L’Associazione Nazionale Medici Calcio ONLUS il cui Presidente è il Dr. Alberto Penati di Monza, ha organizzato, anche quest’anno il,
CAMPIONATO ITALIANO
CALCIO MEDICI 2008
Che si è svolto dal
21 – al 28 giugno 2008 in
Tunisia – Port El Kantaoui
El Mouradi Club Kantaoui
Come ben sappiamo la storia della Nazionale Calcio è iniziata fin dal 1998 ed è stata rifondata nel 2002. La Continua a leggere
Ecco le foto della seconda edizione della “Notte delle Stelle”, che ha avuto inizio alle ore 23.00 del 10.08.2007:
In data 28 luglio 2007, nell’incantevole scenario di Pentedattilo (Cantico di Pietra) è iniziata la manifestazione musicale “Paleariza” che culminerà il 19 agosto 2007 a Bova con Hevia con danze fra il celtico e il Mediterraneo.
La manifestazione, comunque, avrà un evento collaterale a Pentedattilo con Film Festival (per informazioni Continua a leggere
All’inaugurazione hanno partecipato numerose Autorità Locali, i Cittadini di Melito P.S. e dintorni. Continua a leggere
Spulciando tra le riviste scientifiche che pervengono al Presidio Ospedaliero di Melito P.S. mi sono imbattuto in una rivista di Dermatologia e Cultura Medica, i cui organi Ufficiali sono l’A.D.I. (Associazione Dematologi Ionica) e l’A.D.M.G. (Asociazione Dermatologi della Magna Grecia).
Con piacevole sorpresa, sono venuto a sapere, che quest’ultima Associazione, costituitasi all’alba del Terzo Millennio è stata voluta e fondata grazie alla determinazione del Dr. Santo Dattola e di altri numerosi Dermatologi di tutta Italia, sotto la Presidenza del Prof. Gino Antonio Vena dell’Università di Bari. L’A.D.M.G. di cui il Dr. Dattola Santo è Vice-Presidente, nel quadro dei suoi scopi “Sociali, Culturali e d’Aggiornamento”, ha promosso, tra le sue attività di anno in anno l’organizzazione di Congressi a carattere nazionale e politematici.
Simposi nazionali e internazionali. Istituito una Borsa di Studio Nazionale per giovani dermatologi intitolata allo scomparso Leandro Califano.
Assegnati 16 premi alle giovani promesse in dermatologia. Istituito il premio “Magna Grecia” a numerosi dermatologi di fama Nazionale e Internazionale che hanno dedicato la loro vita alla ricerca. L’Attività editoriale di questa Associazione ha dato vita alla nascita della rivista “Dermeneutica” in ambito medico, rivista che ha lo scopo di raccogliere contributi scientifico filosofici improntati al connubio e alla reciproca integrazione di sapienza greca-latina e ricerca contemporanea.
Nella rivista di cui sopra il n. 1 di Settembre 2008, ho trovato un articolo molto interessante effettuato dal Dr. Dattola Santo presso l’U.O. di Dermatologia del Presidio Ospedaliero di Melito P.S. ecco i contenuti:
Mi è parso giusto dare rilievo a questa notizia, pubblicandola, per mettere in risalto che la Sanità in Calabria non è tutta Malasanità. Queste notizie meritano lode.
Ed infine, in data 13 dicembre 2008 presso l’Hotel 501 di Vibo Valentia, si terrà un corso sulla Psoriasi ed Artropatie Immunomediate- Esperienza con i farmaci biologici coordinato dal Dr. Santo Dattola organizzato dalla A.D.M.G. e la Federazione italiana Medici di Medicina Generale.
Melito Porto Salvo, li 11.12.08
daniele dattola
(Alla fine del lavoro apposito video filmato)
In una splendida giornata di sole, 16 giugno 2008, decido di visitare uno dei paesi interni più belli e importanti della costa Ionica-meridionale, Bova (Vùa). Lo raggiungo, al fine di inserire il lavoro nel sito www.dattola.com sui più importanti paesi interni ionici. Inizio il viaggio partendo da Bova Marina,
lasciando alle spalle, l’incantevole mare Jonio carico di azzurro,
La giornata è un po’ ventosa. Dopo un paio di tornanti
raggiungo dei posti dalla vista incantevole, un rudere di chiesa, un agriturismo un centro Brica, ed ad un certo punto su un picco il più alto che c’è, ecco il paese, che si staglia rispetto alle sue vallate, ad un’altezza di 915 mt. dal livello del mare.
Varie sono le teorie sulle origini di Bova; una cosa è certa Bova ha origini antichissime, si sa che il mare Jonio su cui si affaccia Bova, fa parte del Mediterraneo (mare in mezzo alla terra). Gli antichi popoli del mare, costituiti da razze diverse, provenienti da diversi continenti lo attraversarono, favorendo la nascita di antichi nuclei: Gli Opici, Ausoni, I Pelagi, Gli Iberi, I Magnogreci, I Romani e cosi via. E’ inutile elencarli tutti, io qui mi rifaccio alla storia scritta da un eminente cittadino di Bova tale Domenico Bertone Misiano, nato nel 1865, laureato in giurisprudenza, figlio di un farmacista, che nella sua opera “I popoli preistorici dell’Italia” scrisse che, molta influenza esercitò l’Egitto, già presente nel 3000 a.C. nel Mediterraneo. A causa dell’invasione dell’Egitto da parte di una tribù di Hycsos, due grandi tribù di Butani del Basso Delta e Bink del Sudan emigrarono sulla costa jonica in un posto che fu chiamato vuà (Bova), i Butani adoravano una grande divinità Vutò, che aveva la forma di toro e parlavano una lingua simile al greco arcaico. Mentre in altri posti della Calabria si insediarono in questo stesso periodo altri popoli che furono detti Opici, in quanto il primo luogo che abitarono era detto Opicia (Butani e Bink ; Reseniti; Acri; Vudinoi; Driopi; Choni), e così via. Sembra che questi popoli di Butani e Bink si stanziarono in un piccolo centro vicino S. Pasquale detto Delia, e che una regina greca, poi si spostò all’interno nell’attuale perimetro del castello di Bova.
Sulla costa Jonica ormai è arcinoto che è stato rintracciato materiale archeologico che va dal paleolitico arcaico (un milione di anni fa) all’età del ferro (VIII°-VII° sec- a.C.), ma quello più notevole è il materiale neolitico, che ha messo in risalto il lavoro del prof. Robb e di altri illustri professori universitari internazionali, ritrovamenti preellenici molto precedenti al periodo della Magna Grecia, capanne ricoperte di rami e con intonaco il fango, cuspidi di frecce di ossidiana (materiale caratteristico di Lipari) e silicee, asce e una particolare serie di vasi e terrecotte con disegni geometrici, di colore bruno, trovati per la prima volta a Stentinello di Siracusa e perciò appartenenti ad una civiltà che risale da 8000 a 6000 anni a.C. per documentare e confermare quanto ho detto prima ecco uno dei tanti articoli Comparsi sui giornali locali e mi riferisco alla Gazzetta del Sud del 22 luglio 2003. Autore Pietro Gaeta:
“Dalla Gazzetta del Sud del 22 luglio 2003 art. di Pietro Gaeta
Archeologi anglosassoni stanno eseguendo importanti scavi
Il Tesoro di Bova
Un Prof. di Cambridge guida le ricerche
Reggio – Trenta giovani archeologi inglesi, americani, canadesi, guidati da John Robb, professore della prestigiosa Università di Cambridge, scavano nel territorio di Bova dal 1997. E i risultati sono straordinari: la presenza dell’uomo nella provincia di Reggio si retrodata all’epoca del Paleolitico (700.000 anni prima di Cristo!) Sebastiano Stranges, ispettore onorario della Sovrintendenza, e la sua equipe, da un ventennio hanno portato alla scoperta di centinaia di siti archeologici tra Pellaro e Brancaleone e particolare rilievo hanno avuto i siti preistorici, praticamente sconosciuti nella letteratura internazionale. Fin dalla prime ricognizioni era emerso il ruolo di grande rilievo nella zona tra Saline e Bova che aveva già fatto parlare di una capitale neolitica nella Calabria meridionale. Il risultato di queste ricerche ha attirato archeologi internazionali che hanno deciso di investire denaro e tempo nella scoperta della preistoria nella nostra provincia. I due siti indagati sono Umbro e Penitenzeria (entrambi nel Comune di Bova), dopo che le segnalazioni di Stranges furono confermate scientificamente dal prof. Santo Tinè ( Il più grande archeologo preistorico italiano) che fu coadiuvato dal prof. Daniele Castrizio-, dove furono trovate alcune capanne neolitiche e una ricchezza enorme di ceramica “stentinelliana” con motivi e decorazioni inedite”. Dopo i primi saggi le ricerche si sono appuntate nel sito di Penitenzeria che era il villaggio più importante dell’intera costa meridionale, la “capitale” della tribù Ausonia che si era insediata nella zona. “ I sistemi di scavi sono i più moderni – spiega il Prof. Castrizio- una vera lezione per l’archeologia locale. Usano la flottazione e il sistematico setacciamento della terra di scavo su cui intervengono i paleobotanici e i paleontologi. In Calabria, per la prima volta, è stato usato il sistema di datazione del radiocarbonio. Grazie a questi metodi innovativi, lo scavo ci restituisce non solo cocci e pietre, ma la vera storia dei nostri antenati. Sappiamo dove e come abitavano, cosa mangiavano e come distribuivano il territorio. Lo studio dei motivi ornamentali sulla ceramica ci restituisce anche la loro identità culturale: ogni tribù aveva i propri decori, come i clan scozzesi hanno i loro colori che li identificano. Sappiamo anche che avevano un commercio: prendevano e esportavano l’ossidiana dalla isole Lipari, importavano le pietre dalla Sila per le proprie asce, arrivavano vasi e forse anche uomini dalla Grecia e dall’Africa”. Quest’anno è cominciato anche uno scavo di case fortificate greche per lo sfruttamento agricolo e il controllo del confine tra Reggio e Locri (IV sec. A. C.). I villaggi indigeni, probabilmente sotto la spinta dei Greci, furono abbandonati e il territorio subì una radicale trasformazione e reinterpretazione commerciale ed economica. “L’importanza di questi scavi – aggiunge Castrizio – è fondamentale per lo sfruttamento turistico del nostro patrimonio archeologico e rappresentano un vero e proprio esempio da seguire. Gli scavi sono costantemente aggiornati su internet, i materiali vengono velocemente pubblicati e messi a disposizione della comunità scientifica, specialisti stranieri vengono chiamati per risolvere i problemi della ricerca. Lo scavo di Umbro è molto famoso in Inghilterra ed è stato ripreso da riviste specializzate. Ma la cosa importante da comprendere è che questo sito ci ha consentito di saperne di più sui nostri antenati e poi, cosa ancora più straordinaria, che è semplicemente uno dei tanti che si possono scavare sulla costa reggina”. Sebastiano Stranges, dunque, è un esempio di chi, rimettendoci, sempre del proprio, ha vinto le iniziali resistenze degli esperti e non si è mai arreso all’assenza di fondi. “E se altri avessero agito come lui – conferma Castrizio-, certamente il nostro turismo culturale avrebbe avuto ben altre frecce al suo arco”. ……L’Aspromonte, sotto le grandi pietre (Pentedattilo, Pietra Cappa, Pietra di Febo…), cela ancora villaggi di straordinaria grandezza e ricchezza. Saline, in particolare, negli studi di Stranges e Robb, sembra essere una vera e propria capitale del neolitico con una serie straordinaria, per quantità e qualità di rinvenimenti……” Anche nella zona più alta del castello è stato ritrovato, nel perimetro del Castello, schegge di ossidiana, attestanti il commercio primitivo che gli abitanti delle isole Eolie intrattenevano con i popoli vicini a partire dal IV millennio a.C.. Pertanto le rocche del Castello ospitarono sicuramente un insediamento umano di età preistorica. Vedi i cocci dei vasi di origine stentinelliana, che comprovano l’antica esistenza di abitazioni nella zona del castello. Poi vennero i Greci, i romani etc. Sembra che subì frequenti incursioni barbariche.
Nel 440, infatti, i Vandali, sbarcarono sulle coste lucane e bruzie devastando e saccheggiando le città marittime. Dopo aver occupato la Sicilia, organizzarono scorrerie in Calabria e gli abitanti del litorale per sfuggire alle devastazioni si rifugiarono sui monti, in luoghi più sicuri ed inespugnabili. Fu questo, quindi, il motivo che spinse gli abitanti di Delia a fondare la città di Bova.
Nello stemma della città di Bova la figura predominante è il bue.
Nel corso dei secoli lo stemma, è stato modificato più volte, Prima nel 1400 si presentava con la figura di un bue con la zampa alzata; nel 1500 con l’introduzione del rito latino alla figura del bue che viene riprodotta in modo più piccolo è aggiunta la figura della Madonna col bambino seduti sul bue. Nella cattedrale il bambino e sull’atto di benedire, mentre nella chiesa di S. Leo ci sono due stemmi in uno il bambino sta con le mani sul petto della Madonna e nell’altro viene ripetuto però stavolta colorato con smalti cosi come possiamo vedere dalle foto.
Il Paese fu assediato dai Saraceni nel IX° sec. e nel 953 e nel 1075 molte furono le perdite di vita umana a causa dei Saraceni. Sotto il dominio Normanno l’Arcivescovo di Reggio Calabria gesti e dominò Bova con il titolo di Conte, fino al 1791 quando il feudo fu ceduto al fisco regio. Il Paese presentava due porte di accesso con torri, porta Ajo Marini e l’altra collocata vicino la Cattedrale, che era collocata nella parte alta della città insieme al palazzo vescovile e le case delle famiglie nobili ed importanti. Nel paese c’erano tre torri difensive, oggi ne esiste solo una.
Cessò di essere Feudo nel 1806, anno dell’eversione della feudalità. Un duro colpo subì il paese a causa della peste nel 1577. Distruttivi furono i terremoti del 1783 e 1908. I monaci Basiliani introdussero il rito greco e Bova fu sede arcivescovile fino all’anno 1572 quando fu imposto dall’arcivescovo Stauriano il rito latino.
Bova ebbe il primato sull’area grecanica del reggino per almeno un millennio, le popolazioni conservano ancora la parlata greca, il greco che si parla a Bova è antico con derivazioni arcaiche e quindi non è attribuibile ai coloni greci Calcidesi dell’VIII° sec. Vari sono stati i personaggi importanti di questo antico centro. I Malgeri, i Viola, i Vitale, i Natoli , i Misiano, i Casile, i Catanea, gli Autelitano, i Borrello, gli Alati, i Criseo, i Larizza e tanti altri che mi sfuggono e a cui chiedo scusa se non li ho nominati.
All’arrivo, accompagnato dal mio amico Nino Marino, sono stato accolto dal Vice-Sindaco Santino Casile
e da un suo parente, Leo Casile,
persone squisitissime che mi hanno fatto da guida, ho subito capito quanto amore, queste persone, hanno per questo posto. Il paese si mostra in tutta la sua bellezza, noto che ci sono parecchi cantieri aperti nei posti più interessanti, come il Municipio, il castello le chiese, insomma un fermento , si capisce che c’è un’Amministrazione che cura questo posto con attenzione.
Il Borgo si trova posto abbarbicato sulla roccia
(Foto dall’alto del paese di Bova)
ed è circondato dalle montagne, notevoli sono le visioni delle vallate giù in basso,
(La vallata e il mare visti da Bova)
le strade sono ben curate e sc’è una segnaletica ben visibile che rende chiari ai visitatori i percorsi da seguirei nota che .
Le strade spaziose nel centro diventano man mano che si sale sempre più strette. Ogni vicolo, ogni strada è segnalato da targhette con i nomi in italiano e in lingua greca.
Interessante sono i vecchi palazzi, le case e la relativa tecnica costruttiva fatta da mattoncini, e pietre
interessanti anche le grondaie delle case, fatte con mattoni sporgenti.
Si capisce che il paese per i palazzi che vi insistono era un paese importante e ricco. Prima di arrivare al centro si giunge in una piazza detta dei Ferrovieri, dove è collocata una vecchia locomotiva a carbone posta su dei binari, costruita tra il 1911 e 1922 e dismessa e venduta dalla ferrovia. Collocata lì per opera del sindaco Foti nel 1988, fatta arrivare con enorme difficoltà e non poche sono state le critiche per questa decisione che comunque ha caratterizzato il centro del paese.
Importante per la sopravvivenza di questo centro è l’agricoltura, la pastorizia, la forestazione, l’artigianato locale con le tessiture fatte con la lana, il lino, il cotone e soprattutto la lavorazione con le fibre della ginestra metodo antico, e la lavorazione del legno.
Ci muoviamo con l’ottima guida recandoci a visitare in lungo e in largo il borgo, le numerose chiese, arriviamo nella parte più alta dove stanno a bella vista i ruderi del castello anche qui un cantiere enorme , fervono lavori di ristrutturazione,
IL CASTELLO
Si trova nella parte più alta del paese. Non si conosce l’origine certa , fatto sta che nella zona castello sono state trovate tracce di materiale neolitico.
Si presume che risale al 1200. Vi sono solo dei ruderi, costruito con mattoni di selce, presenta muri enormi, si erge una torre ancora in parte intatta, l’unica delle tre rimaste e le chiese:
LA CATTEDRALE
In questa chiesa maestosa fervono i lavori di ristrutturazione,
accanto ad essa gli edifici del vescovado che presentano una zona vecchia, antica e una zona nuova.
Presenta la Cattedrale è dedicata alla Madonna della Presentazione o Isodia, è Normanna, ricostruita in epoche diverse all’entrata due colonne con lo stemma del vescovo di Bova.
Vi è l’altare maggiore con la statua della Madonna in marmo bianco di Carrara, poggiata su un marmo lavorato che presenta lo stemma di Bova dove è sempre rappresentato un bue e due angeli in adorazione, è riportata la data del 1584.
La Madonna e il bambino hanno la testa cinta da due corone d’argento. Più a destra nella cappella dell’Assunta si trova l’altare del Sacramento datato 1691, ornato con marmi di vari colori sicuramente di scuola siciliana. La chiesa ha tre navate una grande, due più piccole, con tre altari.
La nostra insuperabile guida ci ha fatto presente che sotto il pavimento della chiesa sono stati trovati un insieme di camere sotterranee con tombe importanti. Tanto è vero che è stato deciso di stendere un pavimento a vetro per fare vedere ai visitatori, queste antiche sepolture.
I morti si mettevano seduti con le braccia larghe, per fare meglio andare via i liquidi ed essiccare. Questa usanza si è trovata in alte chiese antiche di Brancaleone etc.
Sotto la scala che va ai campanili si nota benissimo che la chiesa è costruita su una precedente struttura.
Accanto alla cattedrale un imponente campanile con una campana antica che riporta delle scritte cosi come si può vedere dalle foto.
Continuiamo il nostro percorso scendendo attraverso viuzze antiche con case dallo stile molto particolare e raggiungiamo la
CHIESA DI S. LEO:
Anche qui lavori e nel perimetro della chiesa, si nota uno scavo dove si vede chiaramente che la chiesa nuova, poggia su una struttura antica.
La chiesa attuale risale al 1700, anche qui un portale importante con lo stemma della città e la data del 1606.
Entriamo, e alla fine della navata, notiamo subito un importante altare, con una statua in marmo bianco che rappresenta S.Leo.
Un altare molto ornato che all’apice presenta lo stemma della città.
Contrapposto in fondo alla chiesa una grande loggia in legno bianco con sopra un antico organo.
Ai lati della chiesa, due cappelle, in una le reliquie di S. Leo, monaco Basiliano del 1722, poste su un altare di marmo, le reliquie, sono sormontate da una statua dello stesso santo, in argento cesellato, cosi come cesellata si presenta l’urna.
Anche qui le nostre guide ci raccontano delle tradizioni popolari, ed essendo un santo venerato anche in altri posti ad Africo Vecchio, per antiche diatribe le reliquie come si può vedere dalle foto sono chiuse con quattro lucchetti diversi la cui chiave è stata consegnata, per evitare eventuali furti di ammiratori, al parroco, all’arcivescovo ai carabinieri etc..
In fondo alla chiesa nel lato destro una enorme tela del 700 raffigurante la Madonna Immacolata, quadro di enorme bellezza, pare recuperato in un’altra chiesa di Bova, e custodito nella chiesa di S. Leo.
Questa chiesa cosi come le altre conserva un enorme numero di oggetti religiosi del passato, molto dei quali custoditi nella cattedrale di Reggio Calabria. Tutti di epoca diversa: ostensori in argento, paramenti sacri, , incensieri d’argento, calici etc.
Ogni anno il 4 maggio viene tenuta una processione e sulla vara vengono posti il busto del Santo e le reliquie.
CHIESA DELLO SPIRITO SANTO
Dopo la piazza principale scendendo, arriviamo in questa chiesa che presenta un interessante portale in pietra, fatto da artigiani scalpellini locali, con importanti iscrizioni, è stata costruita intorno al XVI° XVII° sec. Sopra del portale una finestra, qui vi era una statua della Madonna con bambino oggi conservata nella chiesa di S. Caterina. Nel Portale sono riportati dei nomi Maisanus e Nicola Mafrica.
Saliamo e il vicesindaco Casile ci accompagna in un’altra chiesa.
CHIESA DELL’IMMACOLATA (XVIII° SEC.)
Anche questa chiesa presenta un’interessante portale. La chiesa sconsacrata, apparteneva alla famiglia Marzano, infatti nel portale vi è lo stemma di questa famiglia. E nella chiesa all’interno vi è una loro lapide dalla quale si rileva che i Marzano erano giunti qui nel 1767. Da qui proviene l’interessante quadro della Madonna Immacolata conservato nella chiesa di S. Leo. Molte parti murali esterne sono state completamente ricostruite.
CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE
Risale al XVII° sec. Apparteneva alla famiglia Mesiani, infatti è costruita di fronte all’antico palazzo Omonimo. Anche qui un importante portale con lo stemma della famiglia Mesiani, iscrizioni e in alto una finestra, nella chiesa un altare in marmo con la statua della Madonna del Carmelo, e nel pavimento una lapide con lo stemma familiare dei Mesiani e una scritta con la data del 1752. La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto. Sembra che prima di diventare chiesa del Carmine di proprietà Mesiani la chiesa era l’antica Parrocchiale di San Costantino,
essendo i portali quasi tutti simili e della stessa età, abbiamo avuto l’impressione che quasi tutte le chiese erano già preesistenti e su quelle sono state costruite altre.
CHIESA DI SAN ROCCO
Qui vi era prima il convento dei frati minori di S. Antonio, la chiesa risale al 1500. Un importante portale in pietra intagliata, all’interno al centro dell’architrave lo stemma del vescovo Marzano. Danneggiata dai terribili terremoti del 1783 e 1908 fu ricostruita nel 1975. Ogni anno la statua il 15 agosto viene portata in processione dalla chiesa di s. Caterina alla chiesa di San Rocco.
CHIESA DI SANTA CATERINA
Fu consacrata nel 1969. All’interno della chiesa una importante statua della Madonna della Visitazione, che presenta un enorme mantello. Qui c’è anche la statua di San Rocco, patrono del paese.
Il nostro itinerario, dopo la piazza ferrovia, inizia e si conclude nella piazza centrale del Paese, Piazza Roma, che è molto bella e segnata da palazzi antichi importanti ecco le foto:
PALAZZO NESCI
Risale al 1700, è stato costruito su due piani,
presenta al centro un bel portale ad arco con lo stemma della famiglia Nesci, a fianco una volta che sostiene un terrazzo merlato, con una vista spettacolare sulla vallata.
Il palazzo è stato venduto a vari proprietari, e nel 900 fu utilizzato a Casinò di società e teatro.
(Vista dall’alto di alcuni fabbricati)
PALAZZO MESIANI-MAZZACUVA
Sorge in via Costantino dove prima c’era una torre ed era un punto di passaggio di accesso verso la città., fu nel passato utilizzato a carcere.
Interessante anche vedere
IL MONUMENTO AI CADUTI
Il MUSEO PALEONTOLOGICO,
con importanti reperti fossili.
Le frazioni di Bova sono: Brigha, Campo, Cavalli, e Muto.
Ogni anno sono organizzate importanti manifestazioni tra cui il “Paleariza”.
E ancora foto del Paese:
Si ringraziano il Sindaco Santino Casile e il sig. Leo Casile per la disponibilità dimostrata, che ci ha permesso di fare questo servizio, e il sig. Nino Marino per la collaborazione al Servizio fotografico.
BOVA, 16 giugno 2008 Aggiornato il 04.06.2011
daniele dattola
Questo antico piccolo centro fortificato, godeva di autonomia politica e batteva moneta propria, poche sono le fonti storiche che lo descrivono e in merito alla sua posizione molte sono le incertezze. Una cosa è certa era posto a cavallo tra la repubblica di Locri e quella di Reggio, per cui durante le invasioni ora dell’uno ora dell’altro, gli eserciti, dovevano per forza di cose attraversare e conquistare questo territorio. Nel libro III c. 99 Tucidide riferisce che la flotta Ateniese, guidata da Lachete, nel 426 a C. occupò Peripoli, (posta sulla riva sinistra dell’Alece), riconquistata dopo dai Locresi e successivamente persa. Queste continue incursioni costrinsero i suoi abitanti a spostarsi in un luogo più all’interno. (Bova ?).
(Fiumara Alece oggi dell’Amendolea, in alto a dx Bova in direzione della fiumara a sn Amendolea con il castello)
Il Barrio e altri autori identificano Peripoli nell’attuale Amendolea , e descrivono Perypolis come un centro posto presso il fiume Alece, in posizione elevata, distante dal mare 4000 passi.
(Fiume Alece una volta navigabile) (Mura castello dell’Amendolea )
( Chiesa dell’Assunta ancora visibili affreschi) (Ruderi del Castello dell’Amendolea)
Altri identificano Peripoli presso S. Carlo, paese che ha una piccola fortezza, a sinistra del torrente Amendolea, confinante con il torrente, era un punto di controllo del traffico navale?.
(Fortezza S. Carlo) (Fortezza S. Carlo)
Strabone descrive: “vi scorre il fiume Alece (Alice), copioso di trote e d’anguille, che divide Locri da Reggio. Esso scende per una valle profonda;……e dista 4.000 passi dal mare, vi è il paese di Amygdalia, un tempo detta “Peripoli”; costruita in un luogo elevato e per natura sufficientemente difeso; con lini, formaggi, e miele ottimo, ….In quell’agro vi sono i villaggi di Rigudum, Arocha, et Gallicum….”.
( Fiumara Amendolea e paese Roghudi) ( “I Caddareddi” in località Roghudi)
Strabone dice che Peripoli corrispondeva ad Amigdalà di Bova Marina. Peripoli era situata tra i territori della Magna Grecia che costituivano le due Repubbliche , Reggio
e Locri, esso era un piccolo stato neutro, che confinava ad Ovest con l’Haleki e ad est con il Kaikinos. Anche il Bertone Misiano asserisce che Peripoli si trova nel sito Amigdalà in Bova Marina e che i suoi confini erano l’Alece ad ovest e il Kaicino (torrente di Palizzi) ad est.
( Golfo Bova Marina )
Posto alle falde dell’Aspromonte, sul versante jonico Meridionale, appartiene all’area grecanica, lo raggiungiamo dopo essere stati a Pentedattilo, Bagaladi e alla valle dell’Amedolea, partendo da Melito arriviamo a Palizzi Marina, (circa 2.000 abitanti).
(Via Nazionale, incrocio strada per Palizzi e Pietropennata)
Paese nato intorno al 1770, una volte finite le incursioni saracene. conosciuto fin dall’antichità (periodo magno greco per il suo porto, Strabone lo citò come un comodissimo punto di approdo, qui le navi si fermavano per il rifornimento di legna acqua e viveri. Ebbe enorme importanza nel periodo magnogreco. Venne ricostruito in età romana, interrato nell’800 per permettere il passaggio della ferrovia.
(Lungomare Palizzi M.na e spiaggia)
Mentre la frazione di Spropoli era un avamposto strategico. Palizzi Marina come tutti i paesi di mare, ha 5 km. di spiaggia, una vocazione turistica con un bel lungomare,
(Particolare Lungomare Palizzi M.na)
il borgo marinaro, il mare molto pescoso, da qui, in pochi minuti, si arriva a Capo Spartivento, uno dei posti più pescosi della Calabria, In questo paese si pratica la pesca e molti si sono dedicati a questa attività,
importante è anche l’agricoltura, rinomato il vino di “Palizzi”di colore rosso intenso, di grado alcolico dai 13 ai 15° ideale per accompagnare piatti forti, a base di carni rosse e cacciagione, si vendemmia a settembre ed è prodotto da vitigni di alicante, malvasia nera e nerello calabrese.
Palizzi ricomprende le frazioni di Pietropennata (circa 150 abitanti).
e Spropoli (circa 250 abitanti). Che deriva da “Propilei” cioè era un avamposto delle guardie di frontiera.
(Spropoli – Via Nazionale)
(Spiaggia Palizzi – località Spropoli)
(Località Spropoli – Particolare battigia)
Salendo verso l’alto dopo avere imboccato il sotto indicato incrocio
(Incrocio Via Nazionale-Palizzi, Pietropennata)
si arriva a Palizzi, (circa 380 abitanti), paese posto su un picco collinare roccioso.
(Palazzi Sup. e il castello visto da lontano)
C’incamminiamo lungo il paese che ha l’aspetto di un borgo medievale.
(Particolare Case Palizzi Sup.)
Come tutti i paesi della costa Jonica sulle origini ci sono varie teorie, si sostiene che fa parte delle sette città fondate dai Calcidesi, nell’VIII° sec. a.C. la fonte è di Aristotile. Il gesuita Cesare de Cara scrisse che queste terre furono occupate dagli Hethei, Pelagi che erano arrivati dalla lontana Mesopotamia e che occuparono le isole dell’Egeo, la Grecia e l’Italia Meridionale. Essi importarono anche le loro abitudini e conoscenze, il credo religioso, la lavorazione dell’argilla. Nell’età medievale, durante il periodo svevo, faceva parte dei possedimenti del vescovo di Bova, periodo che durò fino al 1200. Il centro è sorto come tutti questi centri intorno al 1000. Prima del 1451 vi era in questo territorio la presenza dei monaci basiliani che fondarono alcuni monasteri. Dopo il 1451 ci sono dei documenti che indicano che risulta feudatario Geronimo Ruffo feudatario di Brancaleone e Palizzi, essi rimasero proprietari del feudo fino al 1504. Dopo fu posseduto dai d’Aragona de Ayerbe fino al 1580, dai principi Colonna fino al 1654, e dopo dagli Arduino che la tennero per circa un secolo, ottenendo nel 1662 il titolo di Principe. Dopo il tragico terremoto del 1783 fu acquistato dai De Blasio che ottennero il titolo di barone e che dopo la cessazione dei feudi del 1806 rimasero proprietari fino ad oggi del castello posto in cima al paese, una costruzione imponente con tetti circolari e quadrati, con resti di mura spalti etc.. I francesi disposero durante l’ordinamento amministrativo 1811 che Palizzi fosse sotto la giurisdizione del comune di Staiti.
(Palizzi visto da Pietropennata)
Da visitare:
La Chiesa parrocchiale di Sant’Anna (Matrice)del 1600 con una bellissima cupola di origine bizantina, e una magnifica statua marmorea, di enorme pregio, di Sant’Anna con la Madonna in braccio del 1500-1600, attribuita al Gagini. Questa chiesa fu sede protopapale.
(Chiesa Matrice di S. Anna con cupola Bizantina vista da dietro)
Le case sembrano aggrappate alla rupe dove sovrasta l’antico castello.
(Come si presenta il Paese di Palizzi all’arrivo)
(Paese e castello di Palizzi visto dall’alto-strada verso il borgo di Pietropennata)
Palizzi ha una frazione Pietropennata, posta a 950 mt sul livello del mare, prima dell’arrivo alla frazione vi è una chiesa, della Madonna del Carmine.
(Chiesa della Madonna del Carmine)
La Chiesa della Madonna del Carmine si trova in località Carmine venne fondata prima del 1573 data in cui il vescovo Giulio Straviano istituì il rito latino. Con bolla papale del 1903 è stato stabilito che chi prega, si confessa e fa la comunione in questa chiesa il 15 e 16 luglio di ogni anno ottiene l’indulgenza plenaria.
Ancora più su la frazione Pietropennata, posta a 950 mt sul livello del mare, vi e’ la chiesa parrocchiale
Santa Maria di Alica si trova nelle campagne della frazione di Pietropennata, sono i ruderi di un vecchio monastero basiliano, con la statua proveniente da questo. La statua della Madonna e a mezzo busto risale al 1400 ed è stata attribuita al Gagini. Essa si presenta anche con due corone di argento con lamine sbalzate fu donata dai monaci francescani di Bovalino nel 1655 ora conservata nella chiesa dello Spirito Santo.
Chiesa dello Spirito Santo presso Pietropennata esiste dal 1887, è conservata in questa chiesa la statua di S. Maria di Alica, con tre campane datate 1098, 1161, e 1163.
L’ex chiesa di San Sebastiano governata nel passato da una confraternita laicale funzionò fino al 1840, dopo venne chiusa al culto e ripristinata grazie all’arciprete De Angelis che riusci ad evitare la distruzione dell’edificio, oggi è sede di un’associazione musicale.
Chiesa del Santissimo Redentore sorge a Palizzi Marina fu costrutia nel 1934 su richiesta della popolazione di questo centro e su concessione del Vescovo di Bova, sull’altare la statua del Santissimo Redentore e in fondo alla navata destra la statua in cartapesta della Pietà.
Chiesa di S. Francesco di Paola sorta nel 1810 a Palizzi Marina voluta dal sacerdote Antonio Nesci, e fatta costruire al nipote dello stesso. Nel 1992 fu donata dai fratelli Domenico, Antonio e maria nesci Trapani Lombardo all’arcivescovado Bova-Reggio. Al centro della facciata un medaglione in ceramica che rappresenta la madonna con bambino.
Il Castello Non si hanno notizie certe sulla data di costruzione, ma all’entrata dello stesso è scritto in latino che nel 1580, perché cadente venne restaurato dalla famiglia Colonna e dopo nel 1866 dal Barone Tiberio de Blasio.
Nel 1751 il castello era cinto da muri con due torrioni, oggi il castello non versa in buone condizioni, sono ancora visibili i muri perimetrali parte delle mura di cinta e una torretta addossata alle pareti laterali. Il castello ha necessità di urgenti restauri
(Particolare torre del castello)
Torre Mozza è un rudere collocato su una collina, serviva per l’avvistamento durante l’epoca normanna, a forma quadrangolare.
Anche questa volta per il sito www.dattola.com ci rechiamo in un importante paese dell’area della Locride, distante da Reggio Calabria circa 70 km. Bruzzano Zeffirio, posto a circa 90 metri sul livello del mare e confinante con i territori di Brancaleone, Staiti, Ferruzano, Bianco, Africo Vecchio e il mare Jonio. Si raggiunge percorrendo la statale 106, dopo aver superato Brancaleone, e subito dopo la fiumara Bruzzano imboccando il bivio per Bruzzano.
Si sale verso l’alto percorrendo quella magnifica vallata che abbiamo già percorso quando abbiamo visitato la chiesa di Tridetti. Preciso che non mi occuperò molto, in questo servizio, dei centri nuovi, ma della parte più vecchia che è la parte più suggestiva e meravigliosa per fare conoscere ai giovani e non, la storia e i meravigliosi posti della vecchia Bruzzano e Motticella, tramite il sito www.dattola.com
Le teorie sulla fondazione, di questi antichi centri sono tante, però quella più attendibile è la prima, che il nome derivi dagli antichi Bruzi, l’altra che si rifà, alla solita, dei greci che nell’VIII° e VII° sec. a.C., spinti dal vento zeffiro, sbarcarono nell’attuale Capo Bruzzano o Promontorium Brettium o Zephirium Promontorium fondando qui una prima comunità che una volta aumentata si divise in due, una spingendosi lungo la costa, fondò prima “Locri Zeffiria” in località Palazzi di Bianco e dopo , “Locri Epizefiri”, l’altra all’interno dove si sviluppo la vecchia Bruzzano sulla rocca Armenia (Importante punto di avvistamento), luogo che divenne ben fortificato per combattere le invasioni barbariche,
(Rocca Armenia e castello visto da lontano)
essa fu espugnata dai Saraceni, che si stabilirono in quel posto per un lungo periodo. La verità sembra sia che Bruzzano fu l’ultimo rifugio dei Bruzi e che i Locresi sbarcando a Capo Bruzzano nell’VIII sec a. C. colonizzarono questi territori, infatti molti scrittori (storici) la chiamavano Bruzio, Brutiano o Bruciano, Bruzzano.
Continuando a salire si arriva in un bivio da dove se si continua si giunge all’attuale Motticella, mentre girando a destra come indica il cartello si va verso la rocca Armenia,
A sinistra verso Motticella
( Motticella)
Rocca Armenia è un posto veramente suggestivo cosi come potete vedere in queste fotografie
e qui in cima alla rocca si trova il castello
e accanto nella parte bassa l’antico borgo di Bruzzano Vetere, con il famoso arco di trionfo dei Caraffa eretto in onore di questa nobile famiglia.
Da qui si arriva anche alle acque sorgive sulfuree dell’acqua Munda e ai resti del convento Basiliani di S. Fantino, qui i monaci Basiliani curavano le ferite con quest’acqua che aveva rinomate proprietà organolettiche. I monaci avevano ricavato nella roccia una vasca, dove gocciola tutt’oggi un’acqua sulfurea.
(Vasca acqua sulfurea)
Grazie ai Fondi POR oggi questa zona si presenta in modo diverso rispetto a tutte quelle che abbiamo visitato, andiamo per ordine, prima un po’ di storia.
Il paese, fu espugnato dai Saraceni nel 905, comprendeva anche il casale di Motticella (Motta Bruzzano o Motticella) si sviluppò sulla rocca Armenia e nel 1278 era chiamato Bruzzano Vetere, fu feudo di Giovanni Brayda e dopo del Marchese Busca. Fu acquistato dai Ruffo nel XIV° secolo e passò nel XV° sec. al Marchese di Crotone Antonio Centelles. Alla fine del 400 fu acquistato da Tommaso Marullo e dopo da Federico Stayti D’Aragona che la vendette nel 1592, al marchese di Grotteria Don Pietro De Aragona d’Ayerbe, che la tenne fino al 1597, anno in cui il figlio la cedette di nuovo a Stayti. Successivamente il feudo fu posseduto dai Caraffa che lo tennero a lungo, nel 1621 divennero Duchi. Essi mantennero il feudo fino al 1806 data di eversione della feudalità, divenendo Comune nel 1811. Il terremoto del 1783 procurò gravi danni a questo centro del 1908 distrusse il centro che si spostò in un posto vicino. Nel 1863 quando ancora si chiamava solo Bruzzano, assunse il nome di Bruzzano Zeffirio
BRUZZANO VECCHIO
Di questo centro sono rimasti i ruderi, della vecchia chiesa etc. e il Comune ha costruito al centro del paese un piccolo anfiteatro, cosi come si vede nelle foto,