Ricevo e Pubblico questa lettera del Dr. Tito Squillaci da Sierra Leone
La nostra casa è la terra
Cari amici, vi aggiorno sulla nostra situazione e sul problema dell’Ebola che, giustamente, suscita tante preoccupazioni in ciascuno di noi. La settimana scorsa il Cuamm ha inviato un proprio esperto, il dott. Giovanni Putoto, il quale, attraverso visite sul territorio, incontri con autorità sanitarie e operatori di altre ONG, ha analizzato approfonditamente la situazione e i rischi connessi per il personale impegnato sul campo. Basandosi sulla sua relazione, molto circostanziata, la direzione Cuamm ha preso atto che il rischio è molto elevato per chi lavora in prima linea (cioè a contato diretto con i pazienti, come nel mio caso) e ieri ho ricevuto la disposizione di rientrare in Italia (io e Nunziella partiremo il 20).
Qui rimarranno, comunque, 3 operatori sanitari (chirurgo, ostetrica e capo-progetto) ed un amministrativo, per l’attività del centro materno-infantile e per supportare le autorità sanitarie negli sforzi per il contenimento dell’epidemia. Io sarò sostituito da un “medical officer” locale che ha esperienza di pediatria.
Il Cuamm, così come le altre ONG attive in Sierra Leone, aveva già sospeso tutte le attività sul territorio (assistenza a 75 centri salute periferici, programma per il controllo della sifilide, ecc.) e aveva disposto per il proprio personale la riduzione all’indispensabile dei contatti esterni. Negli ultimi tempi, quindi, viviamo tra casa e ospedale, evitando di frequentare il mercato, la chiesa e qualsiasi altro luogo affollato. Fino ad ora, nelle nostre lettere, abbiamo evitato di parlare dell’Ebola o, quanto meno, abbiamo evitato di scendere nei particolari riguardanti il nostro territorio, per non generare preoccupazioni nelle figlie e nei nostri familiari, ma in effetti, la situazione è grave.
Sul piano generale, l’epidemia, per dirla con un eufemismo che circola qui, “è ben lontana dall’essere sotto controllo”, ogni giorno si registrano nuovi casi (il 12 agosto 21 e il 13 agosto 11) e in tutta la Sierra Leone sono coinvolti 11 distretti su 12. Per quanto riguarda il nostro distretto (Pujehun), ci sono 3 focolai accertati e fino ad ora abbiamo avuto 7 morti, 2 dei quali ricoverati nel nostro ospedale generale. Io lavoro nel centro materno-infantile, che è ubicato a circa 200 metri di distanza, e, ovviamente, operiamo in stato di massima allerta, perchè ogni paziente che arriva può essere contagiato. I bambini, inoltre, possono presentare una sintomatologia sfumata o confondente per altre malattie infantili, per cui, nonostante la massima attenzione, c’è sempre il rischio concreto che un caso di Ebola sfugga, con conseguenze, come potete ben capire, gravissime.
Le infezioni nosocomiali, in situazioni come questa, sono purtroppo frequenti ed in Sierra Leone sono morti circa 20 infermieri e 2 medici (tra i quali il coordinatore del programma per il controllo dell’epidemia a Kenema).
Nel nostro ospedale abbiamo introdotto delle misure restrittive, quali la chiusura ai visitatori, un controllo della temperatura all’ingresso per tutti, associato ad un questionario che rileva se ci sono fattori di rischio per l’Ebola. Dentro il reparto accogliamo i nuovi pazienti in una zona separata, ripetiamo la valutazione dei fattori di rischio e ci accostiamo con tutti i presidi protettivi, compresi maschera e occhiali.
Nell’ospedale generale il Cuamm, in accordo con le autorità locali, ha allestito una tenda di isolamento dove vengono ricoverati i casi sospetti, in attesa del risultato del test. In caso di conferma i pazienti devono essere trasferiti a Kenema (in questo periodo di pioggia incessante, circa 3 ore di macchina), dove è ubicato uno dei 2 soli centri deputati alla cura dell’Ebola (l’altro è Kailahun, situato piu’ a nord).
Le unità di isolamento attive per i casi sospetti, in tutta la Sierra Leone, per ora sono solo 3: la nostra (Cuamm) a Pujehun, una di Medici senza Frontiere a Bo ed una di Emergency a Goderich, vicino Freetown. Nella capitale, che pure ha registrato 11 casi, fino ad ora per l’Ebola non c’è nulla, né tenda di isolamento, nè tanto meno un centro di cura.
Sia nel nostro distretto che nel paese in generale, ci si aspetta un aumento del numero dei casi, poiché, considerate l’alta diffusibilità della malattia e le modalità di gestione familiare dei malati, è certo che ogni deceduto lascia dietro di sé una scia di contagiati (per esempio, in un nostro villaggio, dopo il primo caso, sono morti, in rapida successione, altri 4 familiari, i quali, a loro volta, molto probabilmente hanno contagiato altri parenti).
Lo sforzo delle autorità, in questi casi, è quello di individuare tutti i contatti, isolarli presso il proprio domicilio e monitorarli per 21 giorni (cioè il tempo massimo di incubazione della malattia), ricoverando quelli che manifestano sintomi. Molti contatti sfuggono ai controlli e continuano a circolare, ma, per fortuna, diversamente dalla generalità delle malattie virali, l’Ebola contagia solo in fase sintomatica, non nel periodo di incubazione.
Per paura del ricovero (vissuto come un internamento e come luogo nel quale si va a morire), molti ammalati non si presentano presso i centri sanitari, o scappano dagli stessi centri di cura e muoiono nei villaggi in mezzo alla foresta. Per questo motivo, è certo che il numero reale dei morti e dei contagiati è superiore a quello ufficiale e non stimabile con esattezza. Intorno alle città di Bo e Kenema, per le strade, vengono spesso ritrovati cadaveri (positivi per Ebola) e non è chiaro se si tratta di pazienti abbandonati dalle famiglie per paura del contagio o di persone che scappano per paura di essere ricoverate.
Le iniziative messe in campo dalle autorità per contrastare l’epidemia si basano soprattutto sulla sensibilizzazione della popolazione riguardo alla natura della malattia e alle modalità di trasmissione, sull’individuazione e controllo dei contatti, sull’individuazione e monitoraggio di tutti i soggetti con febbre nei territori interessati (con una ricerca casa per casa, grazie all’aiuto di volontari addestrati), su misure generali di riduzione dei movimenti della popolazione (chiusura di mercati, scuole, ecc., con gravi ripercussioni economiche), l’uso della clorina per il lavaggio delle mani in tutti i luoghi pubblici, cordoni sanitari intorno ad alcuni dei villaggi che hanno avuto casi di Ebola e altro ancora. In questi giorni sono stati (finalmente!) isolati i 2 distretti maggiormente colpiti, con posti di blocco e l’introduzione di un pass per entrare e uscire dal territorio.
Sul piano assistenziale, le autorità intendono attivare a breve un centro di trattamento a Freetown, costruire un nuovo centro a Kenema, incrementare il numero delle unità di isolamento nei distretti e hanno dato parere favorevole all’uso dei presidi farmaceutici non ancora registrati, previo consenso informato dei pazienti.
Oggi pomeriggio abbiamo partecipato ad un incontro con il ministro della salute, presso la sede dell’OMS. È emerso che il paese ha bisogno di tutto: personale specializzato, materiale protettivo, materiale di consumo, disinfettanti, ambulanze e altri automezzi, carburanti, ecc..
È evidente che non possono affrontare da soli una tale situazione. Per sconfiggere l’Ebola è indispensabile un impegno a tutto campo della comunità internazionale e un forte movimento di solidarietà (anche nell’interesse degli stessi paesi occidentali). Non dimentichiamo che la nostra casa è la terra.
Questo è il quadro generale della situazione.
Noi partiamo con rammarico, ma riconosciamo che la decisione della direzione Cuamm è ponderata, basata su una valutazione attenta di tutti i risvolti della questione, tesa a salvaguardare la nostra incolumità e a ridurre al minimo indispensabile il numero delle persone esposte al rischio di contagio di una malattia così grave.
Dunque, un abbraccio a tutti voi e… a presto
Sierra Leone, Pujehun
Tito
Ritengo che la decisione del CUAMM sia giusta e ponderata, insistere a lasciarvi li, è troppo rischioso in questa situazione di grande emergenza, quindi arrivederci presto in Italia.
daniele
Con un breve messaggio Nunziella Squillaci, moglie del Dr. Tito Squillaci, Pediatra in missione umanitaria in Africa, mi ha comunicato che il CUAMM ha predisposto il loro rimpatrio il 21 agosto. Continua…La situazione è fuori controllo e ad altissimo rischio soprattutto per Tito. Che dirti…è col cuore a pezzi ma anche coscienti che ad avere bisogno ancora di noi ci sono le nostre figlie. Poi ti racconterò. Questo è il messaggio che pubblico per portare tale notizia a conoscenza di tutti gli amici che giornalmente mi contattano per sapere qualcosa di nuovo.
Melito di Porto Salvo, li 14.8.2014
daniele dattola
Ringrazio tutti gli amici che scrivono chiedendo notizie di Nunziella e Tito Squillaci. Nunziella in un msg mi ha fatto sapere che stanno bene e sono in attesa della decisione del CUAMM, l’Organizzazione Umanitaria che ha mandato li il Dr. Tito Squillaci nella veste di medico specialista Pediatra nell’Ospedale di Pujehun. Con un’altra lettera ecco di seguito cosa ha scritto Nunziella:
La chiamerò la ricetta delle tre U: Umiltà – Umanità – Unità. Ecco cosa penso, dopo questo periodo di permanenza in Africa, siano gli elementi necessari per fare una buona cooperazione. Umiltà, che scaturisce dall’amore, non per te stesso, ma per l’altro, prima per chi ti sta accanto e collabora con te e poi per chi è affidato alle tue cure. Umanità, che scaturisce dalla capacità di sentirsi non “il solo”, ma una tessera di un insieme, una parte di un tutto (che non sei tu) e, solo la disponibilità ad accogliere l’altro nell’amore, permette a te di scoprire la bellezza del tutto. Unità, che scaturisce dall’equilibrio fra te e l’altro. Equilibrio, che non può sussistere, se non è mantenuto costantemente (senza abbassare la guardia) da una grande dose di umiltà su un piatto della bilancia e da un’uguale dose di umanità sull’altro piatto. Forse però, questi tre elementi, possono essere applicati anche in ogni rapporto, in ogni gruppo, comunità, famiglia, parrocchia…, perché penso che, senza di essi, sia difficile e improbabile ogni rapporto e cooperazione.
5 Agosto. Ieri è arrivato da Padova Giovanni, un esperto del CUAMM, con una vastissima esperienza di cooperazione e volontariato, e anche di epidemie come l’Ebola. Abbiamo discusso a lungo sia ieri che oggi, ora sta facendo un giro di colloqui con le autorità, un controllo delle strutture e della sicurezza e sta facendo anche un giro di colloqui personali con ciascuno di noi. Terminerà la sua visita l’11 agosto e le sue osservazioni costituiranno la base per le decisioni che il CUAMM prenderà riguardo alla nostra presenza qui, a causa della situazione creatasi con l’epidemia di Ebola. In questo campo, comunque, il CUAMM è già molto attivo e sta fornendo un importante supporto alle autorità locali dal punto di vista logistico e organizzativo, in particolare per l’allestimento dell’unità di isolamento per i casi sospetti del nostro
distretto. Ieri in tutta la Sierra Leone è stato il “Sit down day”, una giornata dedicata alla riflessione, nella quale era obbligatorio rimanere in casa, quasi un “coprifuoco” voluto dal governo per sensibilizzare la popolazione riguardo all’Ebola: nessuno poteva viaggiare, per spostarsi occorrevano dei permessi speciali, ogni attività pubblica è stata sospesa. In ospedale non sono arrivati bambini. Oggi è arrivato solo un bimbo, ed una bambina che però purtroppo era già morta, Tito è lì, speriamo che il bambino non sia grave. Per sicurezza ci è stato proibito di frequentare luoghi pubblici, e domenica non siamo potuti andare a messa. A me è stato vietato di andare in ospedale, andrò solo per fotografare i dipinti che oggi Charles ha completato e non ho ancora potuto vedere, perché abbiamo avuto a pranzo Giovanni.
7 Agosto. All’ospedale non è arrivato più nessuno e il reparto si sta svuotando man mano che i bambini vengono dimessi. Ma ciò avviene, purtroppo, non perché non ci sono bambini malati, bensì per la paura dell’Ebola che hanno sia i genitori, che i mototaxisti , proprio perché due di loro si sono contagiati per aver portato, ignari, due ammalati di Ebola. E così, molto probabilmente, gli ammalati si rivolgono alla medicina tradizionale.
Angela torna in Italia, l’ha deciso il CUAMM, non ha alcun senso che corra tanti rischi per la tesi. Ha ventotto anni, quasi coetanea di Maria Olimpia, che ne ha venticinque. Da quando è arrivata le abbiamo consigliato piu’ volte di ripartire, ma lei era risoluta a rimanere, non avremmo mai voluto essere nei panni dei suoi genitori. Era arrivata da Lamezia Terme per fare il tirocinio di un master in cooperazione, giusto in tempo per festeggiare i sessanta anni di Tito con un bel capicollo, che gli ha portato in dono… mai dono fu tanto gradito!
Mi dispiace che vada via, perché era una bella compagnia, ma sono felice per i suoi genitori. Penso che mi mancherà, ma mi mancherà anche Clara, che parte per due settimane di ferie, è una persona molto equilibrata, competente e sempre disponibile.
9 Agosto. Ogni giorno facciamo degli incontri “fiume” con Giovanni, riguardo all’Ebola, per discutere su ciò che si è fatto in giornata e su ogni aspetto della sicurezza, sull’organizzazione, sul materiale da reperire, sui lavori per il completamento della tenda di isolamento, sulla formazione e la collaborazione con il personale locale e tanto altro. La situazione è difficile e non si prevede alcun miglioramento a breve.
Per i sessanta anni di Tito, Olimpia, che è medico anestesista, ci ha inviato una lettera densa di affetto, le ho risposto: “È bello sapere che innanzi tutto usi il cuore per curare (certamente oltre la competenza e la professionalità), non chiuderlo mai dietro a delle fredde sbarre di ferro”. Alla scuola di specializzazione in bioetica, al San Tommaso, ho studiato la care, allora mi sono ritrovata a pensare che una definizione di “care” poteva essere: “la carezza di Dio”, che si serve della nostra mano per donarla a chi ne ha bisogno. E oggi, i miei ricordi mi hanno portato in Malawi, dai bambini di un piccolo villaggio che eravamo andati a visitare. Io facevo loro delle carezze, all’inizio si spaventavano, poi ridevano e in fine ci seguivano senza mollarci fino a sera, nonostante facessi loro capire che era buio e dovevano tornare a casa. Ho pensato che Dio ci accarezza continuamente con il suo amore, noi qualche volta ci allontaniamo, qualche volta ci
spaventiamo, qualche volta ridiamo, ma più lo seguiamo e più gustiamo la bellezza della sua carezza e più ci viene difficile allontanarci.
E quando sopraggiunge la sera, quando il buio non ci permette più di vedere la sua mano, allora, è tempo di “fare memoria” e, ricordando, trasmettere quanto abbiamo ricevuto. Non dobbiamo avere paura, perché il ricordo del calore e del profumo di quella carezza può rendere bello anche il buio della notte senza luna. Non ci stanchiamo di essere la mano di Dio, accarezziamo il “piccolo” che ci sta accanto finché non giunga il giorno.
12 Agosto. domani la direzione del Cuamm analizzerà la situazione dell’epidemia di Ebola, con i rischi connessi, e deciderà riguardo alla nostra permanenza qui.
Sierra Leone, 13.8.2014
Nunziella Squillaci x daniele dattola
Melito serata del 10 agosto 2014, ecco come si presentava la Luna.
Tutti sono usciti a guardare le stelle cadenti per esprimere i propri desideri….ma i media hanno dato una brutta notizia …La Luna in quest’occasione, della notte di S. Lorenzo, raggiungerà il massimo della sua luminosità e della sua dimensione…tutto ciò renderà la luce della stessa molto intensa e quindi causerà la cancellazione di molte stelle e la cattiva visione di quelle cadenti.
Guardate ora cosa hanno fatto!!! la mattina dell’11 mi alzo presto per fotografare l’alba ed ecco come mi è apparsa la Super Luna… Per evitare la cattiva visione delle stelle cadenti, hanno spostato la povera Super Luna sull’Etna…e cosi tutti gli appassionati di questa notte magica non si sono persi lo spettacolo delle stelle cadenti. Naturalmente non è un trucco fotografico buona visione!!!
Melito di Porto Salvo li 11.8.2014
daniele dattola
Il 10.8.2014, alle ore 21,30 a Melito P.S., presso il Giardino del circolo Culturale “Meli”, si è svolto un interessantissimo concerto dal titolo:”CE SOIR MANOUCHE: prima di guardare le stelle passa da noi”, proposto dal gruppo musicale i “TRigGitani “, dal seguente significato: “Tri trio, Riggitani reggini e Gitani zingari”. Il gruppo è costituito da un trio d’artisti, molto conosciuti nella Provincia di Reggio Calabria, per i concerti nei quali suonano con grande professionalità.
I Componenti sono:
Vincenzo Baldessarro: contrabbasso/mandoloncello
Alessandro Calcaramo: chitarra/ mandolino
Daniele Siclari: chitarra.
E’ componente importante del gruppo “La voce”la famosa cantante Marinella Rodà.
Il tema del concerto è stato il jazz manouche o gipsy jazz stile musicale melodico cadenzato, tipico delle band tzigane, in cui trovano la massima espressione gli strumenti a corda. Questo genere musicale trae la sua origine dall’irripetibile esperienza artistica del chitarrista Django Reinhardt, che ne è considerato l’ideatore e il suo massimo esponente, rendendo possibile l’unione tra l’antica tradizione musicale zingara del ceppo dei Manouches e del Jazz Americano.
Da Wichipedia: “Il jazz manouche (anche noto come gipsy jazz, gipsy swing o hot club jazz) è uno degli stili del jazz. Si definisce jazz manouche quello stile musicale melodico cadenzato in cui trovano la massima espressione gli strumenti a corda (chitarre, bassi, violini…), tipico delle band tzigane. Questo genere musicale trae la sua origine dall’irripetibile esperienza artistica del chitarrista Django Reinhardt, che ne è considerato l’ideatore e il suo massimo esponente: egli ha reso possibile l’unione tra l’antica tradizione musicale zingara del ceppo dei Manouches e il jazz americano. Il frutto di questa unione è un genere che coniuga la sonorità e la creatività espressiva dello swing degli anni trenta con il filone musicale del valse musette francese ed il virtuosismo eclettico tzigano.I pezzi, tutti famosissimi, suonati dal trio, hanno riscosso un successo enorme tanto che tutti i presenti ripetutamente hanno applaudito i musicisti, che si sono complimentati con i presenti per l’attenzione che prestavano all’esecuzione dei brani.
Lo stile del Jazz americano mischiato ai chiari ritmi della nostra sonorità calabrese da al suono dei tre musicisti melodie e ritmi particolari che non trascurano le nostre orgini culturali legati alla storia di Rheghion.
Una serata magica, intensissima con i tre protagonisti in gran forma.
Melito di Porto Salvo, li 10.8.2014
daniele dattola
Melito di porto Salvo, giovedì, 7 agosto 2014, alle ore 18,30 si è tenuto presso il Museo Garibaldino in via Lungomare dei Mille, in occasione del Centenario della Grande Guerra un Convegno: “Nella continuità del progetto di Garibaldi il compimento dell’Unità D’Italia (1860-1918)”. Il Convegno è stato patrocinato dal Comune di Melito P.S., dall’UNUCI Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia, e dal Circolo Ippico Melitese Cavalieri Garibaldini Melito P.S. in collaborazione con l’Istituto comprensivo “E. De Amicis” di Bagaladi, S. Lorenzo, Melito P.S.; l’ANP Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici ed alte professionalità della Scuola Sezione Provinciale di Reggio Calabria e dal Circolo Culturale Giuseppe Calogero di Reggio Calabria.
I saluti al Convegno e e gli interventi sono stati fatti da:
Cavaliere Paolo Praticò Presidente Cavalieri Gaibaldini/Circolo ippico melitese di Melito P.S;
Professor Antonino Nastasi Dirigente Scolastico IC E. De Amicis;
Professor Vincenzo Mandalari Presidente Provinciale ANP Reggio Calabria;
1° Cap. Ing. Nicola Pavone Presidente U.N.U.C.I. Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia Sez. Provinciale T. Gullì di Reggio Calabria.
Mirabile Moderatore e conduttore della serata il giornalista della Gazzetta del Sud Dr. Toscano Giuseppe.
Ospite d’eccezione al tavolo dei relatori la Dr.ssa Giuseppa Di Raimondo, Vice Prefetto, Presidente Commissione Straordinaria Comune di Melito P.S.
Le relazioni, puntuali precise e professionali sono state tenute da:
Generale Pasquale Martinello, già Comandante del Comando militare Esercito Calabria, che ha trattato il tema: “L’Esercito italiano come strumento dell’Unità Nazionale, dall’esercito meridionale di Garibaldi a Scuola di Nazionalità nella Grande Guerra”;
On.le Prof. Fortunato Aloi già Sottosegretario alla Pubblica Istruzione che ha trattato il tema: “Il Risorgimento nella sua continuità storica dalla vicenda Garibaldina alla IV° Guerra d’Indipendenza”.
La piazzetta antistante il Mausoleo Garibaldino era gremito di partecipanti alla fine del Convegno sono state lette alcune poesie
e distribuite pergamene ricordo, il ferro di cavallo con i colori della bandiera italiana ormai simbolo dei Cavalieri Garibaldini/Circolo Ippico di Melito P.S. lo stesso ferro che è stato dato in regalo da Praticò al Premier Renzi vedi articolo su questo sito
http://dattola.com/31384/melito-paolo-pratico-e-il-regalo-al-premier-renzi/
Un Convegno riuscitissimo voluto e organizzato dal Cavaliere Paolo Praticò che non è primo a queste iniziative ricordo la cavalcata annuale dal mausoleo di Melito al cippo di Garibaldi a Gambarie, Paolo è anche possessore della sella di G. Garibaldi vi rimando al seguente Link
http://dattola.com/21463/melito-p-s-pratico-storia-della-sella-di-g-garibaldi/
All’interno del Mausoleo Garibaldino in bella mostra immagini sui 150 anni dell’Unità d’Italia e un magnifico quadro su velluto di Maisano Maria Daniela del 1997 dal titolo: “Malienabile Pentedattilo”.
Melito di Porto Salvo, li 7.8.2014
daniele dattola
Il problema esiste anche in Italia per la nota vicenda degli sbarchi, non è facile tenere tutto sotto controllo, l’ebola è diventata, quindi, una malattia potenzialmente pericolosa. Detto e ridetto stasera dalle principali reti televisive italiane.
Ecco ora cosa ha scritto Nunziella Squillaci da Serra Leone:
Ieri siamo stati in due PHU, Centri Salute Periferici, e precisamente a Gbondapi e a Sain Maden, a portare vario materiale sanitario, tra cui i bidoni con il rubinetto in fondo e la clorina, che diluita nell’acqua è l’unico disinfettante capace di sterilizzare le mani e gli oggetti venuti eventualmente in contatto con il virus dell’Ebola.
Abbiamo ballato parecchio sulla jeep, perché il nostro autista, Kamanda, sulle strade dissestate è un vero kamikaze. Pensate che un bambino, per scansarsi in fretta, si è buttato in una cunetta laterale piena di acqua, riuscendo a salvare, dall’imprevisto bagno, solo la testa. Per non parlare delle inalazioni di clorina in polvere che abbiamo subito a causa degli sbalzi, che ci hanno disinfettato i bronchi e gli occhi. In uno di questi villaggi, sul fiume Moa, fino al mese scorso si teneva il più grande mercato di pesce della Sierra Leone, purtroppo in questo periodo ci sono solo gli scheletri delle bancarelle. Il mercato, infatti, è stato sospeso dalle autorità per limitare le occasioni di contagio, con grave danno economico per la gente già tanto povera.
Dopo la visita ai villaggi siamo andati a Bo, la cittadina più vicina, per fare un pò di spesa e dopo un mese, in un ristorantino libanese, abbiamo mangiato una coscia di pollo, un pò rinsecchita, eppure buonissima anche se piccantissima. Abbiamo visto gli uffici delle società che commerciano in diamanti, ricchezza e causa della terribile guerra che ha insanguinato questa terra. Come tante altre regioni dell’Africa, infatti, la Sierra Leone è ricca di materie prime, che però non producono ricchezza per la popolazione, ma solo per le elite locali e per le grandi multinazionali.
Tornando a casa ho letto la lettura del giorno, il secondo capitolo di Michea: “Tramano il male perché in mano loro è il potere”. Ho ripensato al traffico dei diamanti e a quante volte ci commuoviamo (e facciamo bene a commuoverci) davanti ai bambini denutriti o mutilati, vittime della cupidigia e della violenza umana, vittime della fame di potere e di denaro, e ci indigniamo (e facciamo bene ad indignarci) con chi li ha ridotti in quello stato. Poi però dovremmo guardarci in faccia, poi, dovremmo guardarci dentro e scopriremmo una grande verità: la nostra cupidigia, i nostri compromessi, la nostra fame di potere e di denaro, la nostra incapacità a dire “BASTA!”, non mettendogli una mano sulla spalla, ma indossando noi i panni dell’oppresso, del maltrattato, del derubato, del violentato. Solo allora, portando la croce, ne sentiremo tutto il peso; solo facendoci inchiodare, ne sentiremo tutto il dolore ma anche, solo “insieme”, giungeremo all’alba della resurrezione. Non possiamo pensare di alleviare le sofferenze, di portare la pace, di combattere le ingiustizie arricchendo sempre più la nostra prigione. “Non si possono servire due padroni” (Mt 6,24).
Quando ci crediamo più furbi degli altri, noi costruiamo sulla violenza. Quando accettiamo il compromesso, noi distruggiamo la pace dentro e fuori di noi. Quando agiamo nell’ombra, noi crocifiggiamo qualcuno. Quando taciamo la verità, noi perpetriamo l’ingiustizia.
C’è fame nel mondo. Ogni briciola di onestà, di rispetto, di correttezza, ogni briciola, anche la più piccola, serve a nutrire quel corpo martoriato, affamato, avvilito.
20 Luglio. Oggi, prima di entrare in chiesa, ci hanno fatto lavare le mani con la clorina, anche sul cellulare arrivano messaggi di prevenzione ed informazione sull’Ebola. Da oggi, per disposizione del governo ogni luogo pubblico deve essere attrezzato di bidoni e clorina. Anch’io l’ho comprata per disinfettare soprattutto gli indumenti dell’ospedale, e mi dicevano che è bene usarla anche per il corpo. Pomeriggio siamo andati a trovare padre Martin, non c’era, era andato a trovare i parrocchiani, abbiamo visto dall’esterno la struttura parrocchiale, è grande ma ridotta in condizioni veramente pietose. Al ritorno Tito si è fermato in ospedale, perché ci sono tre bambini in coma da malaria cerebrale. Dopo qualche ora, non vedendolo arrivare, ho incominciato a preoccuparmi e, quando mi preoccupo, mi ricordo che ho un’arma (che certamente dovrei ricordarmi più spesso di usare): la preghiera. I bambini che conoscevo sono stazionari. Ma ne è arrivato un altro, hanno lottato per salvarlo… non conoscerò mai il suo nome, nè il suo volto.
25 Luglio. 5 anni, 11 kg, emoglobina bassissima, l’addome molto dolorante, malaria e una perforazione dell’intestino da circa un mese, forse dovuta ad un tifo non curato, un caso difficilissimo quello di Kadì.
Innanzitutto bisognava migliorare le condizioni generali e poi intervenire chirurgicamente. Così è stato fatto, da Paolo, il chirurgo, e dopo aver temuto ancora, a qualche giorno dall’intervento, per varie complicazioni, grazie a Dio, tutto si è risolto con le sole cure mediche e senza dover reintervenire. Kadì ce l’ha fatta!
È stato bello vederla seduta e poi camminare, anche se con grande difficoltà, perché era molto debole. È ingrassata di 3 kg dopo l’intervento, ora finalmente guarda con attenzione i disegni che con Charls, l’artista, abbiamo fatto nella stanza in cui lei ed il papà sono allocati e qualche rara volta accenna ad un sorriso.
La parete della prima stanza è stata completata e l’abbiamo dedicata a mio nipotino Giovanni, tutte e tre le stanze, infatti, sono state offerte ai bambini della pediatria del distretto di Pujehun dai suoi genitori. Prima di iniziare il lavoro, ho chiesto a Giovanni di pregare, perché in quella stanza non morisse nessun bambino e ci hanno messo Kadì, in condizioni disperate, ho pensato: “Pazienza, era un bel desiderio ed auspicio il mio, comunque sia fatta la volontà di Dio”. E Dio ha voluto ascoltare le preghiere di Giovanni.
Da due giorni stiamo lavorando in un’altra stanza vuota e Kadì, silenziosa, ci segue, si siede o si corica in uno dei lettini liberi e guarda. Io, pensando di farle cosa gradita, ho invitato Sira, una bimba molto estroversa, della sua stessa età, che sta in un’altra stanza insieme ad altri bimbi ustionati come lei (Sira, però, è in via di guarigione) e, in un certo senso, hanno fatto amicizia.
Sira parla per due, Kadì ogni tanto accenna ad un sorriso. Sembra molto più grande della sua età, diresti una donna provata dal dolore.
Ho saputo che le è morta la mamma, ma il papà la segue con grande attenzione e tanto affetto. Sono poverissimi. Te ne accorgi dai vestiti che hanno addosso e dalle “lapa” che hanno portato, tutte vecchie e lacere, nondimeno il papà con tanta pazienza le lava e le usa per coprire la bambina.
Pujehun,li 01.8.2014
Nunziella Squillaci x daniele dattola
3.8.14
Nunziella da Pujehun – Sierra Leone –
Caro Daniele Tito non ha avuto neanche il tempo di guardare il tuo sito, dal 28 mattina, giorno del suo 60° compleanno ad oggi si sono susseguiti tanti casi di malaria cerebrale ed altre patologie gravi, per cui lavora quasi senza sosta mattino, pomeriggio, sera e ogni notte si alza per andare a controllare i bambini. Non so quanto potrà reggere così, è già dimagrito tanto. Ieri per es. è scappato senza fare colazione, perché l’hanno chiamato per un nuovo caso ed è tornato a casa alle 4 del pomeriggio ha mangiato un piatto di pasta e basta ed è ripartito. Ieri sera dopo tre sere che sua sorella provava a chiamare alle 22 e non lo trovava, finalmente ha potuto parlare con lui, che stava mangiando un piatto di lenticchie e poi…basta. Subito dopo è ritornato in Ospedale. Il giorno del suo compleanno erano passate quasi le 15 quando è arrivato a pranzo, (il giorno del suo compleanno) avevo preparato un bel pranzetto ed invitato gli altri cooperanti e Charls l’artista che mi sta aiutando a dipingere le pareti dell’Ospedale. Angela che è arrivata da Lametia Terme alcuni giorni prima per fare uno studio per la sua tesi di master in cooperazione internazionale gli ha portato in dono…pensa…il capicollo, che tutti hanno gradito tantissimo, e vorrei vedere…ha mangiato e poi è ripartito. Quella notte hanno deciso di fare i turni per ventilare un bambino Patrik, che però non ha mai ripreso a respirare…e l’indomani è volato via, come la bellissima farfalla che quella mattina si trovava in Ospedale.
L’Ebola è un altro problema, sono state prese alcune misure di sicurezza, ma la cultura locale è un po’ restia a comprendere nonostante se ne parli dappertutto su prevenzione e attenzione. Ci sarebbe da scrivere un libro su questo, forse Angela ci farà la tesi e sarà interessantissima. Fra qualche giorno arriverà un esperto del CUAMM, che valuterà i rischi e si deciderà il da farsi, non è escluso che ci rimpatrino sempre che in Italia ci vogliano…Intanto a me diciamo che mi hanno quasi proibito di andare in Ospedale, ma io andrò finché non finisco i disegni tanto è comunque impossibile evitare ogni contatto con tutti. Saluti
Nunziella Squillaci