Con la comunità neocatecumenali San Pio X° di Reggio Calabria
arriviamo con due pullman, verso le 9.30 a Seminara, antico centro calabrese, distrutto dai terribili terremoti del 1783 e 1908, famosa per essere stata la patria del maestro Barlam, e la detentrice della Madonna nera dei poveri e famosa anche per i suoi artigiani ceramisti che costruiscono meravigliose e caratteristiche maschere apotropaiche che hanno un chiaro riferimento alla dominazione greca e spagnola.
Seminara, secondo alcuni, sorse intorno a un gruppo di monaci basiliani che in quei luoghi si stanziarono (cosi come in altre parti della Calabria) poiché scappavano dalla persecuzione dell’imperatore di Bisanzio, Leone III l’Isaurico; secondo altri, centro sorto quando Tauriana fu espugnata dai Longobardi e alcuni cittadini di questo antico centro costruirono il paese nelle alture intorno ad un castello.
Seminara anticamente era un grosso e importante centro attorniato da mura di cinta, oggi ancora visibili come ruderi che hanno resistito al tempo. Era così importante che nel 1535 fu visitata dall’imperatore Carlo V.
Una volta arrivati, la Comunità neocatecumenale si è diretta verso il Santuario in processione ordinata, cantando, con avanti la croce , dietro i cantori e dopo i fratelli, dopo aver cantato alcuni canti tutti sono entrati in modo ordinato nella chiesa,
(Il Coordinatore, del Gruppo)
la Comunità è stata accolta dal parroco Don Gildo, dal diacono Mario Casile, da padre Blaise, che hanno celebrato la Santa Messa.
E’ stata una cerimonia emozionante per le musiche e i canti che si sono levati a favore della Madonna,
collocata sull’altare maggiore, costruita con legno di cedro, la Madonna dei poveri, in bella vista con una corona d’oro, rappresenta la vergine con in braccio un bambino, posta su una lamina d’oro. La tradizione la vuole proveniente dall’antica città di Tauriana.
Dopo un pranzo al sacco ci siamo recati a Melicuccà per una visita alle grotte di S.Elia Speleota.
S. Elia Speleota (abitante di grotte) con questa dizione si distingue dagli altri, Elia giovane etc., nacque a Reggio Calabria nell’863 da una famiglia benestante Pietro Bozzetta e Leontia de Leontis, ebbe un’educazione religiosa e da giovane rifiutò di sposarsi con una donna (nobile), giovane, che gli proponeva la famiglia, per questo scappò da casa e si stabilì a S. Nicone di Taormina dove visse per un periodo in penitenza ed eremitaggio. Da qui si recò a Roma e nell’abbazia di Grottaferrata prese l’abito monastico da Basilio Magno (che scrisse la “Grande Regola” e la “Piccola Regola”, come orientamento per la vita dei monaci che da lui presero il nome di monaci basiliani). S. Elia raggiunse a Mindino di Reggio, padre Arsenio, perseguitato si stabilì ad Armo (Sant’agata), qui ancora perseguitato dai Saraceni scappò e raggiunse Patrasso vivendo in questa località per otto anni. Rientrò in Calabria a Saline (pressappoco una zona che si trova tra i centri di Oppido Mamertina, Palmi e Gioia Tauro). Dopo la morte di Arsenio suo amico e maestro, conobbe Elia il giovane che predisse Elia suo successore, non come abate del suo monastero bensì come guida carismatica del monachesimo che si andava diffondendo nella regione delle Saline. Deciso a vivere una vita solitaria si stabilì nelle grotte di Melicuccà al seguito dei primi eremiti di questi posti Cosma e Vitale, visse all’inizio in una grotta piccola
che dopo fu usata come cantina ed infine come cimitero. Questi monaci ebbero ben presto una grande considerazione da parte delle popolazioni locali. Elia era così seguito amato ed apprezzato che intorno a lui si creò una schiera di fedeli che spinsero gli eremiti Cosma e Vitalio ad allontanarsi da quel posto. Dopo vari segni Elia non ebbe dubbi sulla sua vita futura, per cui formò un cenobio (luogo in cui vivono insieme più monaci sotto una stessa regola cristiana) in una grotta più grande.
Attorno alla grotta grande si trovano una cantina, un mulino, una necropoli, un palmento etc.
(Palmento)
(Sembra che ai lavori di ricerca e scavi abbia partecipato l’archeologa Corrado una nostra vecchia conoscenza di cui mi sono occupato più volte in questo sito relativamente agli scavi della villa Romana a Bova). Questa grotta rappresenta una testimonianza archeologica della grecità bizantina nella Calabria meridionale, di cui S.Elia Speleota è uno dei più importanti rappresentanti del monachesimo bizantino In Italia. La chiesa orientale gli ha conferito il titolo di “sole d’Occidente”.
Qui vicino alla grotta passa la ferrovia calabro lucana e quando era in funzione molti erano i pellegrini che arrivavano dall’oriente in pellegrinaggio a visitare questi posti.
I malati e gli indemoniati che Elia guarì, durante la sua vita e dopo la sua morte, e i peccatori che egli punì, provenivano per lo più dalla zona di Reggio e dal suo territorio. Caratterizzarono la sua vita preghiere, veglie, digiuni (anche dieci giorni di seguito) egli dormiva nella grotta e nello stesso sito prescelse il luogo dove sarebbe stato sepolto dopo la sua morte. Rinunciò molto a malincuore alla sua vita eremitica e fu abate e guida carismatica di un fiorente monastero. Pretendeva ubbidienza assoluta ma nello stesso tempo era molto misurato e si faceva ben volere dai monaci. Spinse gli stessi alla cultura facendo condurre ad alcuni studi approfonditi.
S.Elia mori alla venerabile età di 97 anni nel 960 fu sepolto nella grotta piccola e il suo corpo lì vi rimase fino al 2 agosto 1747, fino a quando un giovane di Melicuccà, Antonio Germanò, ne scopri le ossa guarendo in quel preciso momento dall’indiavolamento che lo affliggeva da ben 11 anni (come riportato in un atto notarile, del notaio Carmelo Fantoni datato 12 agosto). Di S. Elia si narrano molti fatti miracolosi. All’interno della grotta, sulla destra dell’altare vi è una acquasantiera in pietra costruita nel 1953, che raccoglie l’acqua sgocciolante dal tetto, con ritmi costanti e che si sostiene abbia poteri miracolosi.
Presso il convento dimorarono famosi asceti San Luca, Sant’Elia il giovane, San Nicodemo. San Bartolomeo, San Fantino etc. Dietro l’altare sulla parete alcune epigrafi ed iscrizioni in due piccoli marmi “helias fugat demones”.
questo luogo è ritenuto sacro sia dai cattolici che dai fedeli ortodossi.
Melicuccà 23.9.2012
daniele dattola
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