accanto al fiume, noi lo doniamo e lo dedichiamo per espiazione e remissione dei peccati nostri … e dei beati padroni, il signor Sergio e la sua moglie signora Olùs, poiché noi non ce la facciamo a lavorarlo … come si deve. Questo vigneto, come abbiamo detto, lo abbiamo dedicato all’augustissimo e sacro tempio del santo apostolo Bartolomeo, monastero di Silipìngo, essendo lì dirigente il signor catigumeno Nicodemo, figlio del denominato Elia Silipìngo. Noi abbiamo in tal modo indicato i confini del vigneto sopra menzionato: ad oriente il fiume e ad occidente la vigna dei figli del signor Leone e dalla parte di mezzogiorno la vecchia vigna [greco: ipàmbelos] dei figli di Toxia e da quella parte di settentrione il falso torrente [greco: psevdoriàkion] e il confine della stessa chiesa. Avendo dunque in effetti portato bene a compimento questa decisione buona e a Dio accetta e convalidando la presente scrittura con l’apposizione del segno della veneranda e vivificante croce, dichiariamo di avere ricevuto dalla stessa santa chiesa e dalle mani del sopra indicato signor Nicodemo due bestie macellate, queste come contraccambio
secondo le disposizioni di legge. Rendiamo ad essa anche la garanzia di legge. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra per annullare o alienare o violare il dono spiritualmente salutare da noi compiuto, sia maledetto da Dio Onnipotente, il demonio si impossessi di questo scellerato e squarci la sua anima con morte violenta, abbia il biasimo [testo greco: moron, cioè morte, da me interpretato come momon, biasimo] e la contestazione del santo apostolo Bartolomeo; non solo, ma sia sottoposto a pene severe e canoniche. Affinché la presente donazione resti forte e sicura nel secolo permanente, essa è stata anche scritta di mia mano, del modesto sacerdote Costantino e chierico cappellano del grande archimandrita nell’anno … seimila seicento ottantadue, indizione VII, durante il mese di settembre, regnando su di noi Guglielmo, piissimo e possente re, in presenza di testimoni di fiducia.
† Leone Kellàri testimoniando ho sottoscritto.
† Varsàkios Tòxias testimonio.
† Leone Tòxias testimonio.
†Lìcasto del protopapa testimonio † .
†Leone Fandasmènos [apparso] testimonio.
† Gregorio figlio di Nicola Duca testimonio.

24. Vendita, anno 1173-1174.

† Segno di mano di Calokìro di cognome Agricòs detto Vlèchandos.
† Io che di mia propria mano ho tracciato in calce a questo documento il segno della veneranda e vivificante croce … di mia spontanea decisione e volontà e senza assolutamente alcuna costrizione o violenza, ma con tutto il beneplacito e l’unanimità mia … comprendendo anche i miei figli ed i miei propri eredi, sono presente per vendere al pio ed illustre monastero del Salvatore ed a chi in esso lo dirige, signor Onòfrio e grande archimandrita, il nostro campo per quanto mi riguarda presso Santa Ciriaca [Santa Domenica]. È così delimitato: ad oriente i pàrippi [ronzini; vedi documento n. 9] e ad occidente il falso torrente [psevdoriàcon], dalla parte di settentrione il confine della chiesa e a mezzogiorno il campo dei figli di Teodoro Agricòs. Dunque questo campo, come è stato indicato ed è delimitato, con ogni suo diritto, ho venduto al detto santo monastero per sei tarini d’oro, i quali dichiaro di avere ricevuto dalle mani del piissimo economo Leonzio e … di Tukki perfetti e senza difetti e di nostro gradimento, per cui abbiamo fatto una perfetta e completissima vendita, così che l’abbia con piena potestà da questo giorno ed ora in suo uso e potere di donare, scambiare, e in ogni modo concedere quanto piaccia, avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la garanzia legale da ogni persona estranea e anche familiare. Chiunque mai si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita sia multato presso l’erario di 3 nomismata e vogliamo che così ci piaccia e che questa vendita rimanga sicura e inconcussa. È stata scritta di mia mano,
il modesto sacerdote Costantino nell’anno 6682, indizione VII, in presenza di testimoni di fiducia.
† Calokìris, figlio di Leone Agricòs, testimoniando ho sottoscritto † .
† Basilio Spathàrio testimoniando ho sottoscritto † .
† Lìcasto del protopapa testimoniando ho sottoscritto † .
† Cristoforo Nistàzos [sonnolento] testimoniando ho sottoscritto † .

25. Vendita, 17 marzo 1175.

† Segno di mano di Ulòs, moglie del defunto Varsakìo Kinnèro.
† Segno di mano di Giovanni, suo figlio.
† Segno di mano di Andrea suo fratello † .
† Segno di mano di Niceforo, loro fratello † .
Io, soprascritta Ulò assieme ai miei figli genuini, all’inizio di questo documento abbiamo vergato con le nostre proprie mani le venerande e vivificanti croci assieme ai nomi, poiché siamo presenti di nostra personale decisione e volontaria determinazione, esclusa ogni motivazione vietata e considerazione pretestuosa, per vendere i nostri campi paterni che si trovano siti presso il fiume di Melito a te, pari agli angeli e santificato signor Onufrio, grande archimandrita dell’illustre e grande monastero del Salvatore per duecento tarì d’oro. Sono così delimitati: ad oriente c’è la rupe [armòs] e da lì discende il torrentello secco [xiroriakìtzin] in mezzo fra i campi venduti ed i campi del signor Sergio, il giudice, fino al fiume e di nuovo risale il fiume fino all’altro torrente secco [xirorìacos] di Traghinarìa e da lì di nuovo risale il suddetto torrente secco [xiroriàkin] fino al confine del signor Sergio, il giudice, e chiude. Pertanto i campi indicati, così come sono, domestici e selvatici, pienamente e completamente assieme anche ad ogni loro diritto, abbiamo venduto a te, il
detto pari agli angeli e santificato signor Onufrio, il grande archimandrita ed al santo ed illustre grande monastero a te sottoposto del Salvatore. Pertanto anche dichiariamo di avere ricevuto da te i sopra scritti duecento tarì in buone condizioni e senza difetti. Per questo abbiamo anche fatto per te la presente perfetta e completissima vendita, così che il santo monastero abbia questi campi in sua intoccabile potestà e autorità. Rendendo noi anche la legale garanzia che ci opporremo e li garantiremo da ogni persona straniera o familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra o dei nostri figli o fratelli o parenti o eredi per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita sia multato presso l’erario di 36 regate. E vogliamo che così ci piaccia e che resti questa vendita certa e immutabile. Essa è stata scritta per mano di Giuseppe sacerdote e tabulario della città di Reggio nel mese di marzo giorno 17 indizione VIII dell’anno 6683
in presenza di testimoni.
† Calùmeno [chiamato] Giovanni, presente, testimoniando ho sottoscritto.
† Leone, il figlio della buonanima di Andrea Culk… ho sottoscritto di mia propria mano † .
† Costantino, il figlio del defunto Leone Zevghìto, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano † .
†Giovanni Mesimèri [mezzogiorno], presente, ho sottoscritto di mia propria mano.
† Riccardo, figlio di Romàldo, testimoniando ho sottoscritto † .
† Xistàlis, il figlio del sacerdote Costantino, di mia propria mano testimoniando ho sottoscritto.
† Costantino Sechlùnis testimoniando ho sottoscritto † .

26.  Vendita, marzo 1175.

† Segno di mano di Giovanni Calumèno [chiamato].
Ho preposto la veneranda e vivificante croce assieme al nome, di mia propria mano, in calce a questo documento io, il soprascritto Giovanni Calùmenos, comprendendo anche la mia moglie ed ogni impegno, poiché sono presente di mia propria decisione e spontanea determinazione, esclusa ogni motivazione vietata e considerazione pretestuosa per vendere i due lotti di campi che avevo acquistato da Basilio, il figlio del notaio Consta Podalgòs [podagroso], e da Pietro, suo fratello e che si trovano siti nel distretto di Tukki nella località detta Plàtera a te, pari agli angeli e santificato signor Onùfrio e archimandrita dell’illustre e grande monastero del Salvatore al prezzo di centoventi tarini d’oro. Un lotto, quello vicino al pozzo, è così delimitato: ad oriente c’è il torrentello [riakìtzin] e il confine del sacerdoteNikìta Aràvo [arabo] e a settentrione la strada del pozzo e ad occidente l’altro torrente e il confine della buonanima di Romàldo, e a mezzogiorno il torrente grande e chiude. Anche l’altro lotto del campo è così delimitato: ad oriente la confluenza dei due torrenti e risale
la valle ed il confine di Romàldo e taglia il … e sale per via diritta dal confine dei campi dei figli di Pothitòs [desiderato] e sbocca al piede del colle ed al confine di Nicèforo Farmi e trascorre di traverso verso occidente fino alla rupe e sbocca nel torrente grande e discende la … fino al torrente grande alla confluenza dei due torrenti da dove si era iniziato e chiude. I  due lotti di campi sopra indicati e delimitati, con tutti i loro diritti, così come sono, coltivi ed incolti, ho pienamente e completamente venduto a te, il detto archimandrita signor Onùfrio ad al monastero a te sottoposto del Salvatore; per cui dichiaro di avere ricevuto da te i sopra indicati centoventi tarini. In quanto estraniato da quelli, ho fatto per te la presente perfetta e completissima vendita, così che il santo monastero li detenga in sua intoccabile potestà e autorità, e rendo anche la garanzia legale che mi opporrò e li garantirò da ogni persona (estranea) e familiare. Chi si presentasse in qualche tempo o anno da parte mia o dei fratelli o dei parenti o degli eredi per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita sia (multato) presso l’erario di 36 rigàte e vogliamo che così ci piaccia e che rimanga la presente vendita sicura e immutabile. Essa è stata scritta per mano di Giuseppe, sacerdote e tabulario della ci(ttà di Reggio) nel mese di marzo, indizione VIII dell’anno 6683, in presenza di testimoni.
† Giorgio, figlio di Armenìo, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Giovanni …mos, presente, ho sottoscritto di mia propria mano.
† Compartecipando con questi, anch’io, notaio Teodoro Macrìs [lungo], ho sottoscritto di mia propria mano † .
† Il figlio di Varsakìo Kinnèris, Giovanni, ho sottoscritto di mia propria mano.
† Il figlio di Andrea Cul(?)c…, ho sottoscritto di mia propria mano.
† Andrea Kinnèris ho sottoscritto di mia propria mano.
† Il figlio di Varsakìo Kinnèris, Nicèforo, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano † .

27. Vendita, anno 1175-1176.

† Segno di mano di Basilio Vlechàndi.
† Segno di mano di Maria sua moglie.
† Segno di mano di Costantino suo figlio.
† Segno di mano di Leone suo fratello.
Noi che abbiamo tracciato la veneranda e vivificante croce in questa carta di vendita, noi sopra indicati, scriviamo questa vendita semplice e immutabile di nostra spontanea volontà, comprendendo anche tutti i nostri propri fratelli ed anche gli eredi, esclusa ogni motivazione vietata; per cui siamo presenti per vendere il nostro campo che possediamo a San Biagio [Aios Vlasios] e che il nostro padre più sopra indicato [?] aveva ricevuto nella sua dote. Questo vendiamo al pio e santo monastero dell’illustre Salvatore e a colui che in esso è dirigente, il signor Onùfrio e grande archimandrita, per ventiquattro tarini d’oro. Il campo è in tal modo delimitato: ad oriente c’è il confine del campo padronale e ad occidente egualmente il confine del campo padronale e a mezzogiorno il confine di Leone Scholarìo e a settentrione il confine del campo dei figli di Andronìco. Questo campo, così come è stato delimitato con ogni suo diritto, lo abbiamo venduto al suddetto santo monastero del Salvatore, come in verità afferente e confinante con l’ente padronale al prezzo dei suddetti tarini che dichiariamo di avere ricevuto di buon peso e senza difetti e di nostro gradimento dalla mano del santissimo e benedetto archimandrita signor Onufrio alla presenza anche del signor Macario vestiario, pari agli angeli. Abbiamo fatto loro la presente perfetta e completissima vendita perché l’abbia il santo monastero da questo giorno ed ora in suo uso e potestà fino alla fine del mondo. Rendiamo anche la garanzia legale che ci opporremo e lo garantiremo da ogni persona straniera o anche familiare: e se qualcuno si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra o dei fratelli o di parenti o di familiari o di eredi o di alcune persone estranee per richiedere o reclamare il rigetto di questa sincera vendita, versi all’erario 36 rigate. Vogliamo che così ci piaccia e resti la presente vendita sicura e immutabile. Essa è stata scritta per mano di Anchìllo e notaio della corte  in presenza dei testimoni onorati nell’anno 6684, indizione IX.
† L’anziano [monaco ?] Basilio Spathàrios, testimoniando quanto sopra, ho sottoscritto la veneranda croce.
† Giovanni figlio di Leo Tromàrchi testimonio di mia propria mano.
† Andrea Kenduclàs testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce.
†Teodoro Turgàris testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce.
† Calokìris [buon signore] Agricòs [selvatico] testimoniando ho sottoscritto.
† Giovanni Romèos [bizantino] testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce.
† Mulès Rapanàs il vecchio testimonio.
† Il figlio del defunto Calokiro Rapanàs, Molès, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano † .

28. Vendita, anno 1178-1179.

† Segno di mano di Leo Fandasmèno [apparso].
† Segno di mano di Vasilù [Basilia] sua moglie † .
Noi che abbiamo tracciato di nostra propria mano in questa carta di vendita i segni della veneranda e vivificante croce, comprendiamo anche i nostri propri fratelli ed anche eredi e dopo anche il precedente esame di tutti i nostri conoscenti; per cui siamo presenti per vendere i nostri campi, che si trovano e sono siti a Cofòlitho di sotto e che noi possediamo da molti anni dalla nostra eredità, al pio e santo monastero del Salvatore di Messina ed a chi in esso lo dirige, signor Onòfrio e grande archimandrita, per 34 tarini d’oro. Le limitazioni ed i contrassegni sono così: ad oriente c’è la grande cresta e discende verso la parte di settentrione il confine di Seva e di Comboràcho [crinale a groppo] e sbocca ad occidente al confine di Licàri e sale il confine di Licàri fin nella valle, al confine di Arèsti, e da lì risale la falsa valle [psevdovathìa] verso la parte di mezzogiorno e sbocca nel confine di Antèlla e sale rasente alla pietra grigia radicata [tu psarù litharìu tu rizotù] verso la parte di mezzogiorno fino al colle da dove abbiamo fatto inizio. Questi campi, così come li abbiamo
delimitati, con tutti i loro diritti, li abbiamo venduti al suddetto santo monastero dell’illustre monastero del Salvatore, ricevendo questi suddetti tarini sani e senza difetti dal reverendissimo economo signor Leonzio. Abbiamo compiuto questa presente perfetta vendita perché li abbia il santo monastero fino a che dura il mondo; rendiamo anche la garanzia legale che la proteggeremo da ogni persona. E se qualcuno volesse annullare la presente vendita sia multato presso il fisco del santo re di 36 rigate e vogliamo che così ci piaccia e che resti sicura e immutabile. In presenza degli onorati testimoni, questa è stata scritta per mano di Anchìllo nell’anno 6687, indizione XII.
† Il modesto ed infimo fra i sacerdoti, Filippo, figlio di Papà [ o “del papàs” ?], ho sottoscritto † .
† Calokiro di Agricò [selvaggio] testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce † .
† Teodoro Pollichròni [molti anni] testimoniando ho sottoscritto † .
† Giorgio Damaskinòs testimoniando ho sottoscritto † .
† L’anziano [monaco ?] Basilio Spathàrios testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce † .
† Nikìtas Kellàris testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Giovanni, figlio di Leo Tromàrcho [turmarca] testimonio.

29. Vendita, anno 1178-1179.

† Segno di mano di Giovanni figlio di Papageorgìo.
† Segno di mano di Nicola suo fratello.
Segno di mano di Notarìo suo fratello.
† Segno di mano di Costa figlio di Nicola Rosìo.
† Segno di mano di Basilio suo fratello.
† Segno di mano di Giovanni suo fratello.
Noi soprascritti, che anche abbiamo tracciato di propria mano su questo documento i segni e le forme della veneranda e significante croce, approviamo e confermiamo il presente atto legale da noi prodotto, in quanto prodotto per nostra propria volontà e decisione e senza assolutamente costrizione o violenza da parte di alcuno, ma con ogni nostro beneplacito ed unanime determinazione, comprendendo anche i nostri familiari e coeredi. Pertanto siamo presenti per vendere al pio ed illustre monastero del Salvatore di Messina ed a chi in esso lo dirige, il santissimo e grande archimandrita signor Onùfrio, il nostro campo, che si trova ed è sito nella parte interna delle Licofolìe [tane di lupi], le cui limitazioni ed i contrassegni appaiono come segue: ad oriente il campo che il detto santo monastero ha comprato da
Leone Callèa e Molè Markianò e ad occidente il campo patronale che ha comprato dall’anziano [monaco ?] Cristoforo e similmente a settentrione e mezzogiorno il campo patronale e chiude. Dunque questo campo, come è stato indicato e delimitato, con ogni suo diritto, abbiamo venduto al detto santo monastero per dodici tarini d’oro, che anche dichiariamo di avere ricevuto dalle mani del santissimo e grande economo di Tukki, signor Leonzio, nelle nostre mani perfetti e senza difetti e di nostro gradimento. Pertanto abbiamo anche fatto tramite la presente scrittura una vendita perfetta e completissima al santo monastero, affinché li abbia con piena potestà da questo giorno e ora in suo uso e potere di
rivendere, donare e scambiare e in ogni modo fare quanto piaccia avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Gli rendiamo anche la garanzia legale da qualunque persona estranea o familiare. E chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario di 12 nomismata e vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita sicura e inconcussa. Essa è stata scritta di mano mia, del modesto sacerdote Costantino nell’anno 6687, indizione XII, in presenza di testimonidi fiducia e onorati.
† L’ultimo di tutti i mortali, Costantino modesto sacerdote, conosciuto come Gudrùppos, sono presente ed ho sottoscritto di mia propria mano.
† Costantino Amigdalitànos [di Ammendolea] testimoniando ho tracciato la croce.
† Gregorio figlio dell’anziano [monaco ?] Arcadio testimoniando ho sottoscritto.
†Giovanni figlio della bonanima di Urso Safra testimoniando ho sottoscritto.
† Nicola figlio di Leone protopapa testimoniando ho sottoscritto.
† Teodoro Pollichrònis [molti anni] testimoniando ho sottoscritto † .
† Andrea Comboràchis testimoniando ho sottoscritto † .

30. Vendita, anno 1179-1180

† Segno di mano di Leone Mìttica.
† Segno di mano di Anna, sua moglie.
† Segno di mano di Sinàtor [senatore] suo figlio.
Noi che in questo documento abbiamo tracciato di nostra propria mano i segni della veneranda e vivificante croce, comprendendo anche i nostri parenti ed eredi, esclusa ogni motivazione vietata e dopo anche precedente esame di tutti i nostri conoscenti, per questo siamo presenti per vendere i nostri campi che possediamo presso il castello di Mochlùf a te, reverendissimo economo di Tukki signor Leonzio per tarini d’oro … (mancano circa 20 lettere)… ad oriente il confine del notaio Gregorio e dei figli di Languvàrdo [longobardo] e ad occidente il confine dei figli di Romàldo e il confine di Rosanìti [rossanese] e a mezzogiorno la rupe [armòs] e a settentrione il confine di Fantasmèno [apparso]. Questo, come è stato delimitato, lo abbiamo venduto al pio e santo monastero del Salvatore di Messina ed a chi lo dirige signor Onùfrio e
grande archimandrita. Ed avendo ricevuto i suddetti tarini sani ed intatti dal detto reverendissimo signor Leonzio, abbiamo fatto la presente perfetta vendita, così che il santo monastero abbia ciò in suo uso e potere di rivendere, donare, scambiare. Rendiamo anche la garanzia legale. Se qualcuno si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra o di qualche persona estranea per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, verserà all’erario 12 nomismata. Vogliamo che resti in tal modo inconcussa; è stata scritta per mano del notaio Anchìllo nell’anno 6688, indizione XII [Cristina Rognoni annota che l’indizione corretta è la XIII] in presenza di testimoni.
† Calokìris [buon signore] Agricòs [selvaggio] testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce † .
† … alk… testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce † .
† Pancrazio Spathàrios testimoniando ho sottoscritto.

31. Vendita, settembre 1180.

† Segno di mano di Arcàdio figlio di Eustàzio, di cognome Molochìti [di Molochio] † .
† Segno di mano di Giovanni suo fratello.
† Segno di mano di Nicola suo fratello.
Noi i soprascritti congiunti, che abbiamo tracciato con le nostre proprie mani i segni della veneranda e vivificante croce, di spontanea nostra decisione e volontà e determinazione, e comprendiamo ogni impegno dei nostri familiari e coeredi, poiché ci troviamo a vendere al venerando e santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente, il santissimo e grande archimandrita signor Onùfrio i nostri campi, che possediamo in località Schinùdi [giuncheto], per tarini sedici. La loro confinazione è così: ad oriente il torrente del notaio Gregorio e ad occidente il confine dei … (mancano circa 20 lettere) il confine di Michele Molochìti e il confine … p … e sbocca … nar… e a mezzogiorno la strada e chiude. Dunque questi campi, come si è detto, coltivi e incolti, abbiamo venduto al santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente, il santissimo e grande archimandrita signor Onùfrio per i detti sedici tarini, che dichiariamo di avere ricevuto dalle
mani dell’odierno economo di Tukki signor Leonzio nelle nostre mani perfetti e senza difetti. Abbiamo fatto una perfetta e completissima vendita per tutti i successivi e ininterrotti anni. Rendiamo al santo monastero anche la garanzia legale da ogni persona. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita sia multato presso l’erario del possente e santo re di 12 rigate. Vogliamo che così ci piaccia e che resti la presente … sicura e immutabile per la rimanente età. Essa è stata vergata nel mese di settembre indizione XV dell’anno 6689. Vogliamo e dichiariamo noi i soprascritti congiunti che abbiamo dato i detti campi al santo monastero affinché siano da esso posseduti per otto anni per i già indicati sedici tarini e se dopo … questi otto anni restitueremo i tarini in tempo in cui non sono coltivati, abbiamo la facoltà di riprendere i nostri campi, o … anche quando saranno compiuti questi otto anni,
se non restituiremo gli indicati sedici tarini … (mancano circa 10 lettere) i campi al santo monastero in vendita e acquisto come più sopra abbiamo indicato e … (mancano circa 10 lettere).
† Mulès Rapanàs testimonio † .
† Basilio Spathàrios … .
† Teodoro, il figlio del sacerdote Arcàdio testimonio.
† Licastos figlio … (mancano circa 10 lettere).
† Ruggero suo fratello testimonio; ho ricevuto 2 tarini di lino.

32. Vendita, anno 1180-1181.

† Segno di mano di Michele figlio di Costa Pothitòs [desiderato] † .
† Segno di mano di Basilio figlio di Costa Pothitòs.
† Segno di mano di Calì [bella] sua moglie. E comprendiamo anche i nostri figli † .
† Segno di mano di Leone figlio di Giovanni Pothitòs.
† Segno di mano di Calì, ex moglie di Michele il figlio di Pothitòs.
† Segno di mano di Giovanni suo figlio.
† Segno di mano di Teodoro suo fratello † .
Tutti noi soprascritti, che abbiamo tracciato con le proprie mani le venerande e vivificanti croci, per nostra sovrana [greco: exusìou; ma forse va inteso come ecusìou, spontanea] decisione e volontà e determinazione, comprendendo anche ogni impegno dei nostri parenti ed eredi: poiché siamo presenti per vendere al reverendo e illustre santo monastero del Salvatore ed a chi lo dirige, il santissimo e grande archimandrita signor Onùfrio i nostri campi che possediamo in località Schinùdin per trentuno tarini d’oro. E la confinazione di questi campi è così: ad oriente la strada pubblica e risale il confine dei campi del monastero di Terreti che li detiene da Chaki, dalla parte di mezzogiorno e da occidente la rupe [greco: armos] fino alla parte di settentrione al confine di Molochìti e discende il confine fino alla spelonca e chiude nella suddetta strada da dove abbiamo fatto inizio. Dunque questi campi, come sono stati indicati, coltivi e anche incolti, abbiamo venduto al detto santo monastero ed al suo dirigente e grande archimandrita signor Onùfrio al detto prezzo di trentuno tarini, che anche dichiariamo di avere ricevuto dalle mani del santissimo e grande economo di Tukki, al presente Leonzio, nelle nostre mani perfetti e senza difetti. Abbiamo fatto la presente e completissima vendita per tutti i successivi e ininterrotti anni. Rendiamo anche la garanzia di legge da qualunque persona, estranea o familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte dei nostri familiari e coeredi o di qualche altra persona, per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita sia multato presso l’erario di 12 rigate. Approviamo e resti questa vendita sicura e immutabile nella rimanente età. Essa anche è stata scritta per mano del modesto sacerdote Costantino Gudrùppo nell’anno 6689 indizione XIV in presenza di testimoni.
† Calokìris Agricòs testimoniando ho sottoscritto † .
† Teodoro Polichrònis [di molti anni] testimoniando ho sottoscritto.
† Basilio figlio della buonanima di Spatharìo testimoniando ho sottoscritto † .
† Basilio figlio di Arcàdio Spatharìo testimoniando ho sottoscritto  † .

33. Vendita, anno 1180-1181.

† Segno (…)arca figlio della buonanima di Nicola Scholàrios.
† Segno di mano di Calì sua moglie.
Noi soprascritti che abbiamo tracciato con le nostre proprie mani le venerande croci per nostra spontanea decisione e volontà e determinazione, comprendendo anche tutto l’impegno dei familiari e dei nostri coeredi. Poiché siamo presenti per vendere all’illustre e santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente il santissimo e grande archimandrita signor Onùfrio il nostro campo che possediamo in località Plàtera per sette tarini d’oro. La sua confinazione è così: ad oriente e dalla parte di settentrione il campo padronale ed a occidente il torrente ed il confine del campo di Gregorio Spatharìo ed a mezzogiorno il confine del campo del monastero di San Simeone di Chimàdi e chiude. Dunque questo campo come è stato indicato abbiamo venduto al detto santo monastero al detto prezzo di sette tarini, che dichiariamo di avere ricevuto dalle mani del santissimo economo di Tukki signor Leonzio nelle nostre mani (… mancano circa 10 lettere) perfetta e completissima vendita per (…) tutti e ininterrotti anni. Rendiamo anche la garanzia di legge da qualunque persona. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita sia multato presso l’erario di 3 rigate. Vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita sicura e immutabile fino alla fine dei tempi. Essa anche è stata scritta per mano del modesto sacerdote Costantino Gudrùppo nell’anno 6689 indizione XIV in presenza di testimoni.
† Giovanni figlio di Leone Gudrùppo testimoniando ho sottoscritto.

34. Vendita, anno 1180-1181.

† Segno di mano di Teodoro, figlio di Giovanni Chalkeopùllo [figlio del fabbro] † .
† Segno di mano di Leone, figlio di Nicola Languvàrdo † .
† Segno di mano di Eugenia sua moglie.
Avendo tracciato di nostra propria mano in questo documento i segni della veneranda e vivificante croce, noi i sopra indicati e scritti, siamo presenti per vendere i nostri campi che possediamo a Pomàsia insieme con i suoi [singolare e plurale oscillano in questo documento] alberi fruttiferi che si trovano lì, cioè peri 5, castagni 4. È così delimitato: ad oriente il confine di Antropofàgo e ad occidente il confine di Remàldo, a settentrione il confine di Alessio [gr. Alèxi] e a mezzogiorno il confine di Petàsi e chiude. Dunque questi campi, come sono indicati e delimitati, assieme ad ogni suo diritto, li abbiamo venduti al benedetto signor Onùfrio e grande archimandrita della grande laura del Salvatore per dieci tarini d’oro, che anche dichiariamo di avere ricevuto dalle sue mani nelle nostre mani perfetti e senza difetti. Pertanto abbiamo fatto per te la presente vendita al tempo del piissimo signor Leonzio e grande economo dei Tukki, affinché
li abbia con pienezza di potestà in sua potestà e autorità di fare quanto la divina legge prescrive agli stessi padroni. Rendiamo anche la garanzia legale da ogni persona estranea o familiare e similmente anche da parte nostra. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno deciso a rigettare o annullare qualcosa della presente vendita sia multato presso l’erario del nostro santo re di 36 rigate. Vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita in presenza di testimoni. Essa è stata scritta per mano mia, di Giovanni nell’ indizione XIV dell’anno 6689.
† Giovanni sacerdote, figlio di Elia Silipìngo testimonio.
† Leone Flasca, ho scritto di mia mano † .
† Gregorio figlio di Elia Silipìngo essendo stato assai pregato dai soprascritti più sopra, ho sottoscritto ciò di mia mano † .

35. Vendita, anno 1181.

† Segno di mano di Notarìo, denominato Gonicàri.
† Segno di mano di Ulò, sua moglie.
† Segno di mano di Nicola, suo figlio.
Noi i soprascritti, che abbiamo tracciato i segni delle veneranda croce con le nostre proprie mani di nostra spontanea decisione e volontà e determinazione, compreso anche ogni impegno dei nostri familiari e coeredi: poiché siamo presenti per vendere al reverendo e santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente, il santissimo e grande archimandrita, il signor Onùfrio i nostri campi che possediamo in località Vukinatàri per sedici tarini d’oro. La loro confinazione è così: ad oriente, come sale la piccola cresta dalla cima dell’alto colle di Vukinatàri e sbocca nella sella nel confine del campo che detiene l’ente padronale e sale la falsa valle [gr. psevdovathìa] e sbocca alla rupe [gr. armon] verso oriente e risale la rupe rinchiudendo anche il campo che abbiamo acquistato da Teodoro Chalcheòpullo e sbocca nell’ i(…) libero campo dello stesso Chalkeopùllo e attraversa in diagonale il Ronzino [gr. pàrippos] da settentrione fino al confine dello stesso Teodoro (…) sbocca nella piccola cresta verso occidente e sale la stessa piccola cresta fino al torrente al confine
dei figli di R(…) e ritorna nella sella nella strada dove c’è la pietra tonda [gr. strònghilos lithos] e sale la grande cresta dalla parte di mezzogiorno fino alla cima del detto colle di Vukinatàri da dove abbiamo fatto inizio e chiude. Dunque questi campi, come sono stati indicati, coltivi ed incolti, abbiamo venduto al detto santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente, santissimo e grande archimandrita signor Onùfrio al prezzo dei detti sedici tarni,  che anche dichiariamo di avere ricevuto dalle mani di chi al presente è grande economo di Tukki, il signor Leonzio, nelle nostre mani perfetti e senza difetti. Abbiamo fatto una perfetta e completissima vendita per tutti i successivi e ininterrotti anni. Rendiamo anche al santo monastero la garanzia di legge da qualunque persona. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte dei nostri familiari per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita sia multato presso l’erario del santo e grande re di 12 rigate. Vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita sicura e immutabile nella rimanente età. Essa anche è stata scritta per mano del modesto sacerdote Costantino Gudrùppo nel mese di aprile indizione IV dell’anno 6689.
† Basilio, figlio di Theocarìsto [gradito a Dio], testimonio.
† Basilio Spathàrios testimoniando ho sottoscritto † .
† Gregorio, suo fratello, testimoniando ho sottoscritto † .
† Calokìris Agricòs testimoniando ho sottoscritto † .
† Tedodoro, figlio di Giovanni Chalcheopùllo [figlio del fabbro], testimoniando ho tracciato di mia propria mano la veneranda croce † †.
36. Vendita, aprile 1181.
† Segno di mano di Leone, figlio di Nicola Calavrò.
† Segno di mano di Theofanù [manifestazione di Dio], sua moglie.
Noi i soprascritti, che abbiamo tracciato i segni delle veneranda croce con le nostre proprie mani di nostra spontanea decisione e volontà e determinazione, comprendendo anche ogni impegno dei nostri familiari (mancano c. 15 lettere) poiché siamo presenti per vendere i nostri campi che possediamo nella località di Skinùdi presso la sottostante grotta [gr. spìlingan] al reverendo ed illustre santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente signor Onùfrio e grande archimandrita al prezzo di dieci tarini d’oro. La confinazione di questi campi è così: ad oriente il confine del campo della monaca Pelecanì e ad occidente il confine del campo di Chalkèo [fabbro], che detiene il notaio Gregorio, e a settentrione la strada e il campo dei figli di Muschianì e a mezzogiorno l’ apòrion [termine di agronomia di discusso significato] di Costa Cupàni che detengono i monaci del monastero di Terreti e chiude. Pertanto questi campi, come sono stati indicati
e delimitati, coltivi ed incolti, pietrosi e anche rocciosi e per legnatico, abbiamo venduto, come abbiamo detto, all’illustre e santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente, il santissimo e grande archimandrita signor Onùfrio al prezzo dei detti dieci tarini, che anche dichiariamo di avere ricevuto dalle mani dell’odierno grande economo di Tukki, il signor Leonzio, perfetti e senza difetti. Abbiamo fatto una perfetta e completissima vendita per tutti i successivi e ininterrotti anni. Rendiamo anche al santo monastero la garanzia di legge da qualunque persona straniera o familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno  per inficiare questa vendita sia multato presso l’erario di 7 rigate. Vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita sicura e immutabile nella rimanente età.
Essa anche è stata scritta per mano del modesto sacerdote Costantino Gudrùppo nel mese di aprile indizione IV dell’anno 6689, in presenza
di testimoni. I suddetti campi io, sopra scritto Leone, possedevo da parte di mio suocero Teodoro Molochìti come parte spettante a mia moglie.

† Calì, un tempo moglie di Nicola Foremèno [portato] e figlia del detto Teodoro Molochìti testimoniando ho sottoscritto la croce † .
† Teodoro Polichrònis [molti anni] testimoniando ho sottoscritto.
† Nicola Kellàris testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Lìcasto del protopapa testimoniando ho sottoscritto † .
† Calokìris Agricòs testimoniando ho sottoscritto † .
37. Vendita, anno 1181-1182.
† Segno di mano di Anna, figlia di Nicola Reggino. Io che ho sottoscritto con le mie proprie mani i segni della veneranda e vivificante
croce, approvo e confermo il presente atto qui vergato, in quanto vergato di mia spontanea volontà e decisione e senza assolutamente alcuna costrizione o violenza o inganno di qualcuno, ma con tutto l’impegno e la mia unanime determinazione, per cui sono presente per vendere al pio e sacro monastero del Salvatore di Messina ed al suo dirigente, signor Onùfrio e grande archimandrita, il mio campo che si trova ed è sito nel luogo denominato Chilomèno al prezzo di 10 tarini aurei. La confinazione di questo campo è: ad oriente il torrente e ad occidente il confine dei figli del signor Rimàldo che lo ha venduto al santo monastero, e a settentrione il confine di Giovanni Fasianèllo e a mezzogiorno il confine del maestro Teodoro Tigàni [padella] e chiude. Pertanto questo campo, come è stato indicato e delimitato, l’ho venduto al sacro monastero del Salvatore, da cui dichiaro di avere ricevuto i predetti 10 tarini nelle mie mani da te,
uguale agli angeli e spirituale padre mio, signor Leonzio, e grande economo di Tukki. Ho compiuto per il santo monastero una perfetta e completissima vendita, così che il santo monastero abbia il campo indicato in suo uso e potere. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra  per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita verserà all’erario del potente e santo re 10 nomismata. Vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita sicura e inconcussa per sempre fino alla durata del mondo, in presenza degli onorati e fidi testimoni. Essa anche è stata scritta per mano del modesto Costantino figlio di Poliècto, sacerdote e protopapa di Tukki secondo
l’incarico del signor Nicola Kellàri ed odierno visconte nell’anno 6690, indizione XV.
† Giorgio Maravilìas testimoniando ho sottoscritto † .
† Giorgio, sacerdote, testimonio.
† Il figlio della bonanima Nicola Eufìmi, Eustàzio, testimoniando ho sottoscritto.
† Scolàrio Vùcul(.)los testimoniando ho sottoscritto.
† Polièucto modesto sacerdote e protopapa di Tukki sono presente ed ho sottoscritto di mia propria mano.

38. Vendita, anno 1186-1187.

†Segno di mano di Giorgio di Basilio Chrisolìa. Segno di mano di Irene, sua moglie.
Noi, i sopra scritti, che abbiamo fatto  i segni della veneranda croce tracciandoli di nostra propria mano in questo documento, di mia propria decisione, volontà e determinazione, comprendendo anche il mio fratello e parimenti erede, senza nessuna motivazione proibita, con precedente esame e consiglio di tutti i miei eredi e fratelli, vendiamo il campo che posseggo in località denominata Pirgo [torre] al reverendo e santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente, il santissimo e grande archimandrita signor Onòfrio. La delimitazione di questo campo è: ad oriente il confine Catharrò di Basilio [= di Basilio Catharrò] e ad occidente la rupe [greco: àrmos] e a settentrione il confine del detto Basilio Catharrò e a mezzogiorno il torrente e chiude. Egualmente il giardinetto irrigato sito nella parte sottostante a Basilio Catharrò. Ho venduto questi campi, come indicati e delimitati a te, il santissimo archimandrita, al prezzo di cinque tarini d’oro,
che ho anche ricevuto sani e senza difetti dalle mani del signor Leonzio e grande economo di Tukki, odierno economo. Ho fatto per te una perfetta e completissima vendita affinché li abbia dal giorno d’oggi e da quest’ora in proprio uso e potere fino alla durata del mondo. E rendiamo al santo monastero anche la garanzia legale da ogni persona straniera e anche familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo
o anno da parte nostra  o dei nostri familiari per chiedere o reclamare abbia la maledizione dei 318 santi Padri teofori e sia multato presso l’erario di 36 nomismata. Vogliamo che così ci piaccia e resti questa vendita in presenza di testimoni. Essa anche è stata scritta da me Leone Malligàni nell’anno 6695, indizione V. †
† Sacerdote Ptèlitano testimonio †.
† Costantino, figlio di Gregorio Spatharìo testimonio †.
† Rupèrto Callèas testimoniando ho sottoscritto †.
† Eustàzio, figlio della bonanima di Nicola (…) testimoniando ho sottoscritto.

39. Vendita, ottobre 1187.

† Segno di mano di Regàla, figlia di quella buonanima di Teodoro Malèno. Io soprascritta, che di mia propria mano ho tracciato la veneranda croce di mia spontanea decisione e volontà e determinazione, comprendendo anche tutto l’impegno di parenti e coeredi, poiché sono presente per vendere all’illustre e reverendo monastero del Salvatore ed al suo dirigente, il santissimo archimandrita signor Nifòne, i miei campi che posseggo a Tukki presso il fiume di Melito e che si trovano in prossimità della mia proprietà detta di Kinnèri, dalla stessa parte del fiume verso oriente. La loro confinazione e limitazione è così: come sale il torrente dal fiume dalla parte di mezzogiorno e sale costeggiando i campi che lo stesso santo monastero detiene dalla buonanima di Niceforo, mio zio, come ipoteca e sale fino al grande colle al Pàrippo dalla parte d’oriente e così sale il Pàrippo dalla parte di settentrione fino al confine della buonanima del giudice
Sergio e da lì discende il falso torrente [gr: psevdoriàkin] e dalla vecchia chiesa di San Nicola e gira verso mezzogiorno e si congiunge con il sopra indicato torrente e chiude. Questi campi sono quelli denominati di Gunnùra ed assieme a questi anche il campo di Vrica ed il campo vicino a San Nicola e il campo di Sicamìno [gelso nero] ed un altro campo che è vicino al campo del giudice Sergio. Questi, come sono stati indicati e delimitati, coltivi ed incolti, ho venduto, come ho detto, all’indicato santo monastero del Salvatore ed al suo dirigente, santissimo archimandrita signor Nifòne, per cento tarini d’oro, che dichiaro anche di avere ricevuto dalle mani del benedetto ed odierno economo di Tukki, signor Leonzio, perfetti e senza difetti. Ho compiuto per il reverendo monastero sopra indicato una perfetta e completissima vendita per tutti i successivi e ininterrotti anni, così che li rivenda, li doni, li scambi e faccia tutto quanto la legge divina prevede per i proprietari, avendone ricevuto da me l’autorità e la potestà. Rendo anche la garanzia di legge da qualunque persona
straniera o familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno  da parte dei miei parenti e coeredi o di qualche altra persona estranea per recare molestia a questa vendita o per rimuoverla sia multato presso l’erario di 36 rigate. Voglio che così ci piaccia e resti questa vendita sicura e immutabile finché dura il mondo. È stata scritta per mano del modesto sacerdote Costantino Gudrùppo nel mese di ottobre, indizione VII dell’anno 6696, in presenza di testimoni.
† Polièucto modesto sacerdote e protopapa di Tukki, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Il figlio della bonanima Nicola Eufìmi, Eustàzio, testimonio.
† Costa figlio di Castàldo testimonio †.
† Calokìris Agricòs testimoniando ho sottoscritto †.
† Testimonio anch’io, Andrea Kinnèris †.
† Kinnèris Giovanni testimonio di mia propria mano †.

40. Donazione, giugno 1191.

† La veneranda e vivificante croce ho tracciato di mia propria mano in questo documento io, Marina, monaca e categumena del santo monastero dei santissimi Fantino e Balsamio della periferia di Tukki. Poiché mi trovo a fare per volontaria e non costretta deliberazione, cioè anche con consenso senza rimpianto e decisione e determinazione, all’illustre e santo monastero del Salvatore dentro l’acroterio di Messina ed a te, che sei il suo dirigente e santissimo archimandrita signor Leonzio, la presente carta di donazione di tutti i campi che si trovano e sono denominati di Ácrava, coltivi e anche incolti, con ogni loro diritto, che possedevo da parte di quella beata Dialectì di Vizinéa e che di nuovo mi ha assegnato il re Guglielmo Secondo di felice memoria, degno di essere celebrato e indimenticabile. Similmente, offro il mio campo materno, che si trova ed è sito ai piedi della salita di San Giorgio così come viene la strada dal paese di Gorghìro [cunicolo ? ] affinché il santo monastero costruisca abitazioni di uomini: sia per le molte dimostrazione di stima e le beneficenze che ho ricevuto da quei beati e grandi archimandriti signor Onùfrio e signor Nìfone [saggio] ed ora di nuovo da te, santissimo signor Leonzio; sia per il ricordo e la salvezza dell’anima ed il riposo del santissimo re Ruggero e di tutti i suoi parenti e discendenti e per me, la modesta ed indegna monaca Marina. Così che l’illustre e santo monastero del Salvatore abbia i sopra indicati campi in sua potestà e autorità e  ne sia padrone assieme a tutti i loro diritti, come è stato detto. E se in qualche tempo o anno si trovi qualcuno che porga richiesta o reclamo per questa mia benevola offerta, abbia la scomunica e la completa scomunica e la perenne scomunica da parte del Padre e del Figlio e del Santo Spirito e della Trinità santa e vivificante e della stessa sostanza e la maledizione dei 318 santi padri, la lebbra di Giezze,
la forca di Giuda Iscariote, una stupidità simile alla sua ed oltre a ciò un vincolo eterno ed insolubile sia nell’evo futuro che nel presente e senza lasciarlo parlare non venga ascoltato. Inoltre abbia il santo monastero la facoltà di ben disporre di questa donazione per il rimanente tempo. È stata scritta per richiesta mia, della categumena monaca Marina per mano del modesto sacerdote Leonzio Scopillìto nel  mese di giugno dell’indizione IX, nell’anno 6699, in presenza di onorati testimoni.
† Giovanni Scopillìto, sono presente.
† Sacerdote Leonzio Favìlis, testimoniando ho sottoscritto.
† Costantino figlio di Sidèno Gorò, testimoniando ho sottoscritto la veneranda croce.
† Nicola Kellàris testimonio.
† Leone Flasca ho sottoscritto la veneranda croce di mia propria mano in calce al documento.
† Giovanni Polìtis ho sottoscritto la veneranda croce di mia propria mano.
† Il prete Ánchillos, modesto fra i sacerdoti, sono presente ed ho sottoscritto di mia propria mano.

41. Vendita, 7 giugno 1192.

† Segno di mano di Andrea, figlio del notaio Nicola Mavrikìo.
† Segno di mano di Archontìssa [la Capa], sua moglie e figlia della buonanima di Giovanni Toxia †.
I detti coniugi che hanno tracciato di propria mano in questo documento le venerande e vivificanti croci, per questo siamo presenti di nostra propria decisione e spontanea deliberazione, senza alcuna vietata motivazione e considerazione pretestuosa, per vendere i nostri campi così come sono, coltivati ed agresti, assieme alla nasìda [lembo di terra sottratto all’acqua, secondo il consueto uso della parola, oppure “isoletta” secondo il generico significato della parola greca?] del fiume, che si trovano presso il Mèlito ed abbbiamo ricevuto come nostra dote, a te, il piissimo archimandrita di Terrèti signor Lorenzo, ed al santo monastero di Terrèti a te sottoposto, al prezzo di quattrocentosessanta tarini d’oro. I detti campi sono così delimitati: accanto alla nasìda, dalla parte di oriente c’è la rupe [gr. armos] e ad occidente il fiume, a settentrione il torrente e di fronte i campi del grande monastero del Salvatore, e a mezzogiorno i campi di Giovanni Calumèno [chiamato]. Orbene, questi campi indicati e delimitati, coltivati ed agresti, pianeggianti e in declivio, assieme ad
ogni loro diritto, pienamente e completamente, assieme anche alla nasìda del fiume, li abbiamo venduti a te, il citato archimandrita. Pertanto dichiariamo che abbiamo ricevuto da te i predetti quattrocentosessanta tarini perfetti e senza difetti. Perciò, come estraniati da essi fino alla fine, abbiamo fatto per te la presente perfetta e pienissima vendita, così che il detto santo monastero di Terrèti abbia tutti questi campi indicati e la nasida da questa ora e questo giorno in sua propria potestà e signoria per fare di loro ciò che vuole e desidera avendo ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la garanzia legale da qualunque persona estranea o familiare. Chiunque si presenti mai nel tempo da parte nostra o dei figli o di fratelli o di parenti o di familiari o di eredi o noi stessi per chiedere o reclamare il rigetto di tale vendita, non sia ascoltato ma sia multato presso l’erario del potente re di 36 rigate, affinché anche in tal modo sia resa sicura e permanga la presente vendita fino al rimanente tempo. È stata scritta per mano di Giovanni e tabulario della città di Reggio, il 7 del mese di giugno, indizione X, dell’anno 6700, in presenza di testimoni †.
† Macrìs [lungo], notaio Teodoro, sono presente †.
† Giovanni Cacomalàs testimoniando ho sottoscritto di  mia propria mano †.
† Nicola Cacomalàs testimonio †.
Come ognuno dei precedenti, anch’io, Nicola del medico Xeròs [secco], invitato testimonio †.
† Basilio di Vothèro testimoniando ho sottoscritto †.
† Il modesto sacerdote Nicola Spanòs [glabro], invitato dai venditori, ho sottoscritto e testimonio †.
† Il figlio del defunto Nicola Calavròs, Giovanni, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.

42. Scrittura, settembre 1192.

Signor Leonzio … (mancano circa 14 lettere) indizione XI (anno 6701).
† Lorenzo monaco e archimandrita del reverendo monastero ho sottoscritto di mia propria mano †† archimandrita di Terreti. Poiché sono presente per dichiarare con la presente scrittura, così come ho sottoscritto con la mia propria mano, che a proposito dei campi di Toxia che si trovano presso il Melito, quelli che ho acquistato dal signor Andrea figlio del notaio Nicola Mavrikìo e da Archontìssa sua moglie: affinché per essi non ci sia dissenso, ho consegnato la carta dell’acquisto, che avevano fatto per me i sopra detti e gli stessi campi sopra indicati, all’illustre e santo monastero del Salvatore dell’acroterio di Messina ed al suo dirigente, il santissimo e grande archimandrita signor Leonzio ed ho ricevuto dalle mani del signor Luca, l’odierno grande economo di Tukki, tarini quattrocentosessanta, i quali sono a noi spettanti per l’acquisto di questi campi, così come anche dichiara la carta di vendita. Per una maggiore assicurazione ho fatto la presente scrittura nel mese di settembre XI indizione dell’anno 6701, in  presenza di testimoni †.
† Macario, modesto ieromonaco, l’anziano, testimonio †.
† Macario, modesto monaco e all’apparenza sacerdote, testimonio †.
† Isacco, modesto monaco ed economo dello scambio, richiesto dall’archimandrita, testimoniando ho sottoscritto.
† Filippo, modesto e l’ultimo dei sacerdoti, sono presente ed ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Ignazio  Ghèmellos [gemello], modesto monaco, testimoniando ho sottoscritto †.
† Costantino Gudrùppo, modesto sacerdote, che ho vergato tutto il documento, testimonio.
(…) notaio Giovanni Polìtis [costantinopolitano] testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.

43. Vendita, 6 settembre 1193.

† Segno di mano di Giovanni figlio di Varsakìo Kinnèri. Il sopra scritto Giovanni che ha sottoscritto di sua propria mano in questo documento la veneranda e vivificante croce assieme con il suo nome, per questo sono presente di mia personale decisione e spontanea deliberazione, esclusa ogni motivazione vietata e considerazione pretestuosa, per vendere tutta la mia porzione che mi discende da parte della buonanima del mio proprio fratello Niceforo, che posseggo presso il fiume di Melito, cioè la quarta parte di tutte le vigne e la quarta parte del giardino e della casa e della botte e dei palmenti e dei canneti e dei frutteti e dei campi abbeverati, così come  si trovano divisi con la nostra nipote; e così pure anche la quarta parte di tutti i campi non abbeverati che si trovano in diverse località e lì indicati : quelli della salita di fronte al fiume e di Cofolìto e di Vrica e quelli sopra di essi di Triginarìa ed accanto ai campi di Calumèno e del signor Sergio e di  San Nicola e del Sicamìno [gelso nero] e di San Sergio e di Vuitàno [bovese] e il Rapanà e (…)lisi di Petàli [timone] e dunque di tutti i campi che posseggo lì, coltivi e selvatici. Egualmente anche il campo abbeverato che posseggo per intiero presso il vigneto del signor Sergio, il giudice, assieme agli olivi ed agli oleastri e alle case che ci sono lì; al piissimo ed illustre e santo monastero del Salvatore ed a te, suo dirigente, il santissimo signor Leonzio e grande archimandrita per seicentosessanta tarini d’oro. Ordunque, tutti questi beni dichiarati assieme con i loro diritti, li ho venduti, come si
è detto, all’illustre e santo monastero ed a te, il santissimo e grande archimandrita, signor Leonzio. Pertanto dichiaro di avere ricevuto da te i predetti seicentosessanta tarini perfetti e senza difetti. E come estraniato da tutti questi, ho fatto per te la presente e completissima vendita così che tu li abbia, assieme al santo monastero, da ora e per sempre in propria potestà e signoria, avendo ricevuto da me il potere e la potestà di fare in essi ciò che anche volete. Ti rendiamo anche la garanzia legale da qualunque persona straniera ed anche familiare. Chiunque si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra, figli o fratelli o parenti o familiari o di qualche straniero per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita, sia multato presso l’erario del potente e santo re di 36 rigate. E vogliamo che così ci piaccia e resti la presente vendita sicura e immutabile nel rimanente tempo. Essa anche è stata scritta per la mia mano, di Giovanni Kinnèri il 6 del mese di settembte, indizione XII, nell’anno 6702 in presenza di testimoni. Come sopra si rende chiaro, la quarta parte, cioè la porzione del tutto che spetta a me è quello che ho venduto al santo monastero; le altre tre parti spettano una a mio fratello Andrea
e le altre due a mia nipote Rigàla †.
† Il …  di Logothèta testimoniando ho sottoscritto †.
† Giovanni  di Logothèta testimoniando ho sottoscritto †.
† Il signor Filippo, figlio di Giovanni Logothèta testimonio †.
† Il cavaliere Giovanni di Logothèta ho sottoscritto di mia propria mano la veneranda croce come testimone.
† Il modesto prete Leone di San Mena [greco: Minà] presente †.
† Giovanni Carufìllo testimoniando ho sottoscritto †.
† Nicola del medico Xirò [secco] di mia propria mano ho sottoscritto e testimonio †.

Convenzione, agosto (1200).

† Segno di mano di Gregorio Toxia.
† Segno di mano di Rigàla, sua moglie †.
Nel mese di agosto della IV indizione [Cristina Rognoni corregge in III, avendo dedotto l’anno], convengo anch’io, Gregorio Toxia, insieme con la mia moglie Rigàla, che, siccome avevamo insistentemente supplicato te, il reverendissimo archimandrita dell’acroterio di Messina, signor Leonzio, di usare verso di noi misericordia riguardo al debito di cui noi ti siamo debitori, sia per il pegno verso di te, sia per la vendita della vigna e dei campi che ti avevamo venduto sotto condizione e si trovano presso il Melito e siccome non avremmo ottenuto niente da questa supplica, siamo partiti e ci siamo recati al cospetto del reverendissimo cardinale e dopo esserci a lungo giustificati, siamo riusciti ad ottenere che forse avremmo potuto fare di nuovo una convenzione; ed essendoci recati da te con la richiesta e la mediazione
del piissimo categumeno della Grotta di Palermo, signor Varlaàm, e del piissimo categumeno di Agrò [monastero dei Santi Pietro e Paolo di Forza d’Agrò, prov. Messina], signor Macario e dei rimanenti reverendi monaci, tu hai accolto la loro e nostra istanza, così che la vendemmia per quest’anno della detta vigna la vendemmiamo noi e teniamo tutto il ricavo del mosto ed egualmente teniamo anche il frutto del giardino ed al termine del tempo fissato in cui abbiamo concordato che avremmo restituito il debito al santo monastero, e cioè la vendita sulla carta di tarini 300 ed il pegno sul giardino di tarini 100, in tutto quattrocento: questa somma, senza nessuna considerazione e nessun pretesto rimborseremo al santo monastero il giorno 4 del mese di gennaio dell’indizione IV, secondo il termine che avevamo precedentemente fissato nella scrittura, e riceveremo la carta di vendita e la scrittura dell’impegnativa che abbiamo fatto per te. E se poi alla tale scadenza per un qualche motivo non consegneremo al santo monastero i suddetti quattrocento tarini e non riceveremo le dette carte, con la presente nostra scrittura garantiamo che la precedente nostra vendita al santo monastero resterà inconcussa e senza decurtazione ed il santo monastero possederà gli oggetti della vendita e quelli del pegno, secondo tutto quanto è contenuto nelle scritture, integri e immutati. E se ci troveremo ancora a richiedere o reclamare su ciò, non solo non dovremo essere ascoltati, ma in più saremo anche multati presso l’erario
di 50 nomismata e dovranno restare i suddetti beni immutabilmente assegnati al santo monastero. Su ciò anche abbiamo giurato sopra l’immacolato Evangelo che non porremo nessun artificio o inganno verso quello che abbiamo concordato nella presente scrittura e non proporremo nessun cambiamento, ma lo manterremo integro e immutato. È stata scritta nel mese e nell’indizione precedentemente indica in presenza di testimoni.
† Nicola Reggino figlio di Daniele, avendo sottoscritto tutto l’intiero documento per richiesta di chi sopra, testimonio.
† Basilio figlio di Colombo per richiesta di chi sopra ho sottoscritto.

† Teodoro figlio di Colombo testimoniando ho sottoscritto.
† Giorgio figlio di Stefano d’Alessandro testimonio †.
† Barlaam modesto monaco e categumeno della Grotta, richiesto da chi sopra, concordando ho sottoscritto †.
† Macario modesto monaco categumeno di Agrò  testimonio †.

45. Scambio e vendita, 9 maggio 1227.

† Segno di mano di Nicàndro, figlio del notaio Basilio Eghidàri [capraio].
† Segno di mano di Sofìa, sua moglie.
† Segno di mano di Basilio, loro figlio.
Noi consorti, che abbiamo tracciato di nostra propria mano in questo documento il segno della veneranda e vivificante croce, comprendendo anche i nostri figli data la loro minore età e similmente i familiari e i coeredi, con nostra spontanea decisione e nostra propria determinazione, per niente forzati da qualcuno, ma di buona volontà e buona disposizione, per la spinta del desiderio, abbiamo ritenuto di scambiare una parte della mia vigna, che ricevemmo per nostra dote dal mio suocero notaio Basilio di cognome Scorpìo e che si trova ed è conosciuta in località Carpianà, con l’ apòrion padronale che si trova nel sito del paese di San Nicola di Placa sotto i Santi Anargiri dalla parte orientale, contrassegnato e scritto nella platèa [elenco di beni] degli apòria del santo monastero dell’acroterio di Messina, mentre anche come anticipo [affitto ?] per esso pagavo un tarino. Pertanto ho fatto richiesta al santissimo e grande archimandrita signor Macario e al sacro capitolo della grande comunità monastica del Salvatore ed al piissimo e grande economo, signor Sava. Ascoltando la nostra istanza, questo [il capitolo ?] ben volentieri ci diede 260 piedi ed il signor economo assieme a numerosi buoni uomini li ha misurati e ci ha dato i predetti duecentosessanta piedi e noi al posto di questi abbiamo dato al detto signor economo per conto del santo monastero altri duecentosessanta piedi dal vigneto della predetta nostra vigna dei Carpianì e per questo abbiamo ricevuto una carta. Quanto al rimanente vigneto del medesimo luogo, anche questo abbiamo venduto al detto santo monastero e all’odierno archimandrita signor Macario e ai venerandi padri a te sottomessi e al sacro capitolo per trenta tarini d’oro, che abbiamo ricevuto dal signor economo Sava ben volentieri e di nostra
soddisfazione. Questo indicato vigneto è così delimitato: ad oriente l’apòrion della stessa santa chiesa [il monastero del SS. Salvatore: interessante estensione del significato di “chiesa” peraltro frequente nei documenti] e il fiume e sale tutta la valletta e sbocca nel vigneto della chiesa denominato (… circa 12 lettere) e dalla parte di sopra trasversalmente anche lo stesso confine dello stesso ente padronale fino al confine dell’aporìo Amigdalitàno [persona di Amendolea; l’aporìo possiede dunque un nome proprio, quasi una marca, come molte fattorie bizantine] e scende fino al fiume e chiude dove anche avevamo fatto inizio. Questo che abbiamo indicato (…) come è stato circostanziato e delimitato a proposito dei 260 piedi, lo abbiamo scambiato, come abbiamo detto sopra, con in aggiunta anche i trenta tarini della vendita, che dichiariamo di avere ricevuto dalle mani del signor economo Sava nelle nostre mani perfetti e senza difetti e di
nostro piacimento e, come estraniati completamente da questo luogo, abbiamo fatto una perfetta e completissima vendita, così che il santo monastero abbia il detto luogo in propria potestà e signoria per fare di esso ciò che vuole avendone ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la garanzia legale da ogni persona straniera e anche familiare. Se qualcuno si presenti in qualche tempo o anno da parte nostra o di familiari o eredi oppure noi stessi per chiedere o reclamare il rigetto di questo scambio da noi operato così come della nostra vendita compiuta con piena volontà e soddisfazione, non venga ascoltato, ma anche sia multato presso la regia autorità di 26 rigate. Affinché siano
resi sicuri e certi il presente scambio e la presente vendita, questi sono stati scritti dalla mia mano, di Nicola, figlio del defunto Basilio, di cognome Agrillitàno il 9 del mese di maggio dell’anno 6735 del’indizione XV, in presenza di uomini valenti.
† Il misero e peccatore protopapa di Tukki Iraìf, invitato da Nicàndro Eghidàri e trovandomi ad essere presente, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Anastàsio Eghidàris per richiesta di quelli di cui sopra testimonio.
† L’anziano [monaco ?] Polièucto per richiesta di quelli di cui sopra testimonio con la croce.
† Leone del sacerdote Pietro Farmi testimonio con la croce.
† Nicola Stratiòtis [militare] per richiesta di Nicàndro Eghidàri testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Calokìris Cùtruppos testimonio di mia propria mano.
† Guglielmo figlio di Anselmo Stratiòto testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano.
† Giovanni Logoteta per richiesta di quelli di cui sopra testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Leone Agricòs testimonio di mia propria mano.
† Il figlio di Kipèri Nicola dei notai, il modesto, trovandomi qui testimonio di mia propria mano.
† Vunòmos [buon uomo] e odierno stratigoto [autorità locale] testimonio †.
† Il protopapa emerito sacerdote Costantino di cognome Gricalàvro ho sottoscritto †.
† Anch’io, il sacerdote Theoprèpis, testimoniando ho sottoscritto †.
† Nicola Àskimo [brutto] modesto sacerdote testimoniando ho sottoscritto.

46.  Vendita, 20 febbraio 1228.

† Segno di mano di Iosfré figlio del defunto sacerdote Anchìllo (…) di Tukki.
† Segno di mano di Chrisovìnis [vena d’oro] sua moglie.
† Segno di mano di Anchìllo suo figlio.
† Segno di mano di Giovanni suo figlio.
† Segno di mano di Roberto fratello del detto notaio Iosfré †.
† Segno di mano di Calì [bella] sua moglie †.
Noi che di nostra propria mano abbiamo sottoscritto in questo documento i segni della veneranda e vivificante croce, ci troviamo di nostra propria decisione e spontanea determinazione, esclusa ogni motivazione vietata e considerazione pretestuosa, dopo ponderato disegno e precedente esame dei nostri eredi, per vendere i nostri campi, che possediamo dalla nostra eredità materna nel distretto di Tukki, in località detta Varichorìa nella parte di sotto di Vina, al pio e santo monastero del Salvatore dell’acroterio di Messina ed a colui che in esso presiede, il reverendissimo e santo archimandrita Macario, al prezzo di ventotto tarini d’oro. La confinazione del detto campo è così: ad oriente i campi dello stesso santo monastero ed ad occidente altrettanto il campo del monastero detto Castellàkion [castelletto], dalla parte di mezzogiorno egualmente il campo dello stesso santo  monastero, a settentrione i campi dei figli di Costantino e dell’anziano [monaco ?] Nicola Tukkisiàno [cittadino di Tukki] e il Rembé [masso errante ?] e chiude. Pertanto i campi indicati, come è stato detto e sono stati delimitati, con tutti i loro diritti e prerogative diverse, li abbiamo venduti al detto illustre e santo monastero ed a colui che in esso è preposto, il reverendissimo e grande archimandrita il signor Macario al prezzo dei sopra indicati ventotto tarini, che anche dichiariamo di avere ricevuto dalla mano del reverendissimo monaco signor Sava ed economo di Tukki nelle nostre mani perfetti e senza difetti e dal momento che non avevamo più da chiedere su ciò, abbiamo fatto in favore del santo monastero una perfetta e completissima vendita, così che abbia i detti campi nella sua propria potestà e signoria per fare di essi ciò che vuole, avendo ricevuto da noi l’autorità e la potestà. Rendiamo anche la garanzia legale da qualunque persona estranea o familiare. Se mai in qualche tempo si presenti qualcuno da parte
nostra o di familiari o fratelli o figli o eredi oppure di persone estranee oppure noi stessi per chiedere o reclamare il rigetto di questa vendita condotta con piena volontà, non sia ascoltato, ma anche sia multato presso l’erario regio di 26 nomismata. Affinché sia resa certa e resti sicura la presente vendita, sicura e immutabile, essa è stata scritta per mano di Nicola, modesto notaio Kipèri, il 20 del mese di febbraio, indizione I, nell’anno 6736, in presenza di testimoni.
† Giovanni Vagalàs per richiesta dei venditori testimonio quanto sopra di mia propria mano †.
† Ruggero figlio di Iosfré Cavallàri testimonio.
† Giovanni di cognome Licàsto e stratigoto della città di Tukki per richiesta del sopra citato notaio Iosfré e di Roberto suo fratello
testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Vonòmos [buon uomo] Romànos e confinante di quel campo e stratigoto, per richiesta dei venditori testimonio con la croce †.

47. Scambio, 15 febbraio 1229.

† Segno di mano di Andrea, figlio del defunto Gregorio, di cognome Comboràchi.
† Segno di mano di Nicola, suo fratello. Noi, i sopra indicati fratelli che abbiamo tracciato i segni della veneranda e vivificante croce, siamo presenti, per nostra decisione e spontanea determinazione, esclusa ogni motivazione vietata e considerazione pretestuosa, non sforzati da nessuno oppure obbligati, ma per nostra buona decisione e volontà, al fine di compiere uno scambio dei nostri campi con il pio e santo grande monastero del Salvatore dell’acroterio di Messina e con colui che in esso presiede, reverendissimo e santissimo [aggettivo che riguarda i monaci], santo [aggettivo generale] padre signor Macario e grande archimandrita, secondo il parere, l’opinione ed il compiacimento di te, il piissimo signor Sava monaco ed odierno economo della città [chora, che significa anche territorio] di Tukki. Pertanto scambiamo le nostre due porzioni dei campi che possediamo nel distretto di Tukki e che sono divise in tre parti, perché esse formano il completamento delle proprietà [cultùron] padronali del santo monastero e sono con esse connesse; allo stesso modo abbiamo preso anche noi da quelle proprietà due pezzi di campi che sono confinanti con i nostri. Una prima parte dei campi, quella che è la mia porzione, di Andrea sopra indicato, si trova nella località detta Chilomèni e la sua confinazione è così: ad oriente c’è il confine delle proprietà padronali di Chilomèni e ad occidente la falsa valle [psevdovathìa] e il confine dei campi di Silipìngo, a settentrione la strada e a mezzogiorno girando giunge al confine del campo di Gudrùppo.
Le altre due parti, cioè le nostre porzioni, dei due fratelli Andrea e Nicola, attaccate fra loro, a Maleniticà [luogo della proprietà dei Maleni ?] formano anch’esse il completamento del detto campo e sono così delimitate: il confine inizia ad oriente con il campo di Gudrùppo e sbocca nella parte posteriore della sommità del colle detto Sorò [bara] e scende da lì le aspàmata to limàco [“sabbie del terreno fangoso” ? Àspama in greco calabro è una malattia delle capre] fino a mezzogiorno e si unisce al confine della proprietà padronale denominata Malenitikì. Queste indicate tre parti dei campi le abbiamo scambiate con il detto santo monastero. Allo stesso modo anche tu, il predetto reverendissimo economo signor Sava, hai dato a noi in cambio, al posto di questi, due pezzi di campi. Uno di essi per la mia porzione, cioè di Andrea: e si
trova questo campo nella parte interna dei luoghi detti Monastiràkia [piccoli monasteri], ed è così delimitato: ad oriente c’è il pendio ed il confine dei campi detti di Sava e ad occidente il confine dei campi di Nicola Condò [corto] e a settentrione c’è il torrente che scende e a mezzogiorno c’è il confine dei campi di Gudrùppo. L’altro pezzo, quello che si congiunge con la porzione di Nicola, si trova in cima ai campi detti di Trigòno ed esso è così delimitato: ad oriente c’è la cresta di Crimnò [dirupo] e ad occidente il confine del campo mio, cioè di Nicola che sta compiendo lo scambio, e a mezzogiorno il confine di Gudrùppo e a settentrione il piede del colle detto dei Colùni [colline]. Queste sopra indicate tre parti dei campi nostri, cioè dei detti fratelli Andrea e Nicola, così come sono state denominate e delimitate, le scambiamo con il sopra indicato santo e grande monastero secondo la determinazione e l’opinione tua, cioè del predetto reverendissimo economo signor Sava, monaco. Similmente anche tu hai dato a noi le due parti di campi appartenenti al santo monastero secondo come anch’esse sono state determinate e delimitate. Pertanto di buona voglia e per spontanea decisione ambedue soddisfatti, abbiamo fatto il presente scambio con il santo monastero, sincero e immutabile. Rendiamo anche la garanzia legale da ogni persona forestiera e familiare. Se qualcuno si presenti in qualche tempo da parte nostra per chiedere o ricercare il rigetto di questo scambio compiuto di buona voglia e non ci mostreremo pronti come si deve a difenderlo in tempo opportuno, dobbiamo essere multati presso l’autorità imperiale di 20 nomismata. Affinché sia reso sicuro e resti certo il presente scambio, per sempre immutabile, esso è stato scritto per mano
di Nicola Kipèri, modesto fra i notai, ai 15 del mese di febbraio, indizione II, dell’anno 6737, in presenza di buoni uomini.
† Il modesto sacerdote Calokìris [buon signore] Rapanà ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Giovanni Vagalàs per richiesta dei soprascritti, testimonio quanto sopra di mia propria mano †.
† Gregorio Pizzi per richiesta dei fratelli di cui sopra, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Teodoro Pirèllo testimonio †.
† Nicola figlio della buonanima del protopapa di Santo Niceto testimonio †.
† Io, Oifèr, il figlio del sacerdote buonanima Anchillìo, per richiesta di Nicola Comburàchi testimonio di mia propria mano †.
Leone Pizzis, richiesto dai fratelli di cui sopra, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.
† L’anziano [monaco?] Nicola Rapanàs testimonio con la croce.
† Il modesto sacerdote Constas Coràtora testimonio.
† Giovanni Logothèta e odierno stratigòs della città [chora] di Tukki, richiesto dai fratelli di cui sopra testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano ††.
† Nicola Agrillitàno e odierno stratigòs della città [chora] di Tukki, per richiesta di Andrea Cumboràchi e di Nicola suo fratello ho sottoscritto quanto sopra di mia propria mano †.

48. Scambio, 15 marzo 1230.

† Segno di mano di Nicola, figlio della buonanima di Basilio, di cognome Agrillitàno.
Lo scambio di convenzioni fa parte dell’equità e della giustizia, né si introduce alcun danno dovuto a ingiustizia quando ambedue le parti sono d’accordo nella disposizione dello scambio. Pertanto anch’io, il suddetto Nicola, con volontà buona e mia personale determinazione, non sforzato per niente da alcuno, ma per sola mia determinazione, scambio il mio campo materno che ho nella città [chora] di Tukki in località detta Varichorìa nella parte inferiore di San Biagio [Vlàsios, genitivo Vlasìu]. Scambio dunque questo con il venerando e santo monastero del San Salvatore di Messina e con colui che in esso presiede, il reverendissimo e santissimo padre e grande archimandrita signor Macario e con i santi e reverendi fratelli che sono con lui, secondo il parere ed il consiglio del reverendissimo economo di Tukki, signor
Sava. La delimitazione di questo campo è: ad oriente c’è la proprietà [cultùra] padronale del santo monastero, ad occidente ed a mezzogiorno il campo di Murapìto [genitivo; al nominativo Muràpitos], a settentrione la strada e chiude. Abbiamo ceduto il campo così indicato al santo monastero ed al suo posto ho ricevuto una vigna in località chiamata Andilerìn di fronte agli Psaurìi. Questo appunto era un apòrion di Giovanni Polìto, uomo del santo monastero; di questo, il suo confine è così: ad oriente la vigna mia, del sopra nominato Nicola e ad occidente la vigna di Giovanni Zangàri [calzolaio], a settentrione la vigna di Giovanni Alfèri e di Calì [bella], sua suocera e verso la parte giornaliera [sinonimo di “mezzogiorno” ?] la vigna di Linghiàri e chiude. Essendo soddisfatti insieme di questo scambio sopra indicato compiuto con buona volontà e per propria decisione, io ho dato il mio campo, in quanto vicino alla proprietà [cultùra] padronale,
al santo monastero, e la vigna l’ho ricevuta io, Nicola, dallo stesso santo monastero. Per cui anche ho fatto la presente scrittura in favore del santo monastero, affinché lo abbia in propria potestà e signoria per la rimanente età, ed egualmente anch’io abbia la vigna indicata, e non mutiamo niente di questo scambio. Per pena 100 tarini. Essa è stata scritta di propria mano da me, Nicola Agrillitàno, il 15 del mese di marzo, indizione III, 637(8), in presenza di testimoni.
† Il modesto fra i notai, Nicola, figlio di Kipèri, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Nicola, figlio del defunto protopapa di Santo Niceto, testimonio per richiesta del sopra indicato che ha compiuto lo scambio†.
† Giovanni Logothèta ed odierno stratigòs della città [chora] di Tukki, richiesto da quello di cui sopra, testimonio di mia propria mano †.
† Gregorio Pizzi, per richiesta del sopra indicato che ha compiuto lo scambio, testimonio di mia propria mano †.
† Anastàsios Eghidàris, richiesto dal notaio Nicola, testimonio †.
† Giovanni Vagalàs, per richiesta di Nicola di cui sopra, testimonio quanto sopra di mia propria mano †.

† Anch’io, Giosfrès, figlio della buonanima del sacerdote Anchìllo, per richiesta di quello di cui sopra, testimonio di mia propria mano.
† Lìcastos, il fratello di Nicola di cui sopra che ha compiuto lo scambio, approvo e testimonio quanto sopra.
49. Scrittura, 1 aprile 1234.
† Nel mese di agosto, VI indizione, essendo venuto il santo padre Macario e grande archimandrita nella città [chora] di Tukki, siccome tu,
la moglie di Giordano Vulèndo, sei accorsa gridando pietà al padre santo per la tua piccola vigna materna che l’ente sacro [ecclisìa, lett.: la Chiesa] detiene a Carpianà, il padre santo per la sua misericordia si è mosso a pietà di questa povertà; avendo perciò appreso la verità dagli aporàrii [responsabili degli apòria] e dagli anziani, ha ordinato appunto a me, monaco Cosmà e odierno economo di Tukki di darne un’altra al posto di quella. Io allora ho dato ordine agli aporiàrii [variante di aporàrii] di misurarla e di considerarne un’altra della stessa misura per concederla a loro. Gli apo(riàrii) andarono e la misurarono e videro che era una vigna contenente duecentosessanta piedi di viti, costatando che era congruo al posto di questa l’apòrion di Calokìri Petàli, e la quantità della sua propria vigna era di duecento sessanta piedi e l’abbiamo assegnata a loro assieme agli alberi da frutta ivi presenti. Questo appunto concediamo a voi perché lo abbiate e ne siate padroni durante tutta la loro vita e dopo il loro decesso questo stesso bene sia restituito al nostro santo monastero come era prima perché esso non è annoverato fra i loro beni ereditari secondo la consuetudine degli altri buoni uomini del nostro santo monastero [ecclisìa]. Pertanto lo abbiamo concesso ed abbiamo dato a voi la presente scrittura affinché deteniate i beni e ne siate padroni e non si verifichi opposizione od ostacolo da parte di alcuni uomini o servitori del nostro santo monastero. Scritto e confermato, è stato consegnato il giorno 1 del mese di aprile, VI indizione, nell’anno 6742.
† È stato scritto di mia mano, di Nicola, figlio dell’anziano Giovanni Condò per commissione dell’odierno economo signor Cosmà della città
[chora] di Tukki.
† Anch’io Cosmà ed odierno economo approvo e confermo quanto sopra.

50. Convenzione, 10 aprile 1244.

† Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo amen.
Nell’anno 6752, il dieci del mese di aprile indizione II, imperando l’illustrissimo imperatore dei Romani sempre augusto, felicissimo re di Gerusalemme e di Sicilia, il nostro signore Federico, nell’anno 24 del suo impero, 18 del suo regno di Gerusalemme e 46 del suo regno di Sicilia, felicemente amen.
Davanti a noi, Arduino di Giovanni, medico, giudice della città di Messina, quale notaio, e i sottoscritti testimoni, l’arconte signor Carnalavàrio [Carnelèvares] di Pavia e padrone della città [chora] di Sinopoli ha dichiarato che, siccome aveva richiesto al piissimo archimandrita del San Salvatore dell’acroterio di Messina, signor Paolo ed ai fratelli di quel cenobio che sono con lui, che gli fosse favorita e concessa un po’ dell’acqua della sua città [chora] di Tukki, non per norma o per consuetudine di diritto, ma per motivo del favore e dell’ amicizia di un  tempo, per il suo considerevole oliveto presso il detto fiume di Tukki denominato di Ammirìssas, vicino ai campi di Kinnèri, e per questo è tenuto alla loro fraternità ed alla manutenzione dei beni dello stesso monastero; essi, i detti, cioè il reverendissimo archimandrita ed il suo cenobio, informati e consapevoli di ciò di buona volontà e liberamente, assicurando la fraternità e la manutenzione dei beni del monastero  e per questo operativamente hanno accettato:  per il presente e per il futuro lo hanno favorito e gli hanno donato l’acqua, osservando essi stessi da dove e come sia il passaggio quest’acqua nel suo uliveto per abbeverarlo. Hanno concordato che ottenga ciò durante tutta la sua vita e niente più e che dopo la sua dipartita ritorni la somministrazione di quest’acqua al monastero, dal quale ottenne ciò per graziosa concessione. Hanno concordato, poi, dinanzi a noi, che durante l’abbeveramento ed il passaggio di quest’acqua attraverso altri campi in direzione di questo uliveto, gli uomini che lo abbeverano lo facciano pacificamente e senza arrecare disturbo e non apportino fastidio o danno agli altri campi per dove dovrà avere il passaggio quest’acqua e che né il loro economo che si trova lì né gli uomini del detto monastero facciano loro violenza o contestazione, ma quando il suo uliveto ha bisogno di acqua, i suoi uomini l’abbiano senza impedimento, pacificamente e amorevolmente, facendo ciò affinché l’amore fra di loro sia custodito
saldo e stabile. Ha concordato dinanzi a noi anche questo: che dopo la sua dipartita nessuno dei suoi eredi o successori o persone estranee che arrivi, mentre ci sia questo uliveto, per  impadronirsene o tenerlo in signoria o in qualche altra maniera, non abbia facoltà di reclamare o di dare fastidio allo stesso monastero per pretesto di diritto e consuetudine di distribuzione della sua acqua, assolutamente. Ha concordato anche questo dinanzi a noi che se qualcuno si presenti in qualche tempo da parte dei suoi eredi o successori o lui stesso per opporsi o tenti di venire in contrasto con il presente accordo e porti il monastero davanti alla corte imperiale, che non venga ascoltato, non solo, ma costui sia anche multato di cinquanta augustali e la distribuzione di quest’acqua ritorni al monastero senza pretesti o impedimenti. Per sicurezza di
questa convenzione sono state fatte due scritture così che l’una abbia lo stesso contenuto dell’altra e la presente è stata data all’archimandrita soprascritto ed alla sua fraternità e l’altro è stato dato all’arconte signor Carnelavare. Scritto per mano di Nicola Corakìs [corvo], imperiale pubblico notaio della città di Messina.
† Io Arduino Di Giovanni medico giudice messinese [in latino]
† Nicola di Santa Barbara testimoniando ho sottoscritto †††.
† Simeone Pnen (?) testimoniando di mia propria mano †.
† Io Roberto Di Giovanni richiesto ho sottoscritto quanto sopra ††. [in latino]
† Il … del documento, Nicola Corakìs pubblico imperiale notaio della città di Messina testimonio.

51. Scrittura pubblica, 31 agosto 1287.

Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo amen. Nell’anno 1287 della sua salvifica incarnazione, nel mese di agosto, nell’ultimo giorno di questo mese, indizione prima, dominando il signore nostro Giacomo [Giacomo II d’Aragona], per grazia di Dio illustrissimo re di Sicilia e del ducato di Apùlia [Puglia] e principato di Capua, nel terzo anno del suo potere, felicemente amen. Noi, Leone Volendo, giudice della città [chora] di Tukki, Costantino Còtrupos, pubblico notaio di questa e i testimoni sottoscritti in questo documento, convocati e accreditati personalmente, con la presente scrittura dichiariamo e testimoniamo che per ordine del reverendo vestiario [greco: vestiarìtos, incarico monastico di competenza incerta] dell’illustre monastero del Salvatore dell’acroterio di Messina, Basilio Di Kikkiùni, a causa di diversi disordini e danneggiamenti inferti al suddetto monastero, alcuni uomini della città [chora] di Tukki sono stati dallo stesso Basilio
trasferiti irregolarmente, come veniva detto manifestamente, nel castello di Pentedattilo e dimorano in prigione. Pertanto da parte del reverendo archimandrita del detto monastero, signor Giacomo, è stata inviata al signor Doroteo, economo della città [chora] di Tukki, una lettera [nel testo si parla di “lettere” nel senso,credo, di scritture contenute in una lettera] che lo stesso signor economo ha mostrato a noi con il solito suo [dell’archimandrita] sigillo di cera nera e noi l’abbiamo letta. Fra gli altri ordini era contenuto questo capitolo nelle seguenti parole: “Quanto a Basilio Di Kikkiùni, con la presente stiamo ad ordinarti rigorosamente che, dopo che l’hai ricevuta, tu ti faccia dare dallo stesso Basilio buone persone fededegne convocate con pubblica scrittura che garantiscano che da ora in avanti sia nelle parole che nelle opere non facciano nessuna azione che vada contro i diritti ed i beni del nostro monastero né di alcun altro dei buoni uomini che costì abitano e che diano assicurazione di ciò in questo modo: che se in qualche tempo il detto Basilio si trovasse a fare in qualche modo qualcosa contro i parimenti stringenti diritti dei beni sia del nostro monastero sia dei buoni uomini della nostra città [chora] di Tukki, i detti garanti nei confronti del monastero siano tenuti all’impegno di provvedere nel corpo e nei beni in favore del cenobio del detto nostro santo monastero. Laonde, volendo il detto signor economo che noi, i detti giudici e notai, applicassimo nel dovuto adempimento l’ordine del detto reverendo padre e compissimo un’inchiesta all’interno del detto castello di Pentedattilo, noi ci siamo recati lì e abbiamo convocato al nostro cospetto lo stesso Basilio, ingiungendogli, secondo l’ordine del reverendo detto padre archimandrita, che ci consegnasse un congruo numero di garanti, e, fra tutti questi, Bartolomeo suo fratello e Perrùn Mèleto suo parente, perché si presentassero e firmassero
quali suoi garanti nei confronti del detto signor economo. Essi ben volentieri e convenientemente si fecero garanti per lo stesso Basilio nei confronti del detto signor economo, secondo la maniera e la procedura che è stata indicata e definita più sopra per la prevenzione e la difesa del detto reverendo padre l’archimandrita, sotto pena di provvisione da parte del detto reverendo padre e del suo santo cenobio nell’ipoteca dei corpi e dei beni dei detti garanti. Pertanto, a futura memoria e per assicurazione di quanto detto, per richiesta e sollecitazione sia tanto del detto Basilio quanto degli stessi detti garanti, ne è stata fatta la presente e pubblica scrittura scritta per mano di me, il detto Costantino pubblico notaio della città [chora] di Tukki e sottoscritta dal giudice e dagli altri sottoscritti testimoni, una scrittura sottoscritta e confermata nel mese e nell’indizione sopra indicati.
† Anch’io Leone Vulèndos, giudice della città [chora] di Tukki, testimoniando ho sottoscritto di mia propria mano †.
† Io Leone del protopapa, trovandomi a testimoniare, ho sottoscritto di mia propria mano ††.
† Anch’io Perrùn Cordàmnos testimoniando di mia propria mano †.
† Anche il soprascritto Costantino Cùtrupos, pubblico notaio della città [chora] di Tukki, scripsi et subscripsi [in latino: ho scritto e
sottoscritto] †.

52. Lista dall’inventario [platìa] di Tukki, metà o fine del sec. XII.

(Nel dorso del documento c’è scritto: Inchiesta dei … che dovranno essere ricercati e riportati dopo il tempo del disordine al fisco di Tukki).

Lista, con l’aiuto di Dio, degli uomini esterni all’inventario di Tukki del grande monastero del Salvatore di Messina. Questi sono gli uomini che abitano nella città [chora] di Santo Niceto: † Giovanni Zurgàris [fabbricante di sporte], tarini 2. † Leone Evlàmbis ai Gritzàdi, tarini 2. † Leone Cadrònos tarini 2. I figli di Nicola Evlàmbi presso Cadròno, tarini 2. † Giorgio Cadrònos nella città [chora] di Santo Niceto, tarini 2 †. † Leone Portàris a Santo Niceto, tarini 2 †. † Leone Cotzoclìtis, tarini 4 †. † Nicola Tripocalìvis [capanna bucata], tarini 2 †. † La vedova di Giovanni Tripocalìvi, tarini 1 †. † La vedova di Basilio Tripocalìvi, tarini 1. † La vedova di Exipolìtis presso i mulini, mezzo tarino †, † di Foremèno [vestito] presso i mulini, tarini 1 †. † Leone Tripocalìvis presso Anastasio, tarini 2 †. † Leone Exipolìtis presso Anastasio, tarini 2 †. † I figli di Teodoro Vlechàndi, tarini 3 †. † Apòrion dei figli di Chatzi [pellegrino] presso la vigna vecchia [greco: ghiritàmbelon], tarini 2 †. † Andrea Exipulìtis a Favìli, tarini 2 †. † La vedova di Exipulìto †. † Nel paese [chorìon]  i Xilèa, la vedova di Vlechàndi, mezzo tarino. † Presso Danìli, i figli di Nicola Turgàri, tarini 4 †. † Presso Velùnidi, i figli di Vardùcho, tarini 2 †. † La vedova di Giovanni Agricò [selvaggio], tarini 4 †. † Nikìtas Vlechàndis, tarini 2 †. Colonna II.
Gli uomini che sono nella città [chora] di Sant’Agata: † I figli di Pappavoà [pappa buoi], tarini 4. † Nikìtas Stravos [storto, oppure orbo] con il fratello, cioè agli Armi [oppure: presso le rupi], tarini 4 †. Nella città [chora] di Reggio e dintorni: Calokìri [buon signore] Geracàrdi [nobile cuore], tarini 2 †. Pietro Tripocalìvis, tarini 2 †. Costantino Thecni, tarini 2 †. † L’ apòrion di Costantino Theofìlactos [protetto da Dio] presso il mulino, garini 2 †. † Ai Mesoiannìti, il Charris [forse Charèris, che significa “tessitore”], tarini 2 †.

53. Inventario, senza data (ma fine sec. XII).

† Questi sono i campi di Tukki, quelli propri e quelli aporii: di Vracàrica, gumària [unità di misura] 7; di Agrillà, gumària 4; di Cardà, la superficie [petzìn] con le giunture [traduzione incerta; si potrebbe tradurre gonìon anche con ascendenti, discendenti, proventi, figlie], gumària 7; di Sant’Evmilianò, gumaria 4; vicino la grande cultùra [proprietà patronale], gumària 8; sopra la strada della grande cultùra, gumària 23; di Premèlla, gumària 16; presso i Palazzi, gumaria 10; di Arkèna, gumària 10; di Pozzo, gumàrio 1 e mezzo; Cropanì di fronte ai campi del vescovo, grumàrio 1 e mezzo; di Appidimàto [appìdi: pera], gumària 5; i campi di Mammì [levatrice], tutti, dal mare fino ad Àcrava, gumària 16; i nostri, della pianura accanto a Chalkeopùllo [figlio del fabbro] di Àcrava, gumàrio 1; sopra il campo di Mammì, gumàrio 1;
presso il campo di Ambrocòrinthas, gumaria 5; presso la palude [limna], gumàrio 1; a Mandròmato presso il fiume di Àcrava, gumària 4; presso la discesa [cataforà] di Àcrava, superficie [petzìn] di gumària 3 e mezzo; presso Kèndria [innesti], gumària 2 e mezzo; presso la fonte Vlechandìn, gumària 2; la cultùra di San Biagio, gumària 20; presso Chrima [possedimento, tesoro] da Varsacòpullo, gumàrio 1; presso la fonte di Gannadèo vicino i Platàmona [spianate] che posseggono le monache, gumària 9; presso la valle di Gannadèo, gumària 5; presso Filomèni [amata], gumària 4; la superficie [petzìn] di fronte, gumàrio 1 e ruvon [scritto roubon; il ruba, o tarìno, era una moneta molto usata, corrispondente ad un quarto di denaro arabo; ma come unità di misura ?] 1; la cultùra dei Varichorìi, gumària 40; di fronte al paese [chorìon] dei Calogherisiàni [calògheros: monaco], gumàrio 1; di fronte ai Ravatzàni, ruvon 2, ad Anthi [fiori] presso Trighinarìa, gumàrio 1 e mezzo: presso Cufòlitho [pietra leggera], gumària 2; presso Monastiràki [piccolo monastero], gumàrio 1 e mezzo; presso Armò, gumàrio 1 e ruvon 1; si indagherà sui campi dei Cambanàri; a Pirgo [torre], gumària (bianco) e ruvon 1; presso Parapòtamo [accanto al fiume]: vicino al fiume, gumària 3, al di sotto dei vigneti fino al confine di Maravìlia con Terrèti, gumària 5 e sopra la vigna che abbiamo da Terrèti assieme anche
al nostro campo sotto la strada [odòs], gumàrio 1 e mezzo; il campo di Gazi, gumàrio 1; i campi di San Giorgio che si trovano sopra la strada [dromos] assieme anche alla cultùra di Mesoponìto, gumària 14; presso Carvonària, gumàrio 1; presso Plàtera, gumàrio 1 e mezzo; presso lo stretto proveniente da Profìti [profeta], ruvon 1; presso Carpianà [carpòs: frutto], che detengono le monache, thèmina 2; a San Fantino, sopra il paese [chorìon] di superfici [petzìa] 2, gumàrio 1 e mezzo; di fronte ai Carpianà, ruvon 1; presso Psafrìi, gumàrion 1; ad Amarìe, gumària 3; presso le Colòne [alture], gumària 2 e mezzo; da Chalkeòpullo di Scordolùpi, gumària 2; sopra Minìta, la metà del campo di Pietro di Calliostèri; presso Novellìto, gumària 3, assieme agli innesti; sopra il paese [chorìon] di Prastìi, campo di gumàrio 1, con i fichi
ed i peri; dietro la casa di Gregorio Varva, campo di thèmina 2, con i frutteti; presso Placa, sotto la casa di Corpanì, ruvon 1; nello stesso luogo, da Varsacopùllo, come toccherà dalla divisione di Moronìto, ruva 2; presso Ombritòn, gumària 2, che abbiamo dato in enfiteusi: si indagherà sul saccheggio di Callèa Michele; di San Lorenzo, gumàrio 1; presso Vèneri, gumàrio 1 e mezzo; pr il paese [chorìon] di Pissanì e sotto San Costantino, cioè superfici [petzìa] 2, per tutti e due gumàrio 1; presso la chiusa [clisma] di Vambacàro, rub… (bianco); per Placò [o Placa], superfici [petzìa] 2, thémina 5; il campo di Rapti [sarto], ruvon 1; presso il forno ceramico [keràmion] della corte, gumària 3; superficie [petzìn] dell’aia sotto la strada [odòs], gumàrio 1 e mezzo e con la parte di sopra della strada [odòs] dell’aia, con( …) , gumària 2; presso l’Apostolo [San Paolo ?], gumàrio 1 e mezzo; sotto Sant’Elia, gumària 2 e mezzo (…); di Methistì [ubriacone ?], gumàrion 1, ruvon 1; presso Perìpoli [fortificazione], campi che stava seminando il Tavernìtis [oriundo di Taverna], gumària 6; da Methistì anche altri campi preso Perìpoli; dallo stesso Methistì sotto di Chuma [terra] assieme anche ai Copranì [letami]
di Chodròpti, gumària 8; campi di Provàtzi, gumàrio 1 e mezzo e altri campi dello stesso Provàtzi, gumàrio 1 e mezzo; le vigne dismesse [erimàmbela] di Atzoparìa assieme allo scambio di Andronìco e l’altro di Galtèro, quello sopra la vecchia vigna [ipàmbelos, vedi doc. 23] dallo scambio di Vambacàro e l’altro dallo scambio di Moronìto, gumària 8; c’è anche il campo di Agoràs [mercato], gumària 70. Eredità garantite [o rivendicate ?] dalla regina: i vigneti di Pirgo [torre]; la vigna di Chalkeòpullo ad Aetòn [aquila]; la vigna di Profìtis presso lo stretto; la vigna di Gazi di fronte ai Coprianì, con i peri e altri vigneti dello stesso Gazi presso la salita dei Gordi; i vigneti dei Pomasìi con i campi incolti come sono delimitati e un’altra piccola vigna ai Pomàsii di Leone Pappavòa [pappa buoi]; i vigneti dei Rusiarìi; la vigna di Keramìa, che detiene il signor Chus [Ugo]; la vigna dell’Apostolo a Vudèra [collo di bue]; la vigna di Methistì che rivendicherà da Giordàni e la vigna che detengono le monache a Palùdi; si indagherà l’apòrion di Costa Rodìo (spazio bianco). Così pure si indagheranno l’apòrion di Pandolfo e i campi di Gannadèo a Tràchilo, gumària 3; c’è anche il campo che il monastero ha comprato da Nicola Vuleftù (consigliere) in mezzo alla coltùra sotto Sant’Emiliano. † Alla chiusa della superficie [petzì] di Teodoro Rapanà, orticello signorile; sotto la casa di Leone Theodòto, un altro orticello; nel sobborgo [perichòrion] dove è rimasto
Melachrinòs [dai capelli neri], un altro orticello; presso Ombritòn sotto Mistoxìdi, un altro orticello di Anthi; presso Ombritòn, orticello 1 contenente noci 3; presso Prastìon dietro San Nicola, podere 1 e vicino, nella parte di sopra (…po)dere; sotto San Nicola c’è anche un podere in enfiteusi, che sarà diviso fra gli enfiteuti; ha anche in enfiteusi presso lo stesso luogo il signor Nikìtas [vincitore], da cui la Chiesa avrà la metà là dove c’è la sua casa; ha anche lo stesso signor Nikìtas un orticello di fronte, dove impianterà un canneto; sotto il castello, fra i due mulini, orticello contenente 3 noci; il canneto di Profìtis; gli ulivi di Profìtis ed altri ulivi presso gli Agrillèi [ulivi selvatici] ed un ulivo presso il paese [chorìon] di San Fantìno. † Questi sono i gelseti [sicaminà]: presso il paese vecchio [paleòn chorìon], piedi 18 con tre piantagioni di viti; ad Ombron [luogo umido], sotto la casa di Rapti, piedi 2; presso il vigneto dei Rusiarìi, piedi 11 e piccoli meli; a Pissanà, piedi 9; presso il paese [chorìon] di Damaskinò, piedi 6; presso la chiusa. piedi 2 e fuori della chiusa. piedi 3; presso le Tiganòne [tigàni significa padella], piedi 2 da Chalkeòpullo; presso Profìits, piedi 3; presso Àgrillo, piedi 2; di fronte al prete [papà] Giorgio, piede 1; presso Matzacùva, piedi 2; dei Calogherisàni [discendenti del monaco], piedi 3.
APPENDICE
Nota in francese di C. Rognoni: «Lista degli uomini registrati nella platéia di Tuccio, inserita e confermata nel privilegio concesso dal re Ruggero II all’archimandrita Luca nel 1144 (Archivo Ducal de Medinaceli 1360, inedito, linee 14.32). I nomi sono indicati in ordine di comparsa su sei colonne parallele nel documento».
Colonna 1
Teodoro Macrìs [lungo] con i suoi figli [pedes, qui e sotto: credo che siano intesi in senso largo]
I figli di Scopillìto con i figli
I figli di Casanìto [oriundo di Cassano] con i figli
Vuleftìs con i suoi figli
I figli di Voscù [allevatore] con i loro figli
I figli di Casìri con i figli
Teodoro Àravo con i figli
I figli di Portàri con i figli
I figli di Gregorio Portàri con i figli
Anastasio Chirovàtis [chiros: maiale] con i figli
Nicola Vardùchos con i suoi figli
Nikìta di Papà [prete sposato] con i suoi figli
Gregorio della Zaroscùnas con i figli
Nicola e Sergio Gheràkis con i figli
I figli della Profìtina [moglie di Profìtis] con i figli
Anthis con i suoi figli
I figli di Pietro Ghemèllo con i figli
Nicola di Prete con i figli
Àravos il Molochìtis [oriundo di Molochio] con i figli [tecna: figli in senso stretto].
Colonna 2
Teodoro Vlachandìs con i suoi figli
Zuruscutàris [scutàris: scudiero] con i suoi figli
Eustràzio con i suoi figli
I fifli di Kilìas [ventre] con i figli
I figli di Rodìo con i figli
I figli di Caravàri [marinaio ?] con i figli
Giorgio Rudìu con i suoi figli
I figli di Nicola Ambelùrgo [vignaiolo] con i figli
Teodoro Voitànos [bovese] con i figli
Anna della Gatta con i suoi figli
Leone Fotis con i suoi figli
I figli di Foremèno con i figli

Gregorio Rusianìtis [oriundo di Rossano] con i figli
I figli di Sinàtor con i figli
(…)alakèri con i figli
Adrianìtis con i suoi figli
Filippo Tropighiànos [oriundo di Tropea] con i figli
Giovanni della Charèghia con i figli
Antemio [fiorito] di Vacàli con i figli
Filippo Mi(…)anìsis [oriundo di Messina ].
Colonna 3
Constas Vulùndas con i (suoi) figli
Niceforo della Kufìs [leggera] con i figli
I figli di Moronìto con i figli
I figli di Pietro con i loro figli
Giorgio Climis con i suoi figli
Leone di Pappavòa con i suoi figli
I figli della Curatòrissas [moglie del curàtor] con i figli
I figli di Patrikìo con i figli
Leone loro fratello con i suoi figli
Varsàkios di Profìtis con i suoi figli
I figli di Tricàcos [tre volte cattivo] con i figli
Giovanni Polìtis [costantinopolitano] con i figli
Leone Pothitòs [desiderato] con i suoi figli
I figli di Potàmos [fiume] con i figli
Teodoro Chaidùtis [che dona carezze] con i figli
Andrea Idrogovìtis [idròs: sudore] con i figli
I figli di Vardàri con i figli
Giovanni Pànplutos [ricchissimo] con i figli
Thegnis con i suoi figli
Lìcastos Agrillitànos.
Colonna 4
Basilio Matzacùvas con i suoi figli
Basilio della Psalìdis [forbice] con i suoi figli
I figli di Marùllo [lattuga] con i figli
I figli di Caloperpàttis [che cammina bene] con i figli
I figli di Tavernìtis con i figli
Nicola Caravàris con iu suoi figli
I figli di Mitzopùllo con i figli
Scholàrios con i suoi figli
I figli della Carùsi con i figli
I figli di Tirocòpos [tiròs: formaggio] con i figli
Andrea Cutzopòdis [piede tagliato] con i figli
Leone della Ialìdena [moglie di Ialìdi] con i figli
I figli di Vardòs con i figli

I figli di Charèrios [tessitore] con i figli
Nicola Sguròs [riccioluto] con i figli
Leone di Mudàffaghi con i figli e i fratelli
Leone di Climi con i suoi figli.
Nicola Vlechàndis con i figli
Giorgio Echmàlotis [prigioniero] con i figli
I figli di Mandàkis con i loro figli
Arcadio della Olù con i suoi figli
Giorgio Fotis con i figli
Teodoro Carcullianìtis.
Colonna 5
Giorgio suo fratello con i suoi figli
Nicola della monaca con i suoi figli
Leone della Gatta con i suoi figli
I figli della Dardalìna con i figli
I figli di Chalkeopùllo con i figli
I figli di Agrillitàno con i figli
I figli di Demetrio don i figli
Mulès suo fratello con i figli
Leone Voscòs con i figli
Nicola della Gatta con i figli
Polièctos con i figli
Teodoro Varsacòpollos [figlio di Varsàkios] con i figli
Arcedio Sameòtis con i figli
Basilio Viglàtor [vigilante] (con i fi)gli
Ilìa la vedova con i figli
Giorgio di Culùmbos con i figli
Leone di Vunbìc(…) con i figli
Giovanni di Tiflòs [orbo] con i figli
Gùnnaris con i figli
Maravìlias con i figli.
Colonna 6
I Logothèti con i loro figli
Calokìris con i figli
Tzangùras con i figli
Matzacùvas con i figli
Agricòs con i suoi figli
Xeròs [secco] con i suoi figli
Papàs Giorgio con i figli
Leone Ptelitànos [oriundo di Ptelèa; ptelèa: olmo] con i figli
Strovìlis con i figli
Lumbarì con i figli
Nicola di Condotheodòro [Teodoro il corto] con i figli
Constas di Pàteri con i figli
Nicola di Mìtzias con i figli
Nicola Ghemèllos con i figli
Teodoro Alìcris con i figli

                                                                                                 Prof. Domenico MINUTO

Melito P.S., li 25.9.2014

daniele dattola

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Locri convegno su:”Eleusi a Locri”

Il 20 settembre, alle ore 19.00 la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria ha organizzato in occasione delle “Giornate Europee del Patrimonio” nel Museo Archeologico Nazionale di Locri, un Convegno  “Luci e Voci nel Parco Archeologico di Locri”

Iniziativa LOCRI 20 settembre

durante questa manifestazione è stato presentato il volume il “Tesmophorion di Locri Epizefiri” curato da Rossella Agostino e Margherita Milanesio edito da Laruffa. Appena arrivati bisogna dire, per onor del vero che l’aspetto del Museo da quando io lo frequentavo, alcuni anni fa, per partecipare a Convegni e per la mia passione della fotografia , è notevolmente mutato in meglio. La disposizione dei reperti archeologici, che sono aumentati e sono disposti in maniera diversa la cura del Museo, tutto va a favore del modo di dirigere della Dr.ssa Rossella Agostino  Archeologa dei Beni Archeologici, che ha diretto, in questi ultimi anni, il Museo in  modo impeccabile, perché le cose che fa, Le fa  sempre con grande passione e ne dobbiamo dare atto,

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infatti grazie al contributo dato dalla Temi Energy di Locri, il Parco al calar della sera si presentava illuminato nelle parti più importanti, mettendo in mostra i monumenti e i posti più  significativi tra questi quelli di cui noi ci occuperemo il Thesmophorion un’area dedicata al culto di Demetra,

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scoperta da Orsi nel 900 e studiata negli anni 90 quando era Direttore Claudio Sabbione coadiuvato dall’archeologa Margherita Milanesio. Presenza autorevole al Convegno quella del Prof. Mario Torelli, archeologo di fama nazionale. Professore presso l’Università di Perugia di Archeologia e storia dell’arte greca e romana Archeologo, Accademico dei Lincei, esperto e studioso del culto di Demetra, ha trattato l’argomento.”Eleusi a Locri: considerazioni a margine dell’edizione dello scavo di Thesmophorion”. L’uditorio era stracolmo di persone.

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Autorità in questo campo il Prof. Universitario Felice Antonio Costabile,

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la Dr..sa Roberta Schenal etc.

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All’inizio dei lavori sono intervenuti la Dr.ssa Simonetta Bonomi, Soprintendente per i Beni Archeologici della Calabria, Anna Sofia Assessore alla Cultura del Comune di Locri

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e Rossella Agostino che ha introdotto  prima  il Dr. Claudio Sabbione già Direttore Archeologo della Soprintendenza e dopo la Dr.ssa Margherita Milanesio, infine c’è stato l’intervento del prof. Mario Torelli,  cercherò adesso di entrare nel vivo della tematica.
Intervento di Claudio Sabbione,  una testimonianza unica sui ritrovamenti fatti nel museo che merita di essere riportata cosi come Lui l’ha descritta in questa splendida serata Museale.

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La zona di cui parliamo questa sera è la zona all’esterno della cinta muraria verso l’angolo orientale che essa traccia sul terreno, è una posizione vicino alla strada antica una posizione all’esterno delle mura e in prossimità ad una strada di accesso alla necropoli che rientra nelle caratteristiche di altri santuari del mondo greco.

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La cosa paradossale di questo sito è legato al fatto che qui si svolse la seconda campagna di scavo di Paolo Orsi a Locri nel lontanissimo 1890. In questa campagna non si è avuto una cognizione scientifica sufficiente a valutarne gli aspetti fino a tempi recentissimi, tanto che lo scavo recente a circa un secolo di distanza dal primo è ripartito praticamente da zero, una situazione abbastanza singolare, l’unica memoria rimasta incircolante di questo scavo cui Paolo Orsi non aveva dato una pubblicazione, se non un cenno estremamente sintetico, per cui traspare un’incertezza di Orsi nell’interpretazione del sito parla di scavi di reperti di terracotta di depositi, rimane Lui stesso evidentemente incerto, i materiali ritrovati furono subito trasportati al Museo Nazionale di Napoli e questo fece si che anche nei successivi periodi di attività di Orsi a Locri non fu a Lui possibile riprendere lo studio di questi materiali. Solo nella pianta scala 1:5000 di tutta l’area urbana che Orsi fece tracciare in quegli anni e qui vediamo in dettaglio l’angolo delle mura e questi piccoli segni abbastanza enigmatici dell’indicazione depositi di terrecotte,

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praticamente a che cosa poi corrispondesse rimaneva enigmatico fino a tempi recenti. Il terreno fu comunque acquisito dallo Stato, questa area gialla è l’esproprio realizzato negli anni 60 relativo al tempio di Marasà e all’area destinata alla realizzazione del Museo fu acquisito anche questo settore non perché si avesse in quel momento una precisa conoscenza dell’importanza archeologica ma quasi come area di rispetto della cinta muraria che passava lungo questa linea, però meno male che l’area fu acquisita e rimase un prato con olivi fino al 1989

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quando l’intervento che decisi di avviare era rivolto non all’esplorazione del sottosuolo ma alla sistemazione del percorso
di accesso al tempio di Marasà che da tempo immemorabile nell’uso dei contadini passava al di sopra dello spazio costituito dai resti della cinta muraria. Però chi passava lungo il percorso di accesso al Tempio calpestava le mura e non si rendeva conto della loro presenza, per cui si decise di fare un diverso percorso attraverso l’area a una 15na di mt. al difuori delle mura in modo che anche le strutture risultassero meglio fruibili ai visitatori e naturalmente questo ci ha permesso di andare a vedere cosa fosse questo enigmatico deposito di terrecotte. Intravisto da Paolo Orsi, l’inizio della pulizia dell’area è l’inizio di quello che poi diventò il successivo percorso e vediamo fin dall’inizio si mise in luce intanto la cinta muraria, l’angolo orientale delle mura,

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subito comparsero altre strutture al difuori della città che non avevano a che fare con la cinta muraria e che potevano significare qualcosa e immediatamente ci si rese conto che alla fine della prima campagna condotta con Roberta Schenal e Margherita Melanesio che poi proseguirono per anni l’esplorazione si mise

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in luce una grande torre quadrata all’angolo delle mura e molte altre strutture all’esterno della città soprattutto a contatto con la stessa torre,

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un grosso deposito votivo colmo di piccole tazze miniaturistiche offerte votive perfettamente strutturate come deposito che ci indico con enorme chiarezza che eravamo difronte non a scarichi ma un santuario perfettamente strutturato di cui ancora conoscevamo ben poco.

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Dopo la fine della prima campagna andando a cercare nell’archivio della Soprintendenza tracce del lavoro enigmatico di Paolo Orsi si rintracciò  la mappa dello scavo del 1890 . Questi quadratini sono le piccole trincee di scavo per salvaguardare la presenza di un vigneto molto pregiato a cui il proprietario del terreno teneva in modo particolare e però si doveva rispettare per non dover pagare indennizzi spropositati e questo modo di procedere impediva praticamente a Orsi una valutazione complessiva dell’area, però mise in luce alcuni grossi depositi di cui diede questo dettaglio dei depositi delimitati da tegole infissi nel terreno e colmate da file di tazzine, poste nel terreno infilate le une dentro le altre secondo un modo di depositare le offerte votive che allora non avevamo mai visto ma che abbiamo poi ritrovato nel terreno nel proseguo degli scavi. Quindi il lavoro prosegui negli anni successivi anche con la scoperta di un altare, tegole con tubi fittili verticali per le offerte, la sovrapposizione di tazzine impilate e ancora un’articolazione delle strutture del Santuario dal 6° al 3° secolo a.C. ma fin dal secondo anno di scavo, cominciammo ad avere indizio sulla possibile divinità qui presente da questo frammento di tegola con parte di un bollo impresso con parte del nome desmophoros…….l’appellativo di Demetra cioè di una divinità il cui culto era largamente praticato in numerosi santuari in tutto il mondo greco. Questo dava subito un risalto particolare a questo sito.

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Lo scavo dal 95 si fermò per alcuni anni per problemi di fondi della soprintendenza, ma qui scattò la tenacia l’impegno di Margherita Milanesio nel cercare altre tracce di archivio e in questo schizzo ricavato da uno dei taccuini di Orsi , uno schizzo abbastanza enigmatico, ma non per l’occhio di Margherita, queste strutture murarie viste da Orsi nel 1890 le avevamo ritrovate anche con i nostri nuovi scavi, ma soprattutto c’era un’indicazione di altre strutture murarie nella zona centrale dell’area esplorata da Orsi all’epoca e non ancora toccata dallo scavo. C’era però una complicazione ad arrivare in quest’aria per la presenza di quel sentiero realizzato per l’accesso al tempio di Marasà. Margherita insistette affinchè il sentiero fosse spostato e si potè affrontare lo scavo della zona centrale e vennero in luce dal 1999 le strutture già intraviste da Orsi, trovando che non erano strutture separate ma appartenevano ad un unico edificio e poi si mise in
luce l’edificio centrale del santuario, quindi l’altare difronte ad esso a oriente, questi sono le parti centrali del santuario con la nota spettacolare sequenza di tazzine impilate da cui nel 2003 è nata l’esigenza di preservare nel tempo questo singolarissimo modo di depositare le offerte votive e si riusci con una impresa di Roma e tutto il personale di Locri una complessa attività di calco e strappo dei materiali depositati, operazioni abbastanza complicate di trasporto, di ricollocazione dei reperti originali per la loro musealizzazione fino al punto dell’aspetto attuale con le tettoie che oggi proteggono il santuario dando un’aspetto meno agreste, indispensabili per la conservazione dei siti.

Dr.ssa Margherita Milanesio, la Dr.ssa che ha avuto un ruolo importante nella seconda parte degli scavi ha descritto i luoghi, i ritrovamenti e la disposizione del santuario

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Il Thesmophorion è un santuario in cui veniva venerata Demetra Thesmophòros (portatrice delle leggi), dea della terra e del grano, per la sua funzione civilizzatrice, di fondatrice dell’agricoltura, custode della fertilità e protettrice delle istituzioni civili e familiari.

Eleusi a Locri116

Questo tipo di santuario si trova sempre in un’area esterna a quella urbana, di solito prossima alle mura; all’interno del santuario si svolgevano delle feste autunnali (le Tesmoforie) riservate esclusivamente alle donne.
Il culto tesmoforico è connesso alle vicende mitiche del rapimento di Persefone, figlia di Demetra, da parte di Hades, alla carestia provocata dalla madre in lutto per la perdita della figlia e al loro ricongiungimento, con la conseguente rinascita della natura.
Le Tesmoforie duravano tre giorni; nella prima giornata detta kàthodos- ànodos (discesa- salita) si svolgeva la processione sacra che dalla città giungeva al santuario e le donne recuperavano da cavità sotterranee (mégara) i resti di porcellini che erano stati gettati l’anno precedente e lasciati a putrefare.
Nel secondo giorno, nestèia (digiuno), le donne osservavano l’astinenza alimentare e sessuale, condividendo così il dolore di Demetra per la scomparsa della figlia,soggiornando all’interno di tende (skenài) e dormendo su giacigli di foglie (stibàdes). Nel terzo giorno, calligéneia (creatrice di cose belle), si celebrava il ricongiungimento tra madre e figlie e si consumava un banchetto collettivo.

Le Tesmoforie si svolgevano solitamente in autunno e avevano una durata variabile in base alla città in cui venivano effettuate. Il rituale era interdetto agli uomini. Con queste feste si celebrava Demetra che, in lutto per la figlia, rapita e portata nell’Oltretomba dal dio Ade come sua sposa, non assolse per molto tempo al suo ruolo di divinità della raccolta e della crescita.

Ad Atene, le Tesmoforie erano aperte solo alle donne di condizione libera, sposate con cittadini ateniesi. Si svolgevano prima della semina e duravano tre giorni:
Il primo giorno (kathodos e anodos, cioè discesa e salita) le donne si recavano nel santuario, detto Thesmophorion.
Il secondo giorno (nesteia, cioè digiuno) le donne digiunavano per purificarsi e rimanevano nel santuario.
Il terzo giorno (kalligenèia, cioè bella nascita) le donne offrivano a Demetra cereali, vino, formaggio, olio e altri cibi,
cucinavano la carne degli animali sacrificati, banchettavano, si scambiavano motti osceni e si flagellavano. Il rituale prevedeva anche che di notte le carcasse degli animali sacrificati fossero gettate in grotte o burroni, forse a indicare la discesa nell’Oltretomba.
Paolo Orsi portò a Napoli 16.000 coppette votive. Noi abbiamo trovato 4000 coppette e anforette. Abbiamo trovato 3 edifici allineati, uguali la dr..sa continua sulla disposizione degli edifici., tutti adibiti a particolari rituali, c’erano delle panchine intonacate.
L’edificio principale è quello centrale. sia all’interno che all’esterno i locali furono nel tempo ristrutturati. Nel tempo furono
rasi al suolo e dopo riscostruiti nello stesso posto. Descrive tutti gli edifici in modo particolare. Fa vedere un oggetto di fattura particolare un piccolo serpente. Davanti all’edificio principale c’è un altare all’inizio è un piccolo spazio delimitato da pietre.
Hanno trovato le offerte votive e resti di ossa di animali macellati. Dietro l’edificio c’è un luogo per un rituale dove venivano in un posto sacro dei liquidi e messi dei maialini a putrefare dentro cavità. Si donava la vita alla Dea e lei la restituiva attraverso la fertilità della terra.

La prima fase di frequentazione del santuario si colloca dalla metà del VI all’inizio del V secolo a.C. ed è caratterizzata da un recinto (témenos) tangente le fortificazioni della città, costituito da muri in grossi blocchi, che circondano un’area di m. 50 x 80, all’interno del quale, dove erano grandi depositi nelle fosse di materiali votivi, in alcuni casi foderate e ricoperte da lastre di tegole o ciottoli.

All’inizio del V secolo a.C. è stato costruito un piccolo edificio sacro (m. 7.65 x 9.20), un sacello , con ingresso ad est; poggiati sui muri perimetrali, in questo posto si trovano basse panchine intonacate sulle quali venivano esposte le offerte votive donate alla dea dalle fedeli.

Davanti all’ingresso del sacello, ad est, c’è un altare   (eschàra), al centro del santuario,  luogo di sacrificio, dove arde il fuoco in questo posto si bruciano le carni di animali per devozione a Demetra e si mangiano arrostendole quelle per le libagioni rituali.
L’altare racchiude le offerte votive più significative per la dea. In questo posto sono stati trovati depositi di ceramica ( coppette, kotylai  ), e gruppi di foglie in metallo (100 in ferro, 1 in bronzo e 12 in argento).

A  nord del sacello si trova un edificio rettangolare allungato, il cosiddetto Edificio B (m. 14 x 5), un portico (stoà ). Verso la metà del IV secolo a.C., in occasione della ristrutturazione della cinta muraria di Locri Epizefiri, il santuario fu ristrutturato.  Il piano di calpestio venne innalzato di 30 centimetri circa, il sacello e la stoà furono ricostruiti e furono realizzate altre strutture:  un nuovo altare, un grande deposito circolare e un pozzo sacro.
Il sacello e’ stato completamente rinnovato, le fondazioni  rialzate e al suo interno sono state realizzate nuove banchine e un piccolo vano, al fine di tenere le offerte più preziose. A ridosso dei muri nord e sud del sacello e in tre lati dell’altare sono state trovate  oltre 1000 coppette impilate (kotylai), disposte in file parallele.

A ridosso delle mura, protetto dall’imponente torre angolare, nella seconda metà del IV secolo a.C. e’ stato costruito un piccolo recinto, con dentro un singolare altare e quattro depositi votivi.
L’altare era formato da una cassa di tegole dove emergevano quattro tubi destinati alle libagioni rituali, che venivano effettuate per mezzo delle coppette (kotylai) e dei vasetti miniaturistici (hydriskai ) rinvenute in un deposito attiguo (deposito E).

Intorno alla fine del IV sec. a.C., tra il recinto e l’altare di cenere , viene edificato un grande deposito votivo circolare,di m 6.50 di diametro, delimitato da blocchi e con una copertura di ciottoli piatti, che conteneva numeroso materiale votivo, fra cui vasetti miniaturistici (hydriskai) e coppette (kotylai) impilate.

Verso la metà del IV sec. a.C. nello spazio dietro il sacello è stata realizzata un’area sopraelevata, costituita da un lastricato in ciottoli su cui poggiano due grossi blocchi circolari di pietra, il più grande di questi, munito di prese per il sollevamento, nascondeva un pozzo sacro, profondo m. 1,80, con imboccatura in pietra e ghiere in terracotta. All’interno del pozzo sono stati rinvenuti resti di sacrifici , piccole brocche (olpai) e vasi per olio (askòi).

Il lastricato che circondava il pozzo sacro, probabilmente la cavità in cui venivano lasciati a putrefare i maialini (megaron), veniva usato per i sacrifici, il luogo era pieno di coppette (kotylai) impilate, vasetti miniaturistici (hydriskai) e fossette piene di cenere e carboni.

Prof. Mario Torelli

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Prima dell’intervento la dr.ssa Bonomi lo ha ringraziato per essere a Locri essendo Il Prof. un’autorità nel campo archeologico in Italia, Lui ha ringraziato tutti e dice che 40 anni prima ha esplorato, in maniera maniacale questo posto insieme a  un grandissimo storico, amico fraterno, Domenico Mussi con il quale ha firmato la parte degli  atti del Convegno di Taranto dove si è discusso della storia politico sociale e religiosa di Locri. Ho accettato di venire a Locri non solo perché pochi anni fa  sono venuto per vedere lo scavo insieme agli autori ma perché grazie a queste loro notizie dei ritrovamenti ho potuto inserire per grandi linee quelle che allora mi sembravano queste nuove interpretazioni della funzione del Santuario. Vedo qui questo pinakes, non dobbiamo partire da quello I pinakes di Locri sono tutti collegati ai santuari del luogo naturalmente questo motivo non ha nulla a che fare con il culto della Mannella, quando io ho scritto nel 76 questo saggio, ho scritto Persefone è senza madre, perché non c’era traccia, comincio da questo per dire che le scoperte del gruppo Milanesio Sabbione e altri hanno rivoluzionato questa visione l’hanno rivoluzionata e soprattutto non è che hanno data una notiziola , credo che dobbiamo essere grati alla dr.ssa Agostino che è stata un po la punta della frusta per arrivare a questa edizione il libro del termoforion di Locri è destinato a segnare una svolta nella interpretazione dei complessissimi rituali collegati con il culto di Eusinio e addirittura come vedremo in breve chiarisce molte cose. Il prof. Si è soffermato sui riti, ha esplicitato che il Santuario si avvaleva di riti con fiaccole. Eleusi diventa un grande Santuario ed è un grande Santuario della speranza, perciò e da  classe subalterna. Dunque  la stoà è una stoà con doppia funzione da qui viene la fiaccola è il luogo dove venivano esposti i doni. C’è anche la panchina dove potevano sedersi le devote ospitare offerte vasi cibo etc a questo punto il quadro è abbastanza chiaro mentre i nobili frequentavano un altro tempio. Dopo essersi soffermato sui riti con una relazione altamente professionale ha concluso dicendo che oggi grazie al lavoro di Sabbione possiamo incominciare a studiare di nuovo Eleusi.
Concludo questo lavoro dicendo che è stato un convegno interessantissimo e che comunque per averne contezza è necessario ricorrere alla lettura del libro.

Locri, 20.9.2014

daniele dattola

 

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Melito Circolo Meli Ai tempi della città dei Tukki la vallata del Tuccio

Si è svolto a Melito di Porto Salvo giorno 21.9.2014 alle ore 17.30 un importante convegno dal Tema:”la Vallata del Tuccio…ai tempi della città dei Tukki” presso il Circolo Culturale “Meli”, l’idea è nata sulla scorta di una pubblicazione inerente questo argomento su questo sito alla seguente pagina http://dattola.com/22424/melito-ai-tempi-della-citt-di-tukki-la-vallata-del-tuccio/

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Il Convegno è stato introdotto dal Presidente del Circolo Culturale Meli avv. Pasquale Pizzi

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e mirabilmente moderato e condotto dal Dr. Renzo Iacopino già Direttore Sanitario dell’ASP n. 5 di Reggio Calabria

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che ha fatto un excursus della storia del ritrovamento delle 54 pergamene, scritte in greco, conservate nel Duomo della città di Messina e  trafugate insieme ad altre 1500 pergamene in Spagna, azione condotta dagli spagnoli quando rientrati nella città di Messina vollero portare via quei documenti per segno di dispetto alla città e ai messinesi al fine di privare la memoria storica della stessa città. Dopo circa due secoli le pergamene furono ritrovate in Spagna e fatte rientrare in Italia  dove furono riprodotte e dopo pubblicate dalla prof.ssa Cristina Rognoni docente all’Università di Palermo nel libro (Les actes privés grecs del’Archivo Ducal de Medinaceli (Tolède) II: La Vallée du Tuccio, XIIe-XIIIe siècles) nell’ottobre 2013 – edizione francese riportando i documenti in lingua greca. Il prof. Domenico Minuto noto grecista e studioso della costa ionica meridionale, scrittore autorevole di molte opere che riguardano il nostro territorio li ha tradotti da questo libro, dal greco all’italiano.

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Questa per noi rappresenta una fonte autorevole di documenti attraverso i quali si può risalire e ricostruire la storia di quei periodi e la vita quotidiana delle nostre popolazioni, le attività produttive, che cosa si coltivava nei nostri territori, i traffici commerciali dell’intera vallata con i territori vicini di RC, la Locride, e la Piana di Gioia Tauro, traffici che avvenivano attraverso le mulattiere e i sentieri  che da Reggio attraversavano tutti i paesi interni. Il Prof. Minuto con un intervento, di una professionalità unica, ha relazionato sul contenuto delle traduzioni e degli argomenti che riguardano le 54 pergamene. Il Prof Minuto ha relazionato sul contenuto delle 54 pergamene, leggendo per qualcuna l’intera traduzione, dal contenuto delle stesse si capisce che l’argomento è veramente interessante è da uno spaccato di vita relativa a quel periodo.

Dopo il prof. Minuto è intervenuto un’ Autorevole nome nel campo dell’archeologia, la Dr.ssa Rossella Agostino,

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responsabile Archeologa della costa ionica e Tirrenica meridionale, fascia ricadente nell’attuale provincia di Reggio Calabria, nonchè Direttrice del Museo archeologico nazionale di Locri, nella veste di funzionario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. La Dr.ssa Agostino laureatosi in lettere classiche, si è specializzata in archeologia classica presso L’università degli studi di Pisa, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche su tematiche storico archeologiche legate ai territori di competenza, più  volte ho assistito a sue lezioni magistrali di archeologia, e finalmente ho avuto il piacere di averla a Melito, dove ha parlato del nostro territorio, dei collegamenti attraverso le vie interne che univano il Tirreno allo Ionio e viceversa. Attraverso le ricerche e ultimamente ad alcune scoperte, si può affermare  la vivacità di queste aree nel periodo Romano e successivo, un esempio per tutti la villa romana di Casignana. Questo territorio va visto come territorio vissuto, nel nostro territorio c’e tanto da fare e da conoscere qui la ricerca è stata troppo parziale e parcellizzata bisogna approfondire il passaggio tra l’età tardo antica e il momento successivo, per capire cos’è accaduto in questa fascia pre aspromontana, in pratica non sappiamo cosa è accaduto nella cronologia degli eventi, ha parlato della villa del Naniglio dove accanto alla parte abitativa c’era quella produttiva.Tutte le ricognizioni del nostro territorio hanno cominciato a dare i loro frutti per questa presenza di piccoli insediamenti agricoli, i trasporti , l’organizzazione , i commerci, bisogna valorizzare tutte le scoperte. Bisogna fare conoscere a tutti, attraverso la creazione di percorsi, sia costieri che aspromontani, il nostro territorio dal punto di vista storico archeologico. Ha parlato delle varie realtà locali. Abbiamo bisogno di punti fermi, più siamo e meglio è, speriamo che riusciamo a organizzarci meglio per scoprire di più. Dopo l’intervento della Dr..sa Agostino, quello del prof. Salvino Nucera

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che ha trattato l’argomento sulla lingua grecanica e bizantina nella vallata. Il giardino letterario era gremito di persone

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Qui di seguito la storia dei documenti cosi come riportata nel mio primo articolo. Il Dr. Renzo Iacopino già Direttore Sanitario dell’ASP n. 5 di RC, ha il merito di avere promosso nel nostro territorio un incontro di studio alla Porta del Parco di Bagaladi, sabato 15.2.2014 facendo un’analisi nella quale è emersa un’immagine della vallata del Tuccio nel Basso Medioevo, dove è stato messo in evidenza, che la storia di questo luogo, come si è sempre creduto è lontana dall’essere “Oscura”, tanto che merita ulteriori approfondimenti.

Per parlare della storia di questa vallata devo fare un passo indietro, intorno agli anni dal 1100 al 1400 tutti i Monasteri e chiese esistenti nel nostro territorio dipendevano dall’Archimandrita del SS. Salvatore di Messina.

Dopo il Sinodo di Melfi tenuto tra chiesa e Normanni (3-25 agosto 1059) per porre termine e ricomporre la questione dell’assetto religioso del Mezzogiorno, dando alla Santa Sede i territori dei patriarchi di Costantinopoli, i monaci italogreci prima avversati dai nuovi dominatori, ebbero concessioni di privilegi, terre e benefici, perché gli stessi avevano influsso sulle popolazioni, e il loro sapere veniva trasmesso producendo vantaggi economici. Ruggero II°.

 Con un Diploma di febbraio 1133 abolì l’autonomia dei Singoli Monasteri, unificandoli e riconducendoli ai monasteri latini. Nella riorganizzazione fu privilegiato il Monastero del SS Salvatore di Punta Faro a Messina, e gli furono assegnati 44 Monasteri tutti posti in Sicilia e nella parte Meridionale della Calabria. Nel 1078 fu introdotto dall’arcivescovo Arnolfo il rito latino in Calabria. Ruggero II° (1128-1154) ebbe il merito di fondare alcuni Monasteri nel territorio Calabrese, tra cui Sant’Angelo di Valle Tuccio e tanti altri. L’elenco delle chiese e dei  Monasteri lo ritroviamo per Pentedattilo ben descritto nel libro di Cesare Minicucci (Tralascio le denominazioni in quanto non riguardano il nostro argomento). Un altro libro curato dallo studioso Prof. Domenico Minuto traccia e identifica, mappandoli tutti i Monasteri:”Catalogo dei monasteri e dei luoghi di culto tra Reggio e Locri”. Vi riporto solo quelli che a noi riguardano in questo argomento:

 MONASTERI DI VALLETUCCIO

Monastero di S.Angelo  (di Michele Arcangelo);

Monastero femminile di S. Caterina;

Monastero (O Monasteri) di S. Fantino;

Monastero di S. Ghelasio (?);

Chiesa o Monastero di S. Giorgio;

Monastero di S. Maria De Pergulis;

Chiese di S. Lorenzo;

Chiese di Bagaladi.

 La città di Messina ottenne dalla corona spagnola moltissimi privilegi, tra cui nella metà del 600 quello del Monopolio della seta. Questo monopolio fu avversato dalla Sicilia intera con in capo la città di Palermo. Nel 1674 esplode a Messina una rivolta del ceto nobile che era tenutario dei privilegi, dopo alterne vicende, i nobili messinesi chiesero al re francese Luigi XIV° aiuto militare. Dopo averlo ottenuto in un successivo periodo il re Sole firmò il trattato di Nimega, nel quale si disimpegnava dai legami con la Sicilia, abbandonando la città messinese alle ritorsioni spagnole. Infatti il Viceré spagnolo, Don Francesco De Bonavides fu mandato li a gestire con durezza la città di Messina. Abolendo privilegi, cariche e anche i palazzi istituzionali, infatti fu abbattuto il palazzo del senato, simbolo del Governo della città, erigendo al suo posto la statua di Carlo II°, abolì la zecca, esiliò molti messinesi e fece portare via in Spagna tutti i documenti tenuti nella torre del Duomo di Messina, tra questi le pergamene contenenti tutti i privilegi concessi alla città, e i manoscritti greci che facevano parte della biblioteca  donata a Messina  da Costantino Lascaris nel 1400 (fondo Messina).

Con questa azione gli Spagnoli vollero cancellare l’identità della città, dichiarandola città “morta civilmente e indegna di ogni onore”. Passarono tre secoli, quando uno studioso siciliano insieme a uno spagnolo di Siviglia scopre che in quest’ultima città di Siviglia esistono documenti che riguardano la città di Messina, infatti nell’archivio del Duca di Medinaceli, vengono ritrovate le pergamene del Fondo Messina. Il Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro, fu sollecitato dall’ing. Cesare Fulci ad intervenire per riportare in Italia questo tesoro di documenti. Il laboratorio Paolo Ferraris di Torino si consegnò tali documenti per il tramite del Ministero dei beni Culturali, e li restaurò microfilmandoli.

Furono restaurate 1425 pergamene  nel 1993, 1310 pergamene furono restituite a Siviglia. mentre 115 furono utilizzate per essere esposte in una grande mostra a Messina, palazzo Zanca, tenuta dal 1 marzo al 28 aprile 1994 dal tema “Messina, il ritorno della memoria storica”.

Molte di queste pergamene provengono dal Monastero del SS Salvatore di Messina, cinquanta riguardano la vallata del Tuccio nel periodo dal 1130 al 1280.

 L’elaborazione e traduzione dei 54 documenti Medinaceli riferiti alla Valle Tuccio. (Les actes privés grecs de l’Archivo Ducal de Medinaceli (Tolède) II: La Vallée du Tuccio, XIIe-XIIIe siècles) è stata effettuata dalla titolare incaricata professoressa Cristina Rognoni, docente all’Università di Palermo, la Rognoni in questa pubblicazione dell’ott-nov.2013 – edizione francese-ha riportato i documenti in lingua greca.

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Il Prof. Domenico Minuto, studioso e scrittore autorevole di molte opere che riguardano il nostro territorio,  li ha tradotti da questo libro.  Questa per noi rappresenta una fonte autorevole di documenti attraverso i quali si può risalire e ricostruire la storia di quei periodi e la vita quotidiana delle nostre popolazioni, le attività produttive, che cosa si coltivava nei nostri territori, i traffici commerciali dell’intera vallata con i territori vicini di RC e la Locride, traffici che avvenivano attraverso le mulattiere e i sentieri  che da Reggio attraversavano tutti i paesi interni.

Riporto infine l’argomento di una pergamena, derivante da una scrittura pubblica del 31 agosto del 1287. Leone Volendo e Costantino Còtrupos, Giudice e notaio della città di Tukki, attestano, unitamente ad altri firmatari, che su ordine del reverendo vestiario, dell’illustre monastero del Salvatore di Messina, Basilio di Kikkiuni, avendo il suddetto monastero subito disordini e danneggiamenti, alcuni uomini della città di Tukki, sono stati dallo stesso Basilio trasferiti irregolarmente nel castello di Pentedattilo e li dimorano in prigione etc etc.

In questo atto viene citata più volte la città di Tukki che dovrebbe corrispondere a San Pantaleone o Corio, tutto ciò giustificherebbe  un’apposita approfondita analisi dei documenti e dei luoghi per dare a questa vallata la sua meritata storia e questo non può che avvenire con il contributo del Prof. Domenico Minuto che di queste cose si è occupato per tutta la sua vita. Analizzando anche il linguaggio delle pergamene cioè del Greco che si scriveva e parlava a quell’epoca, con l’attuale lingua Greca. Quindi arrivederci ad un prossimo definitivo importante Convegno su questo argomento. Pubblicherò a parte, con altro articolo, il contenuto delle 54 pergamene tradotte dal Prof. Minuto.

Melito di Porto Salvo, li 21.9.2014

daniele dattola

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