LUOGHI
MELITO DI PORTO SALVO IL SANTUARIO DI_MARIA_SS_DI PORTO SALVO E LUNGOMARE LUOGHI DELLA MEMORIA ( Monumento ai Caduti delle Guerre - Largo Jacopino - Viale delle Rimembranze - Piazza Luigi Rizzo ) |
LUOGHI DA VISITARE:
IL PAESE VECCHIO
Cesare Minicuci descrisse la migrazione dei contadini da Pentadattilo a Melito, verso la metà del 1600 alcuni coloni scesero da Pentadattilo a Melito stanziandosi in altura vicino alla “Torre” di forma rotonda fatta costruire nel 1550 e che serviva a segnalare eventuali avvistamenti e sbarchi dei pirati alle più vicine Torri di Salto della Vecchia e Capo delle Armi.
Torri che insieme a quella della frazione di Musa,
furono fatte costruire dopo vari assalti da parte dei Turchi, sulla costa jonica, dal Preside della Calabria, Marchese di Cerchiara, Don Fabrizio Pignatelli. Dice il Fiore (Calabria illustrata) che il Pignatelli, Preside di Calabria riflettendo come tenerla guardata, consigliò, e poi con l’approvazione dei Ministri Regi, ordinò la fabbrica delle suddette Torri, non tanto per una momentanea difesa, quanto perché l’una quale prima scorgesse il pericolo col fuoco dimostrandolo all’altra in meno di poche ore venisse avvisato tutto il regno. La Torre di Melito, circa sei miglia distante dalle altre, aveva i suoi torrieri, che, insieme ai cavallari, facevano il servizio della vecchia telegrafia. Vi sono le Torri con tre Torrieri, tre aggiunti e il capitan Torriere (l’ultimo fu il Magnifico D. Saverio Vernagallo di Pentedattilo), i cavallari erano in numero di tre e per il loro mantenimento l’Università di Pentedattilo spendeva ducati 218,70 annui. Attorno alla Torre furono fabbricate le prime case e man mano che le incursioni si andavano sempre più scemando ai primi si unirono altri estendendosi vieppiù verso il basso. Così al di sotto della Torre sorse il cosiddetto “Paese Vecchio” l’antica Comunità di Melito che tutt’oggi sopravvive con le piccole abitazioni, con le viuzze caratteristiche, con le sue fontane, e con la sua piazza grande, dove nei tempi passati ebbe la sede Municipale ed infatti viene anche chiamato questo posto “Municipio vecchio”. Qui si svilupparono le prime attività commerciali.
qui c’erano nel passato vari negozi l’emporio-armeria dei “Dattola”, i negozi dei Spinella, dei Sarica, dei Suraci etc.. Comunque il borgo
antico del Paese vecchio ha mantenuto fino ad oggi le sue caratteristiche,
tanto è vero che nella via XIX agosto, è stato tolto l’asfalto
e messo in luce il vecchio lastricato di pietre.
inizia con una statua dedicata ai caduti della Guerra finisce davanti la piazza della Stazione Ferroviaria con una bellissima fontana i cui alti zampilli si vedono dall’inizio del Corso. Altre strade di rilievo sono la via delle Rimembranze,
tutta alberata, che è posta sopra la Via Nazionale, con il Comune,
L’asilo Matilde Evoli, la Pretura, la Scuola Elementare, l’Ufficio
Imposte dirette; il Lungomare, la via Roma. |
PENTEDATTILO
Gigantesca rupe a forma di mano, con abbarbicato alla base il paese. Posto a circa 6 Km. da Melito, la sua altezza è di 454 mt. sul livello del mare. Il nome deriva dal greco Pentedaktylos “cinque dita” E decisamente un borgo antico di notevole bellezza ormai conosciuto in tutto il mondo. E’ depositario di un patrimonio storico-architettonico importantissimo. E’ indispensabile raggiungerlo a piedi.
Sul culto e sulle chiese di Pentedattilo c’è un lavoro, interessante, di Cesare Minicuci sul Monastero della Candelora del 1908, perché all’inizio della piccola pubblicazione, per conoscere le condizioni religiose del secolo XVI, durante le visite dell’arcivescovo reggino Mons. Annibale d’Afflitto dal 1594 al 1638, egli dice, che risulta dagli atti che numeroso era il clero, che trovava occupazione nelle molte chiese esistenti in quel territorio, in alcune delle quali il culto veniva mantenuto dalle oblazioni dei fedeli. Ed egli fa menzione delle chiese visitate, dei molti arredi sacri, delle vistose rendite non solo della chiesa arcipretale dei SS. Apostoli Pietro e Paolo e della Dittereale di S. Costantino, ma ancora delle chiese della Candelora, della chiesa parrocchiale di San Nicola, soppressa dal d’Afflitto il 1 nov. 1605, con i beni aggregati alla Dittereale di S. Costantino; delle Chiese del Salvatore, della Madonna delle Grazie, di S. Maria della Scala, incorporata all’arcipretale dei SS. Fabiano, Rocco e Sebastiano di S. Leonardo e dell’Annunziata. Il Minicuci continua questo interessante escursus dicendo che oltre a queste chiese esistevano a quel tempo altre 24 chiesette, cadenti e in via di demolizione. Da visitare la chiesa dei SS. Pietro e Paolo, patroni di Pentedattilo.
la chiesa della Candelora, con la statua marmorea della Statua della Candelora del 1564 dono del Barone Giov. Demetrio Francoperta, la Canonica dittereale, il convento dei Domenicani, i ruderi del Castello, il borgo con le caratteristiche case. Si respira, durante il percorso a piedi un’atmosfera di antico silenzio, lo scenario suggestivo, rievoca la tragedia avvenuta in quei luoghi. Pentedattilo è così conosciuta che spesso in questi luoghi sono stati girati film importanti; Pietro Germi girò “Il Brigante di Tacca di Lupo” nel 1952, nel 1958 Luigi Comencini “Il ragazzo di Calabria” e cosi via. Dolente nota, la chiesa dei SS. Pietro e Paolo, in pratica luogo che raccoglieva tutto quello che era rimasto è stata spogliata anch’essa.
Nella chiesa vi erano sei quadri di enorme valore, tutti rubati: Nell’altare Centrale una tela con la riproduzione dell’Assunzione di Maria Vergine, ora esiste una riproduzione da una vecchia foto a colori.
Un altro quadro rubato di forma semicircolare era vicino la cappella degli Alberti “La visitazione di Maria Vergine e Sant’Elisabetta”. Nell’altare di destra c’era una quadro di S. Antonio Abate, e ancora un altro detto “Il volto Santo”. Santo padre Catanoso che fu parroco di Pentadattilo istituì in un periodo successivo “L’Ordine del volto Santo”. Questi due ultimi quadri del volto Santo e di S. Antonio Abate, grazie ad una foto del passato ritrovata, dall’associazione Pro-chiesa di Pentedattilo presieduta dall’avv. Flachi Pasquale ha ordinato la riproduzione fedele dei due quadri, all’avv. Dattola Giuseppe che mirabilmente li ha eseguiti.
Molti arredi antichi, tra cui documentazione molto
importante registri di nascite morti etc., diciamoci la verità,
che giacevano abbandonati, e che sono un patrimonio inestimabile, sono
stati naturalmente portati via e oggi si trovano alla curia arcivescovile
o chissà in quali altri posti. Colgo questa occasione per rivolgere
una fervidissima preghiera alle Autorità che presiedono al patrimonio
storico di questo litorale, e cioè in primis alle Autorità
ecclesiastiche, a quelle Provinciali, al Comune di Melito P.S., diretto
discendente di tanto passato, di volersene insieme alle Associazioni,
una della chiesa di Pentadattilo e l’altra Pro-Pentedattilo dirette
mirabilmente dai Presidenti in ordine Avv. Pasquale Flachi e Giuseppe
Toscano di volersene interessare: reperendo quei libri, gli arredi antichi
per farli riportare alla detta chiesa di Pentedattilo dove furono compilati
o in un luogo accessibile a tutti, un archivio per fare custodire gli
stessi, con la dovuta cura, perché questi atti e questi arredi,
anche in fotocopia, possano essere consultati e visti dai cittadini che
ne facciano richiesta. |
Posto sulla via Nazionale, nel bivio per Taranto-Reggio Calabria e l’Aspromonte, fu fatto costruire dagli Alberti (Don Domenico)nel 1667, di notevole stile, nell’entrata principale due splendide colonne con capitelli dorici sicuramente recuperati da qualche precedente monumento., importanti le due epigrafi in latino “parce Manu viator” che tradotto:”
Fermati un poco, o viandante, pregusta almeno con gli occhi, questi ameni giardini, deliziose dolcezze che il Marchese di Pentedattilo Domenico Alberti scelse fra i resti della Magna Grecia e pose sotto il patrocinio dell’Immacolata Vergine protettrice di questo luogo”.L’altra “Laeta sub Hoc Coelo” che tradotto: “ Ecco che la gioconda aurea lietamente spira sotto questo cielo; ora spandendo dolcezza, splendono le terre di miele, nel tempo di Don Domenico Alberti marchese di Pentedattilo, nell’anno del signore 1667”. Essa fu utilizzata come residenza del Marchese di Pentadattilo sede delle sue attività agricole. Durante lo sbarco di Garibaldi “poiché il bombardamento aveva già ferito e uccisi parecchi volontari, l’Ospedale fu posto all’altro capo del loro schieramento, dentro Melito stesso, nel grande palazzo, pure dei Ramirez, ma in origine anch’esso degli Alberti, già splendida villa munita e indi abbellita da verzieri alveari e statue, sita in piazza casino che da essa suppongo prende il nome. In quell’edificio furono trasportati, e curati, e precisamente al pianterreno nei due bassi posti a destra guardando, i moribondi e i feriti, di quella giornata. Tutto ciò nella tarda mattina di quella domenica d’agosto 1860. E questo fu, se non erro, per quanto sembri assurdo e improbabile, l’unico luogo di cura, posto al limite dello scacchiere a circa 3 km dal punto di sbarco, che lo Stato Maggiore eresse nel settore di Melito. E i feriti arrivavano dignitosi e silenti”. |
LA STELE DI GARIBALDI
E’ stata eretta nel 1960, in commemorazione dello sbarco di Garibaldi, in località Rumbolo, In direzione della stele sulla spiaggia vi sono i resti della nave “Torino”, davanti alla stele una tomba contenente i resti di alcuni garibaldini.
“Atterrati dal piombo del Fulminante inseguitore, poco dopo effettuato lo sbarco nel XIX agosto 1860” La stele sta indicare il punto dell’avvenuto sbarco. “E cosi in contrada Majorana, lido di Rumbolo, a circa 3 Km di Melito, l’aurora d’agosto fece vedere agli abitanti di Melito il piroscafo garibaldino, letteralmente arenato di lungo sulla spiaggia di Melito, e da quello discendere un numeroso numero di camice rosse, e la spiaggia si riempi di casse e materiale logistico, e quegli uomini si sparsero per la marina e dopo invasero le contrade. L’altra nave il Frankilin dopo lo sbarco
prese il largo. I Melitesi rimasero stupiti, tanto da abbandonare precipitosamente
le case, e ripararono sulle alture prospicenti la marina di Melito, Solo
alcune famiglie, rimasero nel paese. |
Edificata per conto degli Alberti, fu in seguito acquistata dai Ramirez, ristrutturata nel 1980 è adibita ad albergo ristorante.
“Il primo pensiero di Garibaldi fu quello,
appena sbarcato, di stabilire un suo quartiere generale. E questo fu posto
nei pressi della rada, entro l’antica palazzina dei signori Ramirez,
eretta sul culmine di un lieve declivio ad Anna’. Questa villa,
contornata da giardini, era stata un tempo luogo di soggiorno del famoso
ed infelice castellano di Pentedattilo, l’Alberti. Si trovava essa
a circa 600 metri dal mare e a quasi altrettanti dalla destra di Rumbolo.
Ivi si alloggiò Garibaldi col suo Stato Maggiore. Il suo covo fu
tenuto segreto anche agli abitanti più vicini, e fu celato del
tutto a quelli di Melito. Il primo cannoneggiamento voleva forse saggiare
la resistenza garibaldina, e solo più tardi esso divenne a mano
a mano molto più intenso, così che i volontari ancora impacciati
sulla spiaggia, ne cominciarono a sentire progressivamente gli effetti.
Fu preso di mira il Torino, e forse perché il trasporto non era
terminato, non tardarono a cadere le prime vittime, il cui numero era
destinato ad aumentare nel corso della giornata e di ora in ora.
Ma il duce della camice rosse fu salvo!
Poco dopo un secondo proiettile irrompeva dall’altro balcone di
centro, aperto, e attraversando tutta la casa senza arrecare danno ad
alcuno, piombava nei giardini posteriori. I memori di quel giorno non
parlavano di altri tiri contro la villa, e tanto meno d’inizio di
demolimento dell’edificio stesso. Fu questo il motivo, che fece
decidere a Garibaldi di cambiare quartiere, trasferendosi in un casolare
un po’ più distante dal mare e riparato da quello per una
collinetta, ingolfato ad ovest nel verde. In contrada xxxxxxxxxx nel Comune
di Montebello nell’abitazione di tal xxxxxxxxxxxxxxxx, modesto massaro
del luogo.. In questo nuovo rifugio dimorò per qualche giorno,
vi dormì la notte, e là ricevette i suoi luogotenenti, e
da lì impartiva gli ordini. Ma anche questo novello asilo fu tenuto
celato a tutti; e particolarmente ai Melitesi, pei quali si può
dire che la persona di Garibaldi restasse per tutti ignota.; salvo qualche
frammissione posteriore impropriamente confusa dalla seconda venuta di
lui, nel 1862”. |
SANTUARIO DI MARIA SS. DI
PORTO SALVO E LUNGOMARE
All’inizio del Lungomare vi è la splendida Piazza di Porto Salvo con il Santuario della Madonna Maria SS. Di Porto Salvo. Fatto costruire per volere di Don Domenico Alberti, Marchese di Pentadattilo, nel 1680, su approvazione dell’Arcivescovo Ibanez De Villanueva. L’Alberti era un uomo religiosissimo e rivolse supplica all’arcivescovo per ottenere la licenza a poter costruire la chiesa di Porto Salvo, perché aveva una particolare devozione verso la Vergine. Il Marchese inoltre per la concessione avuta assegnò una congrua dote di ducati 7 annui di cui sei per la celebrazione di una messa la settimana. L’altro per la tenuta della chiesa, obbligandosi di pagare tale somma il 15 agosto di ogni anno con quanto ricavato dalle terre aratorie della contrada Annà. La chiesa fu iniziata a costruire nel 1637 in contrada Maiorana, con il titolo di Beatissima Vergine della Consolazione, ai tempi dell’arcivescovo Annibale d’Afflitto, essa già esisteva iniziata nelle sue fondamenta, ma mai portata a termine. Il quadro della Madonna di Porto Salvo era preesistente alla costruzione della chiesa, nulla si sa sulle sue origini, la tradizione popolare asserisce che il quadro comparve davanti l’attuale chiesa dove prima esisteva una piccola cappella, portato dalla Turchia sopra una nave, tanto è vero che il popolino canta durante la processione questa cantilena:”Di la Turchia si partiu, intra na navi fu purtata. E sbarcò cu fidi pia, sutta Melitu Maria”.
Ci sono nella tradizione altri racconti fantastici che è meglio tralasciare. L’autore è ignoto ma l’opera è magistrale, la tela è delle dimensioni di 1.55x1,28, ha avuto varie vicissitudini, restaurata, rubata e poi ritrovata, è comunque un’opera pregevole. Ogni anno il quadro viene trasportato da Melito nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Pentadattilo e ciò sta a dimostrare che questa inizialmente fu volontà del Marchese di Pentedattilo di ospitare tra le mura del suo castello la divina protettrice, ed era un segno di stima nei confronti di colui che aveva fatto costruire la chiesa di Porto Salvo. Il quadro addobbato con doni preziosi dei fedeli viene il 26 marzo di ogni anno portato dai cittadini di Melito in processione a Pentedattilo e qui tenuto per un mese. Il penultimo sabato di aprile i cittadini si recano di primo mattino, molti a piedi, per preghiera e voti, fin alla chiesa di Pentedattilo. Inizia il ritorno e alla fiumara Tabacco, i portatori della vara di Pentedattilo consegnano il quadro ai portatori di Melito che trasportano il quadro fino al Santuario di Porto Salvo, qui ci sono le manifestazioni civili con bancarelle, una volta la fiera bovina, giostre e manifestazioni canore. La festa dura due giorni Sabato e Domenica. La Domenica il quadro della Madonna viene portato in processione per le strade di Melito con la banda musicale e al rientro la festa culmina con manifestazioni canore e spettacolari giochi d’artificio. Il popolo di Melito ha una grande venerazione del Santuario e della sua sovrana Protettrice, tanto è vero che nel passato (1863) per distinguere il comune dagli altri paesi col nome simile fu aggiunto il nome della sacra effigie.
Il lungomare affacciato sul mare Jonio, mostra
a sud-ovest la Sicilia, si vedono nelle serate limpide Catania, l’Etna,
Taormina etc. e a Nord Pentedattilo, il paese vecchio. Sul lungomare si
possono fare delle salutari passeggiate, inoltre d’estate vengono
montati sulla spiaggia splendidi lidi, tra cui: L’Acrobatic, Il
lido dei Sogni, la Plage-du Soleil, kokorikò, Paradise Beach, Il
Tortuga, Blue Dreamm e i Camping Stella Marina, e Red Moon, che mettono
in evidenza che la cittadina sta assumendo una vocazione Turistica. |
Prosegue il culto dell’Immacolata
Concezione iniziato nel 1682 nella chiesa della Concessa, dismessa in
quanto demolita per costruire un palazzo. Il 22 aprile 1820 fu ordinato
il trasferimento della Dittereale S. Costantino da Pentedattilo a Melito
sotto la denominazione di “Immacolata Concezione”. La chiesa
ebbe piena funzione nel 1852 con la nomina dell’arciprete Antonino
Evoli. |
LA CHIESA DI S. GIUSEPPE
Tutti sanno che molte chiese nel reggino durante il terremoto del 1908
vennero distrutte completamente, infatti da parte dell’arcivescovado
fu predisposto un piano per la ricostruzione delle chiese a cui partecipò
monsignor Paolo Dattola e Mons. Cottafavi mandato dal papa pro-tempore.
I “vecchi melitesi non scorderanno mai la figura di Don Giuseppe Calarco, nominato parroco di S. Giuseppe nel 1936 che resse tale parrocchia per circa 45 anni fino al 30 settembre 1980, Uomo di grande umanità, umile, molto serio amato e stimato dal popolo Melitese. Egli riuscì nel suo sogno quello della costruzione di una nuova chiesa di S. Giuseppe, chiesa che fu eretta al centro di Melito e consacrata nel 1969.
Oggi l’attuale chiesa di S. Giuseppe è
retta da Don Cosimo Latella, che si occupa anche del Santuario della Madonna
di Porto Salvo ed è cappellano dell’Ospedale di Melito. |
L’OSPEDALE “TIBERIO
EVOLI”
Una delle prime Strutture Sanitarie Calabresi, nata dopo il disastroso terremoto del 28 dicembre 1908. In quei tempi le strutture sanitarie non si trovavano ne a Melito ne nelle vicinanze di Melito. La situazione socio sanitaria di quell’epoca prima del terremoto era disastrosa, basti pensare alla malaria, alle malattie infantili, l’anchilostomiasi, la denutrizione cronica. E allora nasce nell’uomo Tiberio Evoli un’idea, quella di creare un Ospedale…un sogno….L’idea viene presa da tutti come un’utopia un’opera impossibile. T. Evoli, medico condotto, nato a Melito P.S. il 18 dicembre 1872, figlio di Giacomo Evoli medico condotto anch’esso e Filomena Lagana’, già fondatore insieme con Angelo Celli di un sanatorio antimalarico per la cura dei malati cronici a Bagaladi, in occasione del terremoto del 1908, porta avanti
con forza la propria idea (Il sogno diventa realtà!!!!). Tiberio Evoli non si ferma mai, partecipa alla lotta contro l’analfabetismo in Calabria, nel 1911 fonda l’asilo infantile “Matilde Evoli, diventa Presidente dell’Ordine dei Medici, nel 1919 viene eletto Deputato e fa parte del gruppo socialista riformista nella circoscrizione di Reggio, fonda nel 1925 il centro Calabrese per la cura dei tumori, nel 1944 inizia la costruzione di tre nuovi padiglioni e della Chiesa. Alla fine dopo alterne vicende la politica strappa via a lui stesso l’Ospedale che aveva creato. L’ospedale diventa pubblico e lasciatemelo dire tutti noi sappiamo della situazione in cui versa la sanità in Italia, nonostante tutto l’Ospedale di Melito oggi continua a vivere, grazie alla posizione strategica in cui si trova, all’amore degli operatori, ma non certo sopravvive per il modo con cui è gestito. Gli attuali amministratori non hanno un interesse specifico verso di esso, io dico non lo guardano con amore, non lo sentono loro, comunque deve essere la politica con i loro uomini ad imporsi di più. L’Ospedale T. Evoli ha tutti i servizi di base necessari per essere un buon Ospedale e noi Melitesi, siamo orgogliosi di questa Opera. |
LUOGHI DELLA MEMORIA:
Monumento ai Caduti delle Guerre
Posto all’inizio del Corso Garibaldi, una statua bronzea, con dietro una caratteristica scalinata sulle due lapidi scritti i nomi di 133 caduti (85 nella prima guerra mondiale, 48 nella seconda), soldati di Melito morti in battaglia. LARGO JACOPINO Un terreno donato dai figli Silvio e Italo Jacopino, posto al disopra della Via Roma tra il monumento ai caduti e villetta XIX agosto, una piazzetta dalla forma di conchiglia dedicata all’Ufficiale della marina Militare Giovani Jacopino (1885-1957) prese parte a numerose battaglie, tra cui quelle di Punta Stilo, Capo Teulada e Gaudo Matapan, fu Ufficiale Istruttore all’Accademia della Marina Militare di Livorno, fu uno dei suoi allievi Giovanni Familiari, che passò dopo nell’aviazione. Sposò Teresa Dattola. VIALE DELLE RIMEMBRANZE
PIAZZA LUIGI RIZZO
Posto al rione Marina a ricordo di vite spazzate
via dalla guerra nel 1943, 7 bambini e un sottufficiale, 5 in seguito
allo scoppio di una mina, hanno anche trovato posto 5 marinai e 3 civili.
Un impianto scenografico che ha caratterizzato il posto, uno spazio commemorativo
rappresentato da una colonna in stile ionico e una vela unite tra loro
da una lapide con i nomi dei caduti. |
Dalle foto del passato si capisce che Melito aveva una propria vita, c’erano molte iniziative, in vari campi per es. il musicale ecco le foto: Ed ecco un’altra foto che dimostra l’attività teatrale: E vennero i tempi bui, evito di inserire foto del periodo della guerra, tratterò l’argomento in un altro capitolo inserisco solo due:
Abbiamo parlato di cose belle e meno belle, ora parliamo di una cosa brutta. La Melito attuale è stata deturpata da questo “muro della vergogna” attraverso esso le FF.SS. ci danno un servizio, ma quanto è costato alla nostra Comunità questo servizio? è vero c’è il fenomeno dell’erosione delle coste, ma a detta di molti quanto ha influito questo muro a far sparire 100 mt. di spiaggia, molti sostengono che le onde altissime durante l’inverno sbattendo con forza contro il muro , non avendo altro sfogo, ritornano indietro con violenza trascinando la sabbia che viene portata via dalle correnti il risultato è quello che vediamo:
ra parliamo un po di sport, avete visto “in Notizie” le foto inerenti le Olimpiadi 1960 dove si parla dei tedofori che hanno portato la fiaccola olimpica attraverso Melito, abbiamo accennato che alcuni di questi giocavano nella Melitese, Melito ha sempre avuto una buona tradizione calcistica anche se, bisogna dire che a parte un campo di calcio nemmeno molto curato non ci sono strutture dedicate allo sport se non un palazzetto dello sport fatiscente. Eppure La Melito di oggi vanta un campione in serie A, Fabio Caserta e allora signori politici datevi da fare.
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